I paradisi fiscali degli assiri
Una storia globale Prima tappa del viaggio nella globalizzazione, dalla Mesopotamia a Goldman Sachs. Migliaia di anni fa nella «mezzaluna fertile» nasce il commercio come lo conosciamo oggi: regole, dazi, contratti scritti, tasse. Ma anche i derivati e le prime «bolle» speculative
Una storia globale Prima tappa del viaggio nella globalizzazione, dalla Mesopotamia a Goldman Sachs. Migliaia di anni fa nella «mezzaluna fertile» nasce il commercio come lo conosciamo oggi: regole, dazi, contratti scritti, tasse. Ma anche i derivati e le prime «bolle» speculative
Un libro di uno studioso statunitense, Samuel Noah Kramer, la cui prima edizione è stata pubblicata nel 1957, tradotto anche in italiano (I Sumeri. Alle radici della storia, Newton Compton, 1979), ha contribuito con il suo successo a far conoscere quella che è stata a suo tempo la prima grande civiltà umana, sviluppatasi grosso modo in quello che è oggi l’Iraq, all’incirca almeno 5.000 anni fa.
I Sumeri operavano a partire da un territorio dove era già stata scoperta l’agricoltura diversi millenni prima (invenzione che impiegherà alcune migliaia di anni a diffondersi in tutto il Mediterraneo, avanzando all’incirca di un chilometro all’anno; oggi l’innovazione procede un poco più spedita); essi hanno inventato la scrittura, emesso il primo codice di leggi, fondato le prime città-stato, dato la loro prima espressione letteraria al mito e all’epopea (si pensi al poema di Gilgamesh, tracce del quale si ritrovano in Omero e nella Bibbia).
Un altro studioso, questa volta scandinavo, Mogens Trolle Larsen, ha contribuito più di recente, insieme ad altri, con il suo lavoro sul campo e le sue pubblicazioni (A merchant colony in bronze age Anatolia, New York, 2015) a far conoscere come i Sumeri abbiano anche sviluppato l’economia, il commercio internazionale, la finanza e le crisi relative.
È stato poi anche merito di un articolo di qualche tempo fa del New York Times ( A. Davidson, The V.C. of B.C., The New York Times, 27 agosto 2015), ad avere aiutato ad informare il grande pubblico su alcune vicende economiche di 4.000 anni fa relative al Medio Oriente.
Anche una voce di Wikipedia (Kultepe, 2018) appare puntuale in proposito. Si potrebbe infine citare un testo di B. Lafont e altri, La Mesopotamie, Belin, Parigi, 2017.
BUSINESS E FINANZA 4000 ANNI FA
Kultepe, che si colloca nell’Anatolia Centrale, è un sito archeologico nel quale si trovava l’antica città di Kanesh; essa conobbe il periodo di maggiore splendore – legato a delle attività commerciali «internazionali» -, tra il ventesimo ed il sedicesimo secolo prima della nostra era.
Vi sono state ritrovate circa 22.000 tavolette di argilla in lingua accadica; esse sono state scritte a suo tempo dai mercanti provenienti dalla città di Assur, nell’odierno Iraq e stanziati a Kanesh, nonché dai loro corrispondenti rimasti in patria.
Esse documentano gli scambi tra quella che era allora una colonia assira e appunto la città stato di Assur, nonché quelli tra i commercianti assiri stanziati nella città oggi turca e la popolazione locale.
In genere noi sappiamo molto poco sulla vita economica del mondo prima di tremila anni fa ma durante un periodo di 30 anni, tra il 1890 e il 1860 prima della nostra era, abbiamo, grazie a tale ritrovamento, dei dettagli molto precisi.
Le corrispondenze ritrovate sono legate a discussioni di affari, contratti, decisioni giudiziarie sulle liti commerciali, questioni contabili (Wikipedia).
Gli assiri vendevano in Anatolia lo stagno, materiale strategico necessario per ottenere il bronzo dal rame, importandolo dall’Iran e dall’Asia Centrale; essi vendevano anche tessuti, mentre il principale prodotto spedito da Kanesh ad Assur era l’argento, insieme a piccole quantità di oro (Wikipedia).
Gli scambi nei due sensi avvenivano attraverso l’organizzazione di due carovane all’anno tra le due città principali, prima che la neve bloccasse i passaggi di montagna (Lafont).
Le due località erano al centro di una fitta rete di scambi; essi potevano superare complessivamente i 2.000 chilometri di distanza, in un’area che andava dall’Asia Centrale alla Turchia. Anche la globalizzazione commerciale non è certo quindi un’invenzione moderna.
