Secondo l’ultima bozza del «decreto lavoro» che il governo Meloni intende approvare provocatoriamente lunedì primo maggio, giorno della festa del (non lavoro), il «reddito di cittadinanza» cambierà nome dal primo gennaio 2014. Non si chiamerà «Mia», né «Gil», dimenticati gli altri acronimi fumettistici «Pal» e «Gal» dati in pasto ai media per creare confusione, e nuovi stigmi ai danni dei «poveri». Il nuovo nome ha il sapore del vecchio: il «reddito» si chiamerà «assegno di inclusione», che ricorda una specie di «reddito di inclusione» già visto con il Pd di Renzi e Gentiloni. E assai rimpianto dallo stesso partito prima che diventasse subalterno al Workfare ideato dai Cinque Stelle e dalla Lega nel 2019 con la truffa semantica di un «reddito di cittadinanza» che tale non è mai stato. Resta da vedere se, in attesa del Cdm del primo maggio, il governo continuerà a confondersi con un altro giro di valzer degli acronimi.

A differenza del sistema falsamente universalistico precedente (ha raggiunto solo il 44% dei poveri assoluti) l’assegno di inclusione potrà essere chiesto solo dalle famiglie nelle quali ci sono componenti disabili, minori o over 60 e potrà arrivare a 500 euro al mese moltiplicati per la scala di equivalenza fino a un massimo di 2,2 (2,3 nel caso di disabili gravi).

La scala cambia e vale uno per il primo componente, 0,5 per ogni altro componente con disabilità, 0,4 per gli altri componenti over 60 o con carichi di cura, 0,15 per i bambini fino a due anni e 0,10 per gli altri minori. A differenza delle altre bozze, ora sembra che il governo non abbasserà la soglia Isee a 7.200 euro ma la manterrà a 9.360 euro e un reddito familiare inferiore a 6.000 annui moltiplicati per la scala di equivalenza. Proprio come nel «reddito di cittadinanza». La differenza con il «reddito» è che sarà riservata solo ai nuclei con disabili, minori e over 60. Durerà 18 mesi, rinnovabili per altri 12. Sembra comunque essere prevista una «politica attiva del lavoro» perché il beneficio economico decade se uno dei componenti rifiuta un’offerta di contratto di lavoro che preveda un periodo di almeno un mese. Si ritiene superata la norma sulla «congruità» dell’offerta di lavoro nel caso in di un’offerta di lavoro a tempo indeterminato oltre i 12 mesi. Bisognerà spostarsi in tutta Italia. Sempre che ci sia un’impresa che la faccia (previsto uno sgravio del 100% per un anno). Vedremo quanti saranno gli assunti. Il 70% dei cosiddetti «occupabili» non supera la licenza media. Le illusioni del Workfare pentaleghista sono le stesse dell’estrema destra al potere.

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Potranno fare richiesta gli stranieri residenti in Italia da almeno cinque anni (ancora troppo ma non dieci secondo la norma razzista precedente) e gli ultimi due in modo continuativo. Mantenuto il populismo penale dei Cinque Stelle e della Lega: fino a sei anni di carcere per chi fa dichiarazioni mendaci. E viene mantenuta la promessa del superfluo sdoppiamento tra i poveri assoluti, a cui dare l’assegno di inclusione». E gli «occupabili» tra i 18 e i 59 anni ai quali sarà erogato lo «Strumento di attivazione» (Sda, altro folle acronimo). L’Isee per accedervi sarà bassissimo: 6 mila euro, obbligatoria la partecipazione a progetti di formazione (quali?), incompatibilità con ogni altro sussidio. Non sarà inferiore a 350 euro, durerà fino a 12 mesi, e partirà dal primo settembre.

Nel decreto lavoro ci saranno anche nuove norme sulle causali dei contratti a termine, diverse dal «decreto dignità» spacciato come uno strumento anti-precarietà che, tutt’al più, ha avuto un effetto neutro sul mercato del lavoro. Per i lavori non coperti dai contratti nazionali potrebbe venire meno ogni tutela normativa contro l’abuso del lavoro a termine. Si allargherebbe la discrezionalità del datore di lavoro che ha il coltello dalla parte del manico. E si aumenteranno le possibilità di ricorso ai voucher.