Le tante contromanovre dell’opposizione disunita
Giorgetti ha fretta ma la Lega apre un altro fronte con Forza Italia sul canone Rai
Giorgetti ha fretta ma la Lega apre un altro fronte con Forza Italia sul canone Rai
«Abbiamo smesso di gettare soldi dei cittadini dalla finestra». La presidente del Consiglio Meloni, intervenendo ieri mattina con un video messaggio all’assemblea generale di Confimi, tenta di dirigere la scena comunicativa della manovra. «Abbiamo abbassato le tasse, nonostante la situazione dei conti pubblici che abbiamo ereditato, non esattamente facile» dice perpetuando il cliché «è colpa dei governi precedenti», anche se ormai è a Palazzo Chigi da più di due anni. La premier sa che a qualche ora dal suo intervento cominceranno le conferenze stampa sulla manovra indette dai partiti dell’opposizione. Pd, Avs, M5S, Azione e +Europa hanno fatto un lungo lavoro di sintesi su alcuni temi (sanità, automotive, salari, congedi parentali e ricostruzione) ma non sono riusciti a dare un regia unica alla battaglia dell’opposizione. E a Conte, alle prese con le beghe interne ai cinquestelle, conviene sottolinearlo: «Ci sono alcune battaglie comuni ma, al momento, non c’è nessun coordinamento delle forze di opposizione, non c’è un’alleanza strutturata e strategica».
I PARTITI hanno tenuto appuntamenti diversi, a qualche minuto di distanza e in un raggio di poche decine di metri l’uno dall’altro: Giuseppe Conte ha parlato nella sede del Movimento in via di Campo Marzio, Elly Schlein dalla Camera dei Deputati, Nicola Fratoianni dal piazzale sottostante, Carlo Calenda dalla sede della Stampa Estera. L’unica cosa condivisa è il giudizio negativo sulla manovra che per ora si materializza nella battaglia degli emendamenti: oltre 3mila quelli presentati dall’opposizione. Nel dettaglio: 1.218 dal M5S, 992 dal Pd, 354 da Avs, 130 da Azione, 45 da +Europa e 282 da Italia Viva.
LA SEGRETARIA DEM, nel presentare quelli del suo partito, esordisce rispondendo direttamente a Meloni: «Abbiamo sentito anche questa mattina la presidente del Consiglio dire che non hanno gettato soldi dalla finestra: hanno gettato 800 milioni di euro per deportare degli innocenti in Albania per poi scoprire che andavano riportati indietro». Poi spiega che la risposta dem a «una manovra recessiva, di austerità, di tagli, senza investimenti» si articolerà in cinque priorità: sanità pubblica, istruzione e ricerca, dignità del lavoro e dei salari, politiche industriali, diritti sociali e civili. Se il Pd insiste sul portare la spesa sanitaria al 7% del Pil, Conte propone «misure scudo contro il carovita»: aumento di 100 euro delle pensioni minime, di 300 euro per i cassintegrati e aiuti per le persone con disabilità. Per entrambi però «le coperture ci sono». Anche Fratoianni e Bonelli sono della stessa idea, «le risorse per affrontare la crisi climatica e sociale» ma «serve il coraggio di adottare un nuovo approccio, chi ha tanto deve contribuire di più, chi ha poco deve essere sostenuto», dicono presentando con un flash mob la loro «manovra Solidale e Verde» contrapposta a quella di Meloni che comporta «l’aumento delle spese militari e progetti propaganda come il Ponte sullo Stretto». Tra le proposte una «patrimoniale su modello di quella Oxfam per finanziare scuola e sanità». Per il leader di Azione, Calenda, la manovra «ha come unica linea guida quella di distribuire mance di tutti i generi, a fronte della carenza dei servizi pubblici».
IL MINISTRO GIORGETTI intanto prova a sedare gli appetiti della destra, a partire dai suoi compagni di partito. La Lega ieri è tornata a cannoneggiare il resto della maggioranza con il canone Rai e insiste per confermare anche nel 2025 il taglio da 90 a 70 euro, con un emendamento al dl Fisco che figura tra i 180 segnalati dei partiti che dalla prossima settimana verranno esaminati in Senato. «Il Parlamento è sovrano» ha commentato Giorgetti, consapevole che Fi non la voterà. Su tutto il resto bisogna aspettare l’esito del concordato, a partire dal rinvio con rateizzazione del secondo acconto delle imposte per gli autonomi che «sarà valutato», nei limiti delle risorse. Neanche le associazioni delle imprese sembrano convinte, al di là dei comunicati di circostanza che parlano di «clima sereno e costruttivo». «Ora c’è maggiore convergenza», sottolinea Confindustria.
L’INCONTRO di ieri pomeriggio con il titolare del Mef, presieduto, in assenza della premier, dal sottosegretario Alfredo Mantovano, è durato quasi 4 ore. Le associazioni datoriali hanno esposto le loro preoccupazioni e hanno avanzato alcune richieste come la riduzione al 33% della seconda aliquota Irpef (Confcommercio) e il sostegno ai consumi (Confesercenti).
IL TITOLARE DEL MEF ha bisogno di sciogliere i nodi subito per arrivare in Aula il 15 dicembre. La prima sfida è ridurre gli oltre 4.500 emendamenti a 600 segnalati (250 per la maggioranza, 320 per le opposizioni e 30 per il gruppo Misto). «Vorremmo provare a chiudere anche in Senato prima di Natale», ha detto il ministro dei rapporti con il Parlamento Ciriani, ma «gli incastri di calendario – ha ammesso – sono complessi».
