Lavoro

5,6 milioni di poveri: il «reddito di cittadinanza» ne raggiunge meno della metà

5,6 milioni di poveri: il «reddito di cittadinanza» ne raggiunge meno della metàMilano, in fila a "Pane Quotidiano" – Ap

La denuncia Caritas, il rapporto 2022 evidenzia le ingiustizie di una misura che rischia di essere ridimensionata dal governo Meloni. Ecco com'è stato costruito un vulnus gravissimo dei diritti fondamentali, mentre con la nuova crisi cresce l’allarme per inflazione, il caro bollette, i bassi salari, il lavoro povero e precario

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 18 ottobre 2022

Il «reddito di cittadinanza» esclude i «poveri assoluti» e non è uno strumento che serve per liberare dalla povertà. Il «Rapporto 2022» della Caritas intitolato «L’anello debole», presentato ieri in occasione della «Giornata internazionale di lotta alla povertà», ha colto il problema politico del sussidio di ultima istanza in vigore in Italia dal 2019 e battezzato impropriamente «reddito di cittadinanza». Da quando è stata introdotta questa misura è stata percepita da un totale di 4,7 milioni di persone e tuttavia, per com’è stata disegnata, ha raggiunto meno della metà dei «poveri assoluti»: il 44%.

SONO diversi i modi in cui la legge concepita dai Cinque Stelle e dalla Lega nel governo «Conte 1» escludono più della metà dei poveri assoluti in Italia. C’è la misura razzista dei 10 anni di residenza che esclude i cittadini extracomunitari, i più poveri tra i poveri. Il «reddito di cittadinanza» è percepito nell’89% dei casi da cittadini comunitari, ma l’incidenza della povertà assoluta fra gli stranieri è quattro volte superiore rispetto a quella degli italiani. In secondo luogo c’è un mix di «paletti» fiscali troppo bassi e comunque cervellotici. Sono stati concepiti per escludere i casi di redditi anche di poco superiori alla soglia di accesso, puniscono chi realizza guadagni minimi e non aiutano chi è in difficoltà al momento. C’è poi la «scala di equivalenza» errata che riconosce il «reddito» di più ai nuclei familiari composti da una sola persona. Purtroppo la povertà assoluta è più strutturata tra le famiglie con un elevato numero di componenti. Inoltre le regole e gli importi sono unici in tutto il paese, mentre le soglie di povertà usate dall’Istat per stimare il numero dei poveri sono maggiori al Nord perché riflettono il maggiore livello medio dei prezzi. Quest’ultima situazione non può che peggiorare con l’attuale crisi del caro-bollette e dell’inflazione alle stelle (+8,9%, il carrello della spesa sfiora il più 11%). La povertà sembra destinata ad aumentare ancora di più.

A DISPETTO della propaganda populista fatta da più di un anno su una stima dell’Istat, quella per cui il «reddito di cittadinanza» avrebbe evitato l’aumento di un milione di poveri durante la pandemia, il rapporto della Caritas evidenzia la realtà statistica: nel 2021 la povertà assoluta è tornata ai livelli del 2019, cioè 5 milioni 571 mila persone, di cui 1,2 milioni minori. La povertà in Italia è triplicata dal 2007, quando emerse la crisi sociale collegata a quella dei debiti sovrani. Mentre le crisi capitalistiche si concatenano, continuano a mancare gli strumenti di contrasto e di emancipazione dalla povertà. Questo è il problema che si tende a rimuovere anche in Italia.

QUESTO non vuol dire che il «reddito» sia erogato a persone che non ne hanno diritto. Chi lo riceve risponde ai requisiti previsti. Ma la platea dei potenziali beneficiari è molto più ampia e si estende a persone in «povertà relativa». La Caritas sostiene che i poveri assoluti dovrebbero essere tutelati. Ma se anche fosse così non sarebbe sufficiente perché la povertà aumenta tra chi lavora precariamente. Per loro, sostiene la Caritas, ci sarebbero altre misure di Welfare. Vista la relativa ristrettezza delle risorse sarebbe dunque meglio concentrarsi sugli indigenti. Considerate le diseguaglianze del Welfare «arlecchino» italiano è lecito dubitare di una simile prospettiva.Per loro, sostiene la Caritas, ci sarebbero altre misure di Welfare. Vista la relativa ristrettezza delle risorse sarebbe meglio concentrarsi sugli indigenti. Considerata l’inefficienza e le diseguaglianze del Welfare «arlecchino» italiano è lecito dubitare di una simile prospettiva. In entrambi i casi servirebbe comunque una forza politica trasformativa capace di cambiare questa situazione. Ma in Italia non esiste, com’è stato evidente nel caso del governo «Conte 2» per non parlare di quello di Draghi. Servirebbe un reddito minimo di base rivolto a una platea potenziale di almeno 15 milioni di persone in uno Stato sociale ripensato in maniera radicale.

UN’ALTRA tragedia potrebbe arrivare con il governo dell’estrema destra postfascista che sembra volere ridimensionare il «reddito» o, comunque, rafforzare le tecniche escludenti del Workfare pensate dai pentaleghisti nel 2019. Un vulnus gravissimo dei diritti fondamentali che costituisce un precedente. Il governo Meloni potrebbe usarlo per rafforzare quello che gli studiosi della materia hanno definito «regime della povertà» in termini più punitivi ed escludenti di quello attuale. Il rapporto Caritas è già un promemoria per il futuro.

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