Manovra, torna il concordato per pagare le mance di destra
Bilancio Il cdm cerca risorse per i 1.261 emendamenti dei suoi. Giorgetti: «Sciopero incomprensibile»
Bilancio Il cdm cerca risorse per i 1.261 emendamenti dei suoi. Giorgetti: «Sciopero incomprensibile»
Il governo Meloni ha urgente bisogno di trovare soldi. La manovra al risparmio disegnata da Giorgetti non è piaciuta a nessuno, nemmeno agli interlocutori privilegiati della destra come Confindustria. E non è utile politicamente: così come adesso, non serve a far crescere il consenso né a placare gli appetiti dei partiti di maggioranza che hanno presentato 1.261 emendamenti in commissione Bilancio alla Camera.
IL CONSIGLIO DEI MINISTRI che si è riunito ieri mattina è servito a puntellare alcune questioni. A partire dal decreto con cui sono stati riaperti i termini del concordato preventivo biennale, scaduto il 31 ottobre scorso. Le partite Iva ora avranno tempo fino al 12 dicembre per aderire al patto che consente di congelare tasse e controlli per i prossimi due anni. Un condono preventivo che Palazzo Chigi chiama «fisco amico». Il primo tentativo non aveva raggiunto la cifra desiderata dal governo, che ambiva a raccogliere almeno 2,5 miliardi di euro per abbassare di circa due punti l’aliquota del secondo scaglione Irpef. Invece hanno aderito 500 mila partite Iva per un gettito da 1,3 miliardi di euro.
UN PROVVEDIMENTO molto atteso da Fi e subito rivendicata dal vicepremier Tajani: «Utilizzeremo le ulteriori risorse che entreranno per far pagare meno tasse alle famiglie italiane». L’esecutivo punta tutto sulla riapertura dei termini anche perché l’esito di molte delle richieste dei partiti di centro destra al Mef dipenderanno da quanto raccolto con il concordato. Durante la riunione di maggioranza sugli emendamenti al decreto fiscale e alla manovra, per fare un esempio, Fi è tornata a chiedere un nuovo taglio dell’Irpef; il partito della premier pretende 500 euro per i corsi extra scolastici dei figli under 14. «È la prova che Meloni e Giorgetti considerano la questione fiscale come una leva per raschiare il barile e racimolare qualche soldo e come una zona franca dove qualcuno può ‘fregare’ lo Stato», il commento del dem Boccia. Mentre per Grimaldi di Avs l’esecutivo «mantiene sempre la parola con gli evasori».
Il concordato bis dovrebbe confluire in un emendamento al decreto fiscale, al momento in discussione in Senato, provvedimento che viaggia in parallelo con la Manovra. Il ministro dell’Economia, ieri a Perugia per una iniziativa elettorale della Lega, ha messo le mani avanti: «A chi ci dice che con la flat tax questo governo avvantaggia i lavoratori autonomi e non i dipendenti, dico no. Noi ci muoviamo per le piccole partite Iva e per i dipendenti fino a un certo ammontare. Abbiamo fatto un intervento significativo per le famiglie con figli, perché senza figli non c’è futuro per questo paese». E poi attacca i sindacati per lo sciopero a suo dire «senza senso»: «Ci siamo impegnati ad abbassare le tasse e questa cosa la stiamo facendo e gli dà fastidio».
PER QUANTO RIGUARDA il capitolo consenso elettorale, il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani ha confermato che il governo sta lavorando per raddoppiare la platea del bonus Natale, l’una tantum di 100 euro che arriverà con la tredicesima. «Abbiamo trovato le risorse per includere, come avevano chiesto anche le opposizioni, chi era rimasto fuori all’inizio, come le famiglie monogenitoriali», ha annunciato Ciriani. Con ciò confermando come i paletti ideologici messi per l’accesso al beneficio (oltre al requisito reddituale prevedeva anche limiti legati alla tipologia del nucleo) avessero ristretto troppo la platea. Anche questo provvedimento dovrebbe essere ancorato al decreto fiscale in discussione in commissione al Senato.
NELLA RIUNIONE, il governo ha anche dato il via libera alla nomina di Salvatore Luongo come nuovo comandante generale dei carabinieri. Luongo, attualmente vicecomandante generale, prenderà il posto di Teo Luzi. Una nomina fortemente sostenuta dal ministro della Difesa Crosetto a dispetto dei dubbi dei suo partito, a partire da Alfredo Mantovano che puntava su un altro nome. Meloni ha preferito evitare lo scontro con il suo ministro temendo conseguenze imprevedibili per il suo governo, dopo le dimissioni di Sangiuliano dal ministero della Cultura e con la posizione precaria di Santanché al Turismo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento