Il sistema di scambi descritto nel primo articolo di questa serie si svolge, tra alti e bassi, tra il Ventesimo e il Sedicesimo secolo prima della nostra era. Ma quasi subito dopo si afferma un nuovo scenario, che tocca un’area più vasta di quella precedente e vede un mondo più integrato e più sofisticato all’opera.

Tradizionalmente, tra gli storici, si usa l’espressione di «prima globalizzazione» con riferimento a quel grande processo che, promosso dalle grandi potenze europee, si è svolto nell’Ottocento e che è andato in crisi con la Prima guerra mondiale.

Ma alcuni studiosi del mondo antico sottolineano a ragione che in realtà già diverse migliaia di anni fa si sono svolti dei processi che si possono considerare come rientranti in un quadro di mondializzazione spinta, anche se le loro caratteristiche erano, almeno in parte, differenti.

Nello svolgimento di questo testo si è fatto riferimento ad un volume di Eric H. Cline, uno studioso statunitense, 1177 a. C., Il collasso della civiltà (Bollati Boringhieri, 2014) e si è anche tenuto conto di una serie di scritti sul tema apparsi su Le Monde e in particolare di un articolo di Stéphane Foucart, «La fin d’un monde», uscito nel 2014, nonché di un volume di B. Lafont ed altri, La Mesopotamie (Belin, 2017).

UNA REALTÀ COSMOPOLITA

Per più di tre secoli, tra il Quindicesimo e il Dodicesimo secolo prima della nostra era, una raffinata civiltà fiorisce su di una vasta area geografica. Essa tocca, tra gli altri popoli, i Micenei e i Minoici, gli Ittiti – antichi abitanti grosso modo della Turchia odierna -, gli Assiri e i kassiti/babilonesi, i Ciprioti, i Mitanni e i Cananei, per quanto riguarda il Vicino Oriente ed infine gli Egiziani.

Si era messo in piedi un mondo complesso, cosmopolita e globalizzato, come si è poi visto solo raramente sino ai nostri giorni. Il sistema era organizzato intorno ai grandi Palazzi e ai Templi, che gestivano sia la vita politica che quella economica e religiosa dei loro territori. L’iniziativa economica privata vi aveva un’importanza non chiara sino in fondo, ma comunque abbastanza debole, subordinata alla sfera pubblica.

Per dare un’idea del tipo di scambi che si svolgeva nel periodo basterà elencare i prodotti componenti il carico di una nave, molto citata nei testi, che, partita dalla Grecia, affondò vicino alla costa sud-occidentale della Turchia, intorno al 1300 prima della nostra era.

Il carico comprendeva più di 350 lingotti di rame provenienti forse da Cipro. Ma vi era anche stivato una specie di campionario internazionale delle produzioni dell’epoca.

Si può elencare una tonnellata di stagno, probabilmente afgano, una di resina, un carico di avorio dalla Nubia, duecento lingotti di vetro grezzo dalla Mesopotamia, 140 giare cananee, che, oltre alla resina, contenevano resti di frutta varia, ceramiche da Cipro e da Canaan, scarabei dall’Egitto, spade e daghe dall’Italia e dalla Grecia ed anche uno scettro proveniente dai Balcani; inoltre erano presenti gioielli e calici d’oro, forse dall’Afghanistan, contenitori di cosmetici in avorio, vasellame di rame, bronzo, ancore di pietra, ecc.

Si pensa che probabilmente tali prodotti non fossero legati a dei business commerciali, ma allo scambio di doni tra i potenti dell’epoca.

Leone, animale sacro di Ishtar, tra i resti del tempio di Ain Dara, in Siria

 

ARRIVA LA CRISI

L’economia della Grecia è a pezzi; ribellioni interne scuotono la Libia, la Siria, l’Egitto; la Turchia e Israele hanno paura di essere coinvolte nei disordini, mentre la Giordania è costretta a dare asilo ad una fiumana di rifugiati. Siamo ai nostri giorni? No, ma più o meno nel 1177 prima della nostra era, nel pieno svolgimento della crisi.

