Economia

Un lavoro non basta, la povertà è invisibile

Un lavoro non basta, la povertà è invisibileMilano, in fila a Pane Quotidiano – Getty images

Il caso Cresce, nell'indifferenza del governo, l'allarme sociale: il rapporto Ipsos- Secours Populaire e Arci racconta anche il caso italiano

Pubblicato 2 mesi faEdizione del 12 settembre 2024

L’aumento del lavoro povero, e il record della povertà assoluta (5,7 milioni secondo l’Istat) è un fenomeno strutturale largamente sottovalutato, persino negato, dal governo Meloni. Lo si vede, da ultimo, dal chiacchiericcio che accompagna, come di consueto, la faticosa e scontata costruzione della legge di bilancio di quest’anno.

DOPO AVERE RINOMINATO, e tagliato drasticamente il «reddito di cittadinanza», liquidata la proposta di salario minimo, non un fiato è stato emesso nell’ultimo mese dalle parti del governo e della maggioranza per le politiche della casa, per il fondo sociale degli affitti e per la morosità incolpevole, la riqualificazione delle periferie e dell’edilizia pubblica o per la non autosufficienza. Senza contare la povertà energetica peggiorata dal passaggio al cosiddetto «mercato libero».

L’INCONSISTENTE STRUMENTO compensatorio adottati dal governo Meloni per rimediare al taglio dei beneficiari del sussidio contro la povertà estrema si chiama “Carta Dedicata a te”. Consiste in 500 euro una tantum ed è (ri)partita lunedì scorso. La sua gestione è stata affidata al ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. Ieri è emerso che esclude la metà degli aventi diritto a Napoli. Andrà a 32 mila persone e non alle altre 30 mila che hanno un Isee inferiore ai 15 mila euro. Lo sostiene l’assessore alle politiche sociali del comune di Napoli Luca Fella Trapanese. La «carta» esautora gli enti locali che dovranno solo gestire gli effetti negativi di un’attribuzione automatica di un sussidio insufficiente per l’acquisto di generi di prima necessità, benzina o abbonamenti ai trasporti. Il finanziamento complessivo è di 600 milioni di euro.

NEL RAPPORTO sullo Stato energetico dell’Unione ieri la Commissione Europea ha ricordato che nel 2023 il 4,1% delle popolazione ha avuto difficoltà a pagare le bollette e il 9,5% non poteva mantenere la casa calda durante l’inverno. Sono dati in aumento rispetto all’anno precedente. Salvo qualche boutade inquietante sul sostegno alle famiglie con figli (le altre no), non c’è traccia di provvedimenti per contrastare povertà, precarietà e disuguaglianze.

A RICORDARE LA REALTÀ rimossa dal dibattito politico, da oggi è possibile leggere l’analisi dei dati del Barometro europeo sulla povertà e sulla precarietà economica 2024 realizzata da Ipsos e Secours Populaire, un’organizzazione del volontariato francese. L’indagine, della quale l’Arci è partner in Italia, ha coinvolto dieci paesi: Francia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Regno Unito, Moldova, Portogallo, Romania, e Serbia.

DIECIMILA sono state le persone intervistate. Dalla lettura della ricerca emerge tutto ciò che è risaputo, ma singolarmente assente anche dalla politica delle destre al governo che confermano una consolidata tendenza alla rimozione della questione sociale che non ha colore, né è una specialità solo italiana.

METTERE IN FILA I DATI nudi e crudi è utile in ogni caso. Il 17,1% dell’intera popolazione vive sotto la soglia di povertà relativa. Questo significa che, oltre ai poveri “assoluti” che vivono in condizioni di deprivazione, ci sono anche quelli che non arrivano alla fine del mese e scontano sulla propria pelle – e quella dei familiari, a cominciare dai bambini – le conseguenze di non potere affrontare spese improvvise, non potere risparmiare, non assicurarsi un’alimentazione decente, non condurre una vita dignitosa. Inevitabile che sia così dato il blocco dei salari medi da una trentina d’anni, la strutturale precarizzazione del lavoro e della vita, la mancanza di tutele a cominciare da una sanità veramente pubblica ed efficiente.

L’ITALIA ha uno dei più alti coefficienti di Gini (che misura il grado di disuguaglianza) nell’Unione Europea (35,2), sostiene il rapporto. Conta molto in questa analisi la nota disparità tra il Nord e il Sud. Ciò rende i giovani disoccupati italiani del Sud la fascia più vulnerabile della popolazione. Con l’arrivo dell’autonomia differenziata la prospettiva rischia di peggiorare. È la descrizione di una realtà soffocante.

NON È ECCEZIONALE la condizione italiana, La ricerca offre un interessante squarcio sulla percezione di sé nel presente e nel futuro da parte degli intervistati in tutta Europa. Quasi 3 intervistati su 10 affermano di trovarsi attualmente in una situazione di precarietà per quanto riguarda tutte le loro spese. Uno su 3 dichiara di avere fame e di saltare un pasto. Il lavoro non basta: il 35% afferma che il reddito derivante dalla propria attività professionale non è in grado di coprire tutte le spese. Un intervistato su 3 ha già rinunciato a cure mediche a causa della propria situazione finanziaria. Uno su 3 sostiene di non poter soddisfare le esigenze di base dei propri figli. Ciononostante due su tre si è detto disposto a prestare il proprio tempo a titolo di volontariato per un ente di beneficenza.

GLI EFFETTI della dismissione del Welfare e delle politiche pubbliche, la crescita dello sciovinismo nazional-populista e la diffusione della guerra dei penultimi contro gli ultimi non sembrano avere ancora intaccato del tutto l’idea della solidarietà.

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