Errata Corrige
«Abbiamo smesso di gettare soldi dei cittadini dalla finestra». La presidente del Consiglio Meloni, intervenendo ieri mattina con un video messaggio all’assemblea generale di Confimi, tenta di dirigere la scena comunicativa della manovra. «Abbiamo abbassato le tasse, nonostante la situazione dei conti pubblici che abbiamo ereditato, non esattamente facile» dice perpetuando il cliché «è colpa dei governi precedenti», anche se ormai è a Palazzo Chigi da più di due anni. La premier sa che a qualche ora dal suo intervento cominceranno le conferenze stampa sulla manovra indette dai partiti dell’opposizione.
Pd, Avs, M5S, Azione e +Europa hanno fatto un lungo lavoro di sintesi su alcuni temi (sanità, automotive, salari, congedi parentali e ricostruzione) ma non sono riusciti a dare un regia unica alla battaglia dell’opposizione. E a Conte, alle prese con le beghe interne ai cinquestelle, conviene sottolinearlo: «Ci sono alcune battaglie comuni ma, al momento, non c’è nessun coordinamento delle forze di opposizione, non c’è un’alleanza strutturata e strategica».
I PARTITI hanno tenuto appuntamenti diversi, a qualche minuto di distanza e in un raggio di poche decine di metri l’uno dall’altro: Giuseppe Conte ha parlato nella sede del Movimento in via di Campo Marzio, Elly Schlein dalla Camera dei Deputati, Nicola Fratoianni dal piazzale sottostante, Carlo Calenda dalla sede della Stampa Estera. L’unica cosa condivisa è il giudizio negativo sulla manovra che per ora si materializza nella battaglia degli emendamenti: oltre 3mila quelli presentati dall’opposizione. Nel dettaglio: 1.218 dal M5S, 992 dal Pd, 354 da Avs, 130 da Azione, 45 da +Europa e 282 da Italia Viva.
LA SEGRETARIA DEM, nel presentare quelli del suo partito, esordisce rispondendo direttamente a Meloni: «Abbiamo sentito anche questa mattina la presidente del Consiglio dire che non hanno gettato soldi dalla finestra: hanno gettato 800 milioni di euro per deportare degli innocenti in Albania per poi scoprire che andavano riportati indietro». Poi spiega che la risposta dem a «una manovra recessiva, di austerità, di tagli, senza investimenti» si articolerà in cinque priorità: sanità pubblica, istruzione e ricerca, dignità del lavoro e dei salari, politiche industriali, diritti sociali e civili. Se il Pd insiste sul portare la spesa sanitaria al 7% del Pil, Conte propone «misure scudo contro il carovita»: aumento di 100 euro delle pensioni minime, di 300 euro per i cassintegrati e aiuti per le persone con disabilità. Per entrambi però «le coperture ci sono». Anche Fratoianni e Bonelli sono della stessa idea, «le risorse per affrontare la crisi climatica e sociale» ma «serve il coraggio di adottare un nuovo approccio, chi ha tanto deve contribuire di più, chi ha poco deve essere sostenuto», dicono presentando con un flash mob la loro «manovra Solidale e Verde» contrapposta a quella di Meloni che comporta «l’aumento delle spese militari e progetti propaganda come il Ponte sullo Stretto». Tra le proposte una «patrimoniale su modello di quella Oxfam per finanziare scuola e sanità». Per il leader di Azione, Calenda, la manovra «ha come unica linea guida quella di distribuire mance di tutti i generi, a fronte della carenza dei servizi pubblici».
IL MINISTRO GIORGETTI intanto prova a sedare gli appetiti della destra, a partire dai suoi compagni di partito. La Lega ieri è tornata a cannoneggiare il resto della maggioranza con il canone Rai e insiste per confermare anche nel 2025 il taglio da 90 a 70 euro, con un emendamento al dl Fisco che figura tra i 180 segnalati dei partiti che dalla prossima settimana verranno esaminati in Senato. «Il Parlamento è sovrano» ha commentato Giorgetti, consapevole che Fi non la voterà. Su tutto il resto bisogna aspettare l’esito del concordato, a partire dal rinvio con rateizzazione del secondo acconto delle imposte per gli autonomi che «sarà valutato», nei limiti delle risorse. Neanche le associazioni delle imprese sembrano convinte, al di là dei comunicati di circostanza che parlano di «clima sereno e costruttivo». «Ora c’è maggiore convergenza», sottolinea Confindustria.
L’INCONTRO di ieri pomeriggio con il titolare del Mef, presieduto, in assenza della premier, dal sottosegretario Alfredo Mantovano, è durato quasi 4 ore. Le associazioni datoriali hanno esposto le loro preoccupazioni e hanno avanzato alcune richieste come la riduzione al 33% della seconda aliquota Irpef (Confcommercio) e il sostegno ai consumi (Confesercenti).
IL TITOLARE DEL MEF ha bisogno di sciogliere i nodi subito per arrivare in Aula il 15 dicembre. La prima sfida è ridurre gli oltre 4.500 emendamenti a 600 segnalati (250 per la maggioranza, 320 per le opposizioni e 30 per il gruppo Misto). «Vorremmo provare a chiudere anche in Senato prima di Natale», ha detto il ministro dei rapporti con il Parlamento Ciriani, ma «gli incastri di calendario – ha ammesso – sono complessi».
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