Sino ad un periodo piuttosto recente la caduta del sistema veniva attribuita all’invasione dei cosiddetti «popoli del mare». Non si sa bene chi essi fossero e da dove venissero. Comunque in uno degli scenari più plausibili si è pensato alla Sicilia, alla Sardegna e agli etruschi, all’Egeo, a Cipro e ad altre località del Mediterraneo Orientale. Siamo in ogni caso sicuri che non si trattava di nigeriani, senegalesi, afghani o marocchini…

Quasi nessun paese fu in grado di opporsi a tali invasioni e le grandi potenze del tempo caddero una dopo l’altra. Anche la fine di Troia vi è forse collegata. Solo l’Egitto riuscì a sconfiggerle, combattendo due guerre sanguinose, ma lo sforzo fu tale che da allora la civiltà di quel paese cominciò a decadere.

TERREMOTI E CARESTIE

Negli ultimi tempi, in relazione a crescenti evidenze storiche, gli studiosi tendono a pensare che all’origine del crollo non ci fossero soltanto i popoli del mare. Si valuta ormai che ci sia stata semmai una concatenazione di eventi. Si è parlato anche di rivolte sociali, di catastrofi naturali, quali una serie di terremoti e un cambiamento climatico, con la conseguenza di importanti carestie, nonché di mutamenti nelle tecnologie belliche.

Nessuno di tali eventi da solo avrebbe forse potuto avere quegli effetti devastanti che abbiamo ricordato; ma essi si sono combinati tra di loro, producendo uno scenario nel quale le ripercussioni di ogni evento catastrofico furono largamente amplificate, visto l’alto livello di integrazione che si registrava nel sistema, nonché la concentrazione nei soli Palazzi di tutti gli elementi di organizzazione della politica, dell’economia, della religione.

UN CROLLO SISTEMICO

La caduta della complessa civiltà sopra descritta, che si può ascrivere in maniera più che altro simbolica al 1177 prima della nostra era, rappresenta anche un cambiamento epocale del modello tecnologico e di quello economico, con grandi conseguenze a lungo termine. Si passa così da una sorta di economia statalizzata autoritaria ad un sistema economico decentralizzato fatto di più piccole Città-Stato e di imprenditori individuali che lavoravano in proprio. Tale nuovo assetto emerge peraltro soltanto molto lentamente nel corso dei secoli successivi. Dall’età del bronzo si passerà gradualmente a quella del ferro. Dal caos emergerà così un nuovo ordine.

Le modalità di funzionamento del sistema dell’età del bronzo sembrerebbero ricalcare in qualche modo le ipotesi di Karl Polanyi sull’esistenza nel mondo antico di un’organizzazione sociale dalla quale erano assenti le modalità capitalistiche; le attività economiche erano immerse ed integrate nella società e lo scambio di oggetti era basato sul sistema del dono. Ma l’emergere di una nuova società dell’età del ferro, con l’arrivo di imprenditori privati largamente autonomi dal potere centrale, sembrerebbe poi invece indebolire in qualche modo tale ipotesi.

Il crollo del sistema integrato sopra descritto ci ricorda per molti versi, come sottolinea anche Cline, la nostra attuale società globalizzata, che comincia a sentire gli effetti del cambiamento climatico e della troppo stretta integrazione economica e finanziaria, come ha mostrato, almeno in parte, la crisi economica che ha colpito il mondo occidentale a partire dal 2007-2008. Anche durante lo svolgimento di tale crisi, si è sfiorato, in effetti, un crollo sistemico, a partire dalle forti interconnessioni delle grandi banche internazionali.

(2a puntata di 4 – segue)

Tutte le puntate

  1. I paradisi fiscali degli assiri
  2. E poi arrivarono i popoli del mare
  3. Asia export: tutte le vie delle sete portano a Trump
  4. Niente debiti, siam tedeschi