Giorgetti, il leghista di banche e di governo
Il nuovo governo Le molte vite del leghista moderato, ora al ministero dello Sviluppo
Il nuovo governo Le molte vite del leghista moderato, ora al ministero dello Sviluppo
Quando si parla di Lega “di governo” subito compare il nome di Giancarlo Giorgetti. Varesino come il suo mentore Umberto Bossi, bocconiano, è l’esperto di economia del Carroccio dagli anni Novanta.
Schivo, poco avvezzo alle telecamere, gran tessitore di rapporti tra politica, impresa e finanza, è uno dei “padri” del governo Draghi: insieme a Matteo Renzi da mesi lavorava a un governo di unità nazionale presieduto dal superbanchiere, ha lavorato ai fianchi Salvini per convincerlo che un passaggio della Lega sovranista sotto l’ombrello di Draghi sarebbe servito a ripulirne l’immagine a livello europeo.
Classe 1966, parlamentare dal 1996, è riuscito a passare indenne nelle varie metamorfosi della Lega: prima bossiano e capo per 10 anni della potente Lega lombarda, poi silenziosa spalla nella scalata di Roberto Maroni nel 2012, infine consigliere principe di Matteo Salvini.
Della vecchia guardia leghista, è stato l’unico a scampare alla rottamazione del “Capitano”: atlantista, filoamericano, mai stato euroscettico, antiabortista, tra gli autori della legge 40 sulla procreazione assistita, Giorgetti è riuscito a prosperare all’ombra di Salvini nella Lega che da nordista diventava nazionalista.
Conquistando il delicatissimo posto di sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel Conte 1, con delega al Cipe (“follow the money” è una delle piste per seguire la sua carriera) ma anche allo Sport, vera passione del neoministro dello Sviluppo, tifoso sfegatato della squadra di basket di Varese e del Southampton di calcio. Nel 2019, mentre aveva la delega allo Sport, fu sorpreso dare in escandescenze sulle tribune del Varese basket impegnato contro il Cremona.
Un raro momento in cui si è visto perdere le staffe questo leghista anomalo, così presentabile da essere inserito nel 2013 da Giorgio Napolitano nel comitato dei saggi che doveva preparare il terreno al governo di larghe intese guidato da Enrico Letta. Oggi rieccolo in un governo di larghe intese, guidato dal suo idolo Mario Draghi. «Un fuoriclasse come Ronaldo», si è sbilanciato pochi giorni fa, prima che Salvini compiesse la cosiddetta svolta europeista annunciando il pieno sostegno al banchiere.
Le banche sono una costante nella vita di Giorgetti, cugino del banchiere Massimo Ponzellini e a sua volta coinvolto vent’anni fa come consigliere dell’istituto leghista Credieuronord. Indagato per il crack, è stato assolto. Qualche mese fa la sua profezia: «Se vincerà Biden, Renzi farà cadere Conte e potremo fare un governo di larghe intese».
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