Bruxelles vuole l’Ucraina nell’Ue, ma c’è Orbán dietro l’angolo
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Bruxelles vuole l’Ucraina nell’Ue, ma c’è Orbán dietro l’angolo

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranismi dell'est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato 5 mesi faEdizione del 1 giugno 2024

L’Ue è in ansia: gran parte degli stati membri intende avviare i negoziati per l’adesione di Ucraina e Moldavia entro il 30 giugno prossimo, e a Bruxelles c’è fretta di predisporre i preparativi per non perdere l’appuntamento. La fretta è dovuta al fatto che dall’altra c’è il governo Orbán il quale risulta essere un ostacolo alle iniziative che vengono adottate a favore di Kiev.

Insomma, il sistema di potere concepito e guidato da Viktor Orbán è da tempo una spina nel fianco dell’Ue e il premier danubiano è ormai percepito come il più fedele alleato europeo di Putin. In pratica Bruxelles lamenta che, da quando è iniziata la guerra, ogni nuova sanzione alla Russia e ogni iniziativa in termini di sostegno militare ed economico all’Ucraina si sono dovuti scontrare con i veti ungheresi.

L’ultimo episodio, menzionato da Europa Today dello scorso 29 maggio, è relativo al blocco ai finanziamenti da 6,5 miliardi di euro che l’Ue ha promesso a Kiev. Questo nuovo veto avrebbe irritato considerevolmente la maggior parte dei governi dell’Unione. Secondo il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis, citato sempre da Europa Today, il 41% delle decisioni congiunte dell’Ue, riguardanti l’Ucraina, è stato bloccato da Budapest.

Questo scenario desta molta preoccupazione all’interno dell’Ue per i progetti riguardanti il futuro e per il rapporto con Kiev. Di conseguenza c’è apprensione a Bruxelles al pensiero che tra luglio e dicembre l’Ungheria avrà la presidenza di turno del Consiglio degli Stati membri. Più precisamente, il timore è dovuto al fatto che in quella veste Orbán avrà maggiori opportunità di ostacolare i processi concepiti da Bruxelles a favore dell’Ucraina (compresi i negoziati di adesione) e contro la Russia.

Ecco il motivo della fretta di dar luogo ai negoziati di cui sopra e di superare l’opposizione ungherese e probabilmente anche quella slovacca, viste le convergenze tra Bratislava e Budapest. Il problema non è solo politico, anche perché per lo svolgimento del processo di adesione è necessario che l’Ucraina realizzi diverse riforme; tra esse vi è quella riguardante la tutela delle minoranze nazionali e linguistiche cui Orbán tiene molto; tanto più che il paese in guerra è sede di una minoranza ungherese che da tempo è motivo di contrasti fra il governo di Kiev e quello ungherese del Fidesz.

Insomma, diversi stati membri vorrebbero avviare i negoziati prima della fine di giugno ma su questo a Bruxelles non c’è troppo ottimismo, e lo scenario è complesso.

Orbán, si diceva, è una spina nel fianco dell’Ue, lo era prima dello scoppio della guerra, continua ad esserlo e a seguire una linea che confligge con quella dell’Unione sul versante ucraino, a oltre due anni dall’inizio del conflitto. Un conflitto che ha dimostrato di non avere negoziatori e di non trovare chi, ai vertici Ue, voglia veramente far cessare la voce delle armi. Di recente il primo ministro ungherese ha dichiarato che a Bruxelles sono in corso i preparativi per l’entrata in guerra dell’Europa.

Citato dall’agenzia di stampa ungherese Mti, Orbán avrebbe precisato che a Bruxelles vi sono dei gruppi di lavoro che stanno operando per far sì che la Nato possa partecipare alla guerra russo-ucraina. In un video pubblicato sul sito del quotidiano conservatore Magyar Nemzet, che afferma la sua vicinanza al governo Orbán, Tamás Menczer, responsabile della comunicazione del Fidesz-Kdnp, ha affermato, tra le altre cose, che “questa non è la nostra guerra”, e ha espresso l’auspicio che “il 9 giugno venga presa la decisione giusta”. Purtroppo, però, come insegnano Ucraina e Gaza, la pace, tra Bruxelles e Washington, non ha molti promotori e sostenitori. Purtroppo!

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