Lavoro

La destra asociale contro il «reddito di cittadinanza»

Salvini, Berlusconi, Meloni e Lupi alla chiusura della campagna elettorale a Roma, foto Valerio Ferraro /Getty ImagesMeloni, Salvini,Berlusconi,Lupi – Getty Images

Il caso I nuovi dati dell'Inps sul reddito di cittadinanza permettono di ragionare sugli effetti concreti degli annunci di Giorgia Meloni. Il prossimo governo potrebbe riconoscere il sussidio solo a over 60 privi di reddito, invalidi, famiglie con minori. Sarà tolto a chi ha tra i 18 e i 59 anni ed è in grado di lavorare. Più della metà degli attuai 2,3 milioni di beneficiari. E i fondi saranno indirizzati alle imprese

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 28 settembre 2022

I dati di agosto sul «reddito di cittadinanza» resi noti ieri dall’Inps sono utili per ragionare sulle conseguenze degli annunci fatti dall’estrema destra postfascista di Giorgia Meloni a proposito di un possibile taglio e di una drastica rimodulazione di questa misura. Una volta al governo, tra poco più di un mese, Meloni ha sostenuto di volere riconoscere il «reddito di cittadinanza» solo agli over 60 privi di reddito, agli invalidi, alle famiglie senza reddito che hanno figli minori a carico. Allo stesso tempo il «reddito» dovrebbe essere tolto a coloro che hanno tra i 18 e i 59 anni e sono in grado di lavorare, cioè la metà degli attuali percettori. Intento tutto da dimostrare dato che, sostiene sempre l’Inps, i «teoricamente occupabili» censiti dal sistema di Workfare approntato dal primo governo Conte (Lega+Cinque Stelle) sono poco meno del 60 per cento.

DALLA FURIOSA battaglia ideologica dell’estrema destra si desume comunque la possibilità per cui una buona metà delle attuali 2,38 milioni persone perderà il sussidio (580 euro medi), dunque almeno un milione di persone. Queste persone vivono in 1,06 milioni di famiglie che percepiscono il «reddito di cittadinanza», mentre 119 mila sono assegnatarie della «pensione di cittadinanza», ovvero 134 mila persone. Non sappiamo, al momento, se queste ultime saranno risparmiate dal taglio delle risorse progettato da chi, come Meloni, ha definito questo malconcepito sistema nei termini di «metadone di Stato». Il totale dei percettori del «reddito», va ricordato, è soggetto a notevoli variazioni. Per esempio è diminuito rispetto ai primi tre mesi del 2022. Allora c’erano 1.473.045 nuclei percettori di almeno una mensilità di sussidio, cioè 3.267.007 di persone. In otto mesi le revoche hanno riguardato oltre 42mila nuclei e le decadenze sono state 221mila, ha confermato l’Inps. Ciò avviene a causa dei «paletti» fiscali e patrimoniali imposti ai «poveri assoluti» che rendono il «reddito» tutt’altro che una misura sociale garantista.

FINO AD AGOSTO 2022, ha aggiunto l’Inps, sono stati stanziati 5,37 miliardi di euro per il «reddito», 649,7 milioni di euro per la «pensione di cittadinanza». Qualcuno, tra i Fratelli d’Italia, ha sostenuto nel corso della campagna elettorale questa tesi: se sottratte al «reddito», le risorse sarebbero dirottate parzialmente verso le imprese sotto la forma di incentivo alle assunzioni, una delle politiche usate dalle destre e dalle sinistre neoliberali per garantire l’assistenzialismo di Stato agli imprenditori. Giuseppe Conte ha rivendicato che il suo primo governo ha ugualmente pensato di premiare le imprese che assumono i «percettori». Se lo avessero fatto entro i 18 mesi della durata della misura, in linea teorica, avrebbero incassato anche i mesi restanti del sussidio. La norma non ha avuto seguito. L’odio delle destre per il Welfare spezzerà l’ambiguità tra la politica sociale e quella di mercato stabilita dai Cinque Stelle e dirottare le risorse pubbliche verso il privato. Due versioni opposte dello stesso paradigma.

MELONI & CO. rischiano di colpire anche una parte di quasi 368 mila minori presenti nelle famiglie che percepiscono un «reddito» medio mensile di 679 euro. Si tratterà di vedere se, in questi nuclei, c’è qualcuno che lavora. Se così fosse, il sussidio sarebbe tagliato. Il 20% dei percettori infatti conduce un’attività lavorativa ma non guadagna abbastanza per garantirsi un reddito decoroso. Tra questi il 60 per cento ha un contratto a tempo determinato, e molte sono le donne che vivono così.

NON È NEMMENO escluso che Meloni non riuscirà a rimediare a un altro pasticcio creato dai Cinque Stelle, e mai corretto dai governi ai quali hanno partecipato: la «scala di equivalenza». L’Inps conferma che il 46,8% delle famiglie (553.380 su 1.182.308) ha un solo componente, cioè è single. Quelle più numerose, dunque più bisognose, sono penalizzate. Una famiglia di 5 componenti deve dividersi 733 euro medi, al single ne vanno 453 medi. Cortocircuiti delle politiche di Workfare presentate come misure giuste per i poveri.

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