Russiagate volume due: Europa edition. A meno di dieci giorni dall’appuntamento elettorale per il rinnovo dell’Europarlamento, monta la paura di ingerenze putiniane nella politica europea. Accade proprio quando Bruxelles, che già ha attivato le contromosse sulla disinformazione del Cremlino, discute di limiti – sempre di meno – e possibilità – in misura crescente – della risposta armata antirussa nella guerra di Ucraina.

QUESTO IL QUADRO in cui la procura federale belga ieri mattina ha ordinato una spettacolare perquisizione, portata avanti dalla polizia giudiziaria, negli uffici parlamentari dell’eurodeputato olandese di estrema destra Marcel De Graaf. La lunga operazione di polizia, con tanto di apposizione di sigilli e modifica dei codici d’accesso della porta d’ingresso, è stata portata avanti sia nella sede di Bruxelles che in quella francese di Strasburgo (che dell’Eurocamera è sede ufficiale, e dove gli eletti hanno un secondo ufficio che utilizzano nei giorni di sessione plenaria, ovvero circa una settimana al mese).

Nel mirino dell’inchiesta, l’assistente di De Graaf all’Europarlamento, Guillaume Pradoura, di cui la procura federale fa sapere di aver perquisito anche l’abitazione nel quartiere bruxellese di Schaerbeeck. Pradoura sarebbe secondo l’accusa legato al portale d’informazione filo-russo Voice of Europe, tramite il quale sarebbero arrivati finanziamenti da parte del Cremlino. Le perquisizioni rientrano nei casi di sospetta ingerenza russa all’interno delle istituzioni europee emersi già a fine marzo e a proposito dei quali il premier belga Alexander de Croo ha affermato che Mosca ha assoldato «alcuni eurodeputati» con lo scopo di «diffondere la sua propaganda».

«NON SONO COINVOLTO in operazioni russe», si difende De Graaff dal social X, spiegando che il ministro degli Interni dell’Aja Hugo De Jonge «ha confermato alla Camera dei rappresentanti che nessun deputato olandese è toccato dal Russiagate». L’eurodeputato, eletto nel Pvv del leader populista e xenofobo Geert Wilders, è unico esponente all’Eurocamera del Forum voor Democratie, partito fondato otto anni fa da Thierry Baudet, teorico dell’estrema destra cospirazionista e parlamentare nazionale. Poi De Graaf preferisce dare una cifra politica all’azione della procura, liquidandola come mossa contro Alternativa per la Germania (AfD). «Temono un suo buon risultato elettorale».

E a proposito di AfD, un altro che ci tiene a precisare è proprio l’eurodeputato Maximilian Krah, quando afferma (sempre via social) come le perquisizioni non riguardino i suoi uffici. A chiamarlo implicitamente in causa, la figura di Pradoura, già coinvolto nel precedente caso di una presunta spia russa arrestata in Polonia, che Krah ricorda essere ormai da tempo suo «ex dipendente». Il leader del partito tedesco era finito per primo nel registro degli indagati lo scorso 7 aprile, dopo che la polizia belga aveva perquisito i suoi uffici parlamentari a Bruxelles. Proprio come nel caso De Graaf, l’accusa era rivolta innanzitutto contro il suo assistente parlamentare Jan Guo, presunto informatore al soldo di Pechino. Ma soprattutto Krah è rimasto implicato nello scandalo Voice of Europe, che avrebbe fornito sostegno finanziario ai candidati filorussi, tra cui lui stesso.

I CASI DEI DUE POLITICI presentano dunque più di un parallelismo. Il motivo è l’origine comune dell’inchiesta in corso. A marzo le autorità della Repubblica Ceca, dove la piattaforma ha sede, hanno prima sanzionato e poi bloccato il sito, seguiti dagli altri paesi Ue. I servizi di intelligence di Praga hanno reso noto già allora come l’influenza russa si estendeva potenzialmente a politici di diversi paesi europei, come Francia, Polonia, Belgio, Ungheria ma anche Germania e Paesi Bassi.

Non è escluso che l’inchiesta Russiagate Ue possa rivelare altri coinvolgimenti eccellenti. Più di tutto, comunque, conta la cifra politica: è evidente come servizi di intelligence e magistratura cooperino per combattere una guerra contro le ingerenze russe, al momento individuate in esponenti delle estreme destre europee.