Nel giorno della pubblicazione dei 45 articoli del «decreto lavoro» nella Gazzetta ufficiale, ieri la Lega e i Cinque Stelle si sono trovati d’accordo sul fatto che il governo Meloni non ha «abolito il reddito di cittadinanza» ma lo ha «chiamato in un altro modo», cioè «assegno di inclusione» (Asi) per i poveri assoluti e «Supporto per la formazione e il lavoro» (SFl) per gli «occupabili». Lo ha detto Simonetta Matone (Lega) e lo ha confermato Giuseppe Conte (Cinque Stelle).

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Conte ha notato come la ridenominazione contraddica i bellicosi, ma del tutto fittizi, annunci elettorali di Giorgia Meloni (quella che parlava di «metadone di Stato»). E, in effetti, a parte l’accanimento ideologico contro gli «occupabili», il sistema resta finanziato. La relazione tecnica conferma fino al 2033 uno stanziamento di oltre 6 miliardi per l’«assegno di inclusione» che potrebbero raggiungere 808 mila nuclei familiari «poveri assoluti» nei prossimi anni. è una stima ben bassa degli anni scorsi quando si superava un milione di famiglie beneficiate.

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Né Matone, né Conte però hanno detto in cosa consiste la continuità tra il «reddito» e il doppio acronimo Asi-Sfl.

Si chiama Workfare, cioè il sistema di governo dei poveri basato sulla distinzione tra poveri abili e non abili, meritevoli e non meritevoli, obbligati a corsi di formazione e offerte di lavoro vincolanti anche su tutto il territorio nazionale. Le stesse misure più volte rimaneggiate almeno per quanto riguarda la cosiddetta «offerta congrua del lavoro», sono state confermate dal governo Meloni su una platea tendenzialmente più piccola. È la conferma del fatto che i Cinque Stelle (con la Lega) hanno creato 5 anni fa un Workfare che resterà e sarà reso sempre più efferato. Si tratta di una modernizzazione reazionaria dello Stato sociale in crisi. Il segno politico di quello che è accaduto in questi anni.

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Nelle relazione tecnica che accompagna il decreto ci sono anche fantasiose stime sull’occupazione contrattualizzata degli «occupabili»: nel 2024 25 mila per i contratti a tempo indeterminato, 55 mila per i contratti a tempo determinato e stagionali, dal 2025 diventano seimila e 13 mila rispettivamente. E sarebbero assunti 39mila giovani under-30 Neet.

È confermata l’intenzione del governo Meloni di eliminare almeno un miliardo di finanziamento attraverso la riduzione dell’accesso al sussidio per gli «occupabili» (6 mila euro di Isee, per i poveri assoluti «meritevoli» resta a 9.360). Si vincolerà inoltre il sussidio da 350 euro a futuribili «corsi di formazione». Se non partiranno, sarà colpa di 175 mila «occupabili stimati quest’anno, 322 mila nel 2024,133 mila nel 2025. A parte le cifre tutte da verificare, ben più basse rispetto alle bozze fatte trapelare sui giornali, lo spartito è già scritto. Ma non solo da questo governo, anche dai precedenti.

Oltre alla caccia al povero e ai precari (sono stati estesi i voucher e precarizzati i contratti a termine), il “decreto lavoro” sarà ricordato anche per un attacco ai rider nell’interesse delle multinazionali del food delivery. C’è una norma che modifica il «decreto trasparenza» sugli algoritmi e cancella di fatto gli obblighi informativi nei confronti dei lavoratori digitali. Il governo ha così voluto evitare che si replichino ricorsi come quelli contro Uber eats Italy fatti a Palermo da Filcams, NIdiL e Filt Cgil. Si rendono opachi gli algoritmi e si garantiscono i datori di lavoro.

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Sull’alternanza scuola lavoro il governo ha partorito una misura minima e insufficiente, inserendo l’assicurazione Inail per docenti e studenti nel decreto lavoro. Il sistema è confermato, anche la sua obbligatorietà. «Non è una misura di tutela: il governo preventiva che in percorsi di formazione gli studenti possano anche morire. Zero provvedimenti concreti per evitare gli incidenti. È una vergogna!» sostiene Paolo Notarnicola (Rete degli Studenti Medi)