Il sistema commerciale assiro era organizzato su base familiare; ogni famiglia costituiva una specie di impresa, nella quale magari il padre risiedeva ad Assur, la moglie tesseva localmente i tessuti da esportare, mentre i figli venivano spediti a Kanesh o altrove per seguire le fila delle attività, attività che risultavano in media molto redditizie.
Ebbene, gli archivi di Kanesh mostrano come a un’economia basata sul commercio dei prodotti – stagno, argento, tessili – se ne sostituì poi gradualmente una centrata invece, ahimè, sulla speculazione finanziaria, creando una grande bolla che alla fine scoppierà; l’intero sistema entrerà così in una recessione che durerà per più di un decennio.
Tra l’altro, i commercianti di Kanesh, per portare avanti le loro attività, avevano inventato qualcosa di molto simile agli assegni, alle obbligazioni e alle società per azioni.
Essi avevano creato delle società di venture capital ante litteram, che controllavano un portafoglio di commerci diversificati e avevano anche messo a punto dei prodotti che oggi chiameremmo di finanza «strutturata». E tutto questo senza aspettare certo la Goldman Sachs.
Il governo di allora, che prima aveva chiuso un occhio su tali pratiche (anche questo ci ricorda qualcosa), quando scoppia la bolla cerca disperatamente di intervenire, ma senza sapere veramente che fare.
En passant, può essere rilevante ricordare come molti commercianti cercassero di contrabbandare le loro merci per pagare meno dazi; alcune lettere non erano nient’altro che raccomandazioni dei padri ai loro figli su come meglio riuscire a evadere le tasse.
Si potevano, tra l’altro, nascondere alcuni oggetti facenti parte del carico, dissimularne il valore, si potevano anche poi utilizzare nel trasporto le vie meno frequentate utilizzando strade meno praticate di quelle normali per evitare di incappare nei funzionari del fisco (Wikipedia). E tutto questo quando la fantasia italiana sul tema era ancora molto lontana dallo scatenarsi.
…E AI TEMPI DEI GENOVESI
Il caso di Kanesh non somiglia soltanto alle vicende finanziarie odierne (si pensi in particolare alla crisi del 2008 nella quale siamo ancora, per molti aspetti, immersi).
Vogliamo ricordare soltanto le vicende dei genovesi, a cavallo tra Medioevo e Rinascimento.
Anche i mercanti di quella città, che avevano costruito delle reti commerciali in Europa e nel Mediterraneo e che anzi, insieme a Venezia, erano anche stati gli antesignani del moderno imperialismo, invadendo e sfruttando selvaggiamente, tra l’altro, diverse isole del Mediterraneo (tanto che poi l’arrivo dei turchi verrà festeggiato dagli isolani come una liberazione), inviavano i loro familiari a gestire le attività in giro per il mondo.
Come ci ricorda Fernand Braudel, il grande storico francese, i genovesi prima praticano il mestiere di mercante, poi si accorgono che prestare ai mercanti rende di più del loro business tradizionale e allora si trasformano in finanziatori del commercio; infine, essi si rendono conto che prestare al re di Spagna fruttava ancora di più e si concentrano quindi sul business finanziario pubblico, mentre inventano tutti i trucchi della finanza speculativa.
Ma la conclusione è sempre la stessa. Alla fine, quando il re dichiarerà più volte fallimento i banchieri genovesi usciranno da tutti i giri.
E l’Italia uscirà per sempre dal novero dei grandi.
(1ma puntata di 4 – segue)
Denaro, potere e le origini del nostro tempo
Tra i libri da leggere per conoscere meglio la storia della globalizzazione c’è «Il lungo XX secolo», di Giovanni Arrighi (il Saggiatore 2014, pp. 446, euro 22, vedi la recensione della ristampa sul «manifesto» del 31 luglio 2014).
Considerato «uno dei più importanti libri delle scienze sociali di fine Novecento» (Mario Pianta), il saggio di Arrighi dà una lettura «forte» del capitalismo storico, individuando nelle varie ere cicli economici che si concludono sempre con una forte crisi finanziaria che stabilizza e in un certo senso «blocca» ma non risolve il declino del sistema che l’ha prodotta (Benedetto Vecchi).
In queste pagine, particolarmente belle sono quelle su Genova, Venezia, l’Olanda e il Regno Unito, di volta in volta rappresentanti l’apice di un determinato ciclo di sviluppo capitalistico.
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