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Così l’Italia trasferirà i migranti soccorsi nei centri in Albania

L'hotspot destinato alle procedure di ingresso dei migranti nel porto di Shengjin, in AlbaniaL'hotspot destinato alle procedure di ingresso dei migranti nel porto di Shengjin, in Albania – Ansa

Le procedure operative del protocollo Una «nave hub» in attesa a sud-ovest di Lampedusa con i mezzi militari a fare la spola. Tre round di selezioni, poi le sbarre. Ma il trattenimento sul mezzo navale privato potrebbe violare l’articolo 13 della Costituzione. Intanto nuova decisione del tribunale di Catania: il Bangladesh non è un paese sicuro

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Una «nave hub» dalla quale i mezzi delle autorità italiane faranno la spola fino alla partenza verso il porto albanese di Shengjin. Lì lo sbarco dei migranti destinati alla detenzione nei centri in Albania, dopo tre round di selezioni. Per capire come dovrebbe funzionare concretamente la delocalizzazione dei richiedenti asilo mancavano due tasselli: quello iniziale, il trasferimento dalle acque internazionali, e quello finale, gli eventuali rimpatri. Oggi possiamo rivelare il primo.

QUALCHE INDISCREZIONE è venuta fuori in un recente articolo di Panorama ma il diavolo, come spesso accade in questi casi, è nei dettagli. Sono contenuti in due delle Standard operating procedures (Sop – Procedure operative standard) preparate dal governo per regolare gli spostamenti navali e i metodi di selezione dei migranti «eleggibili» per i centri. Andrà così: nel piccolo fazzoletto di mare fuori dalle acque territoriali ma dentro la zona di Ricerca e soccorso (Sar) italiana che si trova sotto Lampedusa stazionerà, generalmente a sud-ovest dell’isola, la «nave hub». Un mezzo privato per cui a fine maggio sul sito della polizia di stato è apparsa una «consultazione preliminare di mercato» per il noleggio: il contratto sarebbe stato siglato, ma non si trova tra i documenti ufficiali pubblicati nella pagina.

Dopo che guardia costiera o marina faranno i soccorsi, compresi quelli catalogati sotto l’ambigua definizione di «operazioni di polizia» in mare, personale addetto realizzerà sui loro mezzi una valutazione preliminare delle vulnerabilità evidenti: anziani, minori, donne o persone con gravi problemi di salute andranno a Lampedusa. Insieme a chi dovesse avere in tasca il passaporto, motivo di esclusione dal trattenimento durante l’iter accelerato per l’asilo. Non prima, però, che tutti gli altri siano imbarcati sulla «nave hub». Sarà interessante verificare quali mezzi metterà in campo la guardia costiera: le motovedette, soprattutto nei grandi soccorsi, rischiano di essere poco adatte alle operazioni di screening. Ben più capienti sono invece i pattugliatori d’altura, come la Diciotti o la Gregoretti.

SULLA NAVE PRIVATA le persone «eleggibili» per l’Albania riceveranno assistenza sanitaria e saranno sottoposte a una nuova selezione per identificare le nazionalità. Solo i richiedenti asilo dei «paesi sicuri», ovvero i 22 Stati elencati nel decreto del ministero degli Esteri, possono entrare nelle procedure accelerate di frontiera previste oltre Adriatico.

A bordo ci sarà quindi una pre-identificazione, guidata da un ufficiale di polizia, con la rilevazione dei dati anagrafici e biometrici. Chi non è originario di un paese sicuro sarà portato in Italia «senza ritardi», per gli altri inizierà la navigazione verso Shengjin. Allo sbarco è previsto un nuovo round sanitario e informativo, con la formalizzazione della richiesta d’asilo attraverso il modulo C3 e l’inserimento nel database nazionale Vestanet. Emergessero nuove vulnerabilità, quelle persone sarebbero reimbarcate sulla nave hub che attenderà in rada fino a 12 ore.

CHI RESTA A TERRA va a Gjader: nel centro di trattenimento se ha chiesto asilo, verosimilmente la maggioranza delle persone, o nel Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr), in caso contrario. Da capire in quale passaggio sarà accertato se qualcuno ha violato il divieto di reingresso sul territorio nazionale per un precedente decreto di espulsione, reato che prevede da uno a quattro anni. Dovesse avvenire al di là del mare potrebbero aprirsi le porte del piccolo penitenziario, terza struttura realizzata nell’ex base militare di Gjader. Sulla nave hub e nell’hotspot sarà sicuramente presente l’Unhcr, è probabile ci sia anche l’Oim. Il Viminale è in trattativa.

Le tempistiche della permanenza a bordo del mezzo usato per il trasferimento non sono definite chiaramente e potrebbero essere oggetto di contenzioso. «Il trattenimento che verrà consumato nella nave hub probabilmente si protrarrà per più giorni, tra organizzazione logistica dei soccorsi e trasferimento in Albania – spiega l’avvocato Salvatore Fachile – In ogni caso andrà considerato a tutti gli effetti una privazione della libertà personale, secondo l’orientamento costante della Corte costituzionale, da ultimo ribadito con una sentenza del 2022». Significa che entro 48 ore serve la convalida dell’autorità giudiziaria, come prevede la Costituzione, pena l’illegittimità.

UN ULTERIORE OSTACOLO giuridico sulla strada dell’Albania, oltre alle decisioni dei tribunali di Palermo e Catania. Quest’ultimo ieri non ha convalidato il trattenimento di un cittadino del Bangladesh. Dopo le analoghe sentenze su Egitto e Tunisia, i giudici etnei hanno nuovamente disapplicato il «decreto paesi sicuri»: neanche il paese asiatico può essere considerato tale ai sensi della legge. Lo dimostrano le stesse informazioni fornite dal ministero degli Esteri italiano.

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