Armi italiane all’Egitto, un calo apparente per «fabbricanti di impunità»
Armi italiane in Egitto Il nuovo rapporto di EgyptWide: vendite dall'Italia apparentemente in declino, ma dietro c'è la strategia egiziana di costruire da sé, con l'aiuto europeo
Armi italiane in Egitto Il nuovo rapporto di EgyptWide: vendite dall'Italia apparentemente in declino, ma dietro c'è la strategia egiziana di costruire da sé, con l'aiuto europeo
Un Paese di origine sicuro e a cui vendere più armi. Questa, evidentemente, l’idea che le istituzioni italiane hanno dell’Egitto del dittatore al-Sisi. «Nonostante i continui appelli delle organizzazioni internazionali e della società civile, i trasferimenti di armi all’Egitto persistono senza alcun segno di riduzione o cessazione», si legge nel rapporto annuale sulle esportazioni di armi italiane in Egitto per l’anno 2023 dell’organizzazione EgyptWide for Human Rights.
37 MILIONI DI EURO nel 2023 contro i 72 milioni di euro del 2022: i numeri delle esportazioni sembrano in calo, ma questo non è legato alla volontà politica di ridurre la vendita delle armi al Cairo, piuttosto a un «cambiamento nella natura della cooperazione tra l’industria della difesa egiziana e i suoi partner con sede nell’Ue».
Negli ultimi anni il governo egiziano ha investito nell’industria della difesa del Paese con l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza nella produzione delle armi, liberandosi così dalla dipendenza dai fornitori stranieri. L’obiettivo a lungo termine è diventare il principale fornitore di armi del continente africano e della regione Mena.
Un altro elemento che spiega questo calo è la cosiddetta strategia di offshoring, un processo di delocalizzazione per cui un’azienda trasferisce l’attività produttiva, o una funzione aziendale, da una sede nazionale a una estera. EgyptWide sottolinea che «questo facilita i rapporti commerciali aggirando le restrizioni normative e i processi di autorizzazione sotto il controllo dello Stato». È di Leonardo S.p.A. il 77% del valore totale delle armi italiane trasferite in Egitto, pari a 186 milioni di euro nell’ambito di 22 licenze concesse.
E pure Fincantieri, che nel 2022 aveva ottenuto una sola licenza per l’esportazione in Egitto, ha stipulato nel 2023 un contratto decennale con l’Autorità per gli armamenti del ministero della difesa egiziano, per un valore di 260 milioni di euro. L’amministratore delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, ha confermato l’intenzione di stabilire accordi strategici per incrementare la fornitura di tecnologie utili alla produzione di armamenti.
Va ricordato che il 71,44% del capitale sociale di Fincantieri è di proprietà di una società a controllo pubblico di cui il ministero dell’economia e delle finanze detiene quasi l’83%, così come detiene il 30% del capitale sociale di Leonardo.
IL 17 LUGLIO scorso il parlamento italiano ha respinto una risoluzione presentata da un gruppo di parlamentari che chiedeva la sospensione dell’esportazione di Salw (armi a piccolo calibro), definendola «non in linea con il tradizionale approccio dell’Italia e dell’Ue alle relazioni internazionali con l’Egitto».
Tra il 2013 e il 2021 l’Italia non ha mai interrotto la fornitura di armi all’Egitto, nonostante sia ampiamente documentata l’implicazione delle Salw in gravi violazioni dei diritti umani nel Paese, come il massacro del 2013 nelle piazze di Rabaa Al Adawiya e Al-Nahda e le operazioni militari in Sinai. La memoria corre all’omicidio di Giulio Regeni, alla lunga vicenda di Patrick Zaki e alle dure repressioni che Il Cairo riserva a tutte le voci critiche.
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