Editoriale

Con un caffè al giorno il governo non scaccia lo spettro della povertà

Con un caffè al giorno il governo non scaccia lo spettro della povertàIl ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti e quello dell’agricoltura Francesco Lollobrigida con la Card «Dedicata a te – LaPresse

Uno schiaffo alla dignità e alla giustizia Arriva la card «Dedicata a te» contro l’inflazione: 382,5 euro fino a dicembre, esclusi i beneficiari del reddito di cittadinanza. Un altro bonus a termine che riproduce i limiti dello Stato sociale arlecchino in Italia. Ma la nuova trovata non servirà a scacciare lo spettro della povertà

Pubblicato più di un anno faEdizione del 12 luglio 2023

Con 382 euro fino a dicembre, 32 al mese, sembra che passerà la paura della povertà aggravata dall’inflazione. Al governo basteranno 500 milioni per finanziare un altro bonus a tempo, erogato con una carta elettronica dal nome ammiccante e populista «Dedicata a te» a una platea potenziale di «1,3 milioni di famiglie». Con poco più di un caffè al giorno intende dimostrare «di fare del proprio meglio per dare una mano» contro il caro prezzi. Lo ha annunciato la presidente del consiglio Meloni. Ma una mancia non servirà a scacciare lo spettro.

IN EFFETTI bisogna dare il proprio meglio per comprendere la logica delle ingiunzioni paradossali che ha spinto il governo prima a depennare una platea potenziale di almeno 400 mila nuclei familiari in condizioni di «povertà assoluta» con almeno un membro ritenuto «occupabile» dal beneficio del «reddito di cittadinanza» (in media 580 euro al mese) che sarà ridenominato «assegno di inclusione» dal prossimo gennaio (i dati sono dell’Ufficio parlamentare di bilancio). E poi a prospettare, dal prossimo 18 luglio, un altro bonus dall’effetto inconsistente, se non proprio risibile rispetto alla perdita di potere di acquisto che colpisce maggiormente le famiglie con redditi bassi e bassissimi.

CI VUOLE UNO SFORZO supplementare di fantasia per capire che, rispetto all’annuncio in pompa magna realizzato ieri da mezzo governo in una conferenza stampa dai toni imbarazzanti, tra i destinatari della nuova misura «escogitata a dicembre scorso» (ha detto il ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti) potrebbero anche non esserci quelli che perderanno il «reddito di cittadinanza» da oggi al 31 dicembre quando termineranno i soldi della carta «Dedicata a te» erogati dall’Inps in base a uno screening automatico, a condizione che il nucleo sia in possesso di una certificazione Isee non superiore ai 15 mila euro.

UN’ALTRA DISCRIMINAZIONE ai danni dei beneficiari del «reddito di cittadinanza», o del prossimo «assegno di inclusione» che non devono superare i 9.360 euro di Isee. A coloro che hanno guadagnato poco di più, e per questo sono stati esclusi da entrambe le misure nel periodo di più straordinaria concentrazione di crisi che si ricordi, spetterà il nuovo bonus a termine. La Carta «Dedicata a te» ha aggiunto un’altra serie di condizioni che saranno, a quanto pare, processate dagli algoritmi dell’Inps (ieri presente in conferenza stampa con il direttore generale Vincenzo Caridi): il sussidio spetterà ai nuclei con figli nati tra il 2023 e il 2009, in ordine di precedenza per i nuclei con componenti più piccoli.

COME IN TUTTE le politiche sociali soggette alla logica della cosiddetta «prova dei mezzi», anche in quella adottata dal governo emerge un Welfare tanto selettivo quanto discriminatorio. Il ministero dell’agricoltura guidato da Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia) sembra essersi intestato competenze che spetterebbero a quello del Welfare e del lavoro. Dal suo sito emerge che dai benefici della carta «Dedicata a te», come dagli sconti fino al 15% su prodotti alimentari già in promozione, saranno esclusi i destinatari di «qualsiasi altra misura di inclusione sociale o sostegno alla povertà», come anche l’«assicurazione sociale per l’impiego» (Naspi) o l’indennità sociale di disoccupazione per i collaboratori (Dis-coll). E poi anche l’indennità di mobilità, i fondi di solidarietà per l’integrazione del reddito, la cassa integrazione guadagni e tutte le altre forme di integrazioni per la disoccupazione involontaria erogata dallo Stato.

QUESTA LOGICA RISPONDE a un meccanismo risarcitorio già visto all’opera nel recente passato, il «reddito di emergenza» adottato dal «Conte 2» durante la pandemia, per esempio. Il governo Meloni, di segno opposto, si muove seguendo la stessa ispirazione: lo «Stato sociale conservatore», così definito dallo storico dell’economia Adam Tooze. Invece di tassare i profitti, aumentare i salari, rinnovare i contratti, estendere una misura unica e incondizionata al posto dell’«assegno di inclusione» i bonus continuano ad andare e venire in base alle trovate dei singoli governi che fissano paletti a seconda di precari criteri della spesa pubblica definiti in base alle necessità del governo di turno. Questo approccio è funzionale alla strategia della Banca Centrale Europea che continuerà ad aumentare i tassi di interesse, e dunque a tartassare un altro po’ i salari, per addolcire l’inflazione. Il governo sta a guardare e tampona qui e lì, come capita, i danni che produce.

LA DURATA DEL BONUS dipenderà dall’andamento dell’inflazione, ha detto Giorgetti ieri in conferenza stampa. A dicembre quella «headline» potrebbe essere più bassa del 6,4% di giugno. Ma sarà necessario vedere quella «di fondo», cioè al netto degli energetici e degli alimentari freschi: +5,6% a giugno. Se persisterà allora al governo toccherà trovare gli spiccioli per mantenere in vita la misura simbolica escogitata ieri. Antonio De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, spera che la carta «Dedicata a te» distribuita da Poste Italiane sia una «misura stabile». Assicura che 7.558 comuni su 7.901 sono pronti. Resta il fatto che qui stiamo discutendo di una misura precaria, l’ennesima, concepita per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità. Ai comuni dovrebbe spettare l’ausilio all’organizzazione della distribuzione.

QUESTE PERSONE ESCLUSE rientrano nella categoria dei «lavoratori poveri», o dei disoccupati in cerca di lavoro, ma non dovrebbero risentire dell’inflazione. Anzi, dovrebbero stare benissimo al punto da non avere bisogno di un euro in più. È un altro degli effetti prodotti dallo Stato sociale «arlecchino», un insieme di misure occasionali, escludenti e sovrapponibili ad altre. Tutto pur di svuotare di senso l’idea di una giustizia sociale e adottare rimedi inutili.

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