«La Russia sta ora cercando una breve tregua, una tregua per recuperare le forze», ha detto ieri il presidente Zelensky nel videomessaggio preregistrato andato in onda al «Forum sulla sicurezza internazionale» di Halifax.

Ormai è evidente che l’eventualità di un «cessate il fuoco» nel breve termine non è più così remota come qualche settimana fa, tuttavia Kiev non si fida. Difficile biasimarla, del resto.

Per il leader ucraino una «pace onesta», si potrà ottenere solo con il «completo smantellamento dell’aggressione russa» e non con «compromessi immorali che porteranno solo altro sangue». Molto probabilmente il pensiero del presidente negli ultimi giorni è costantemente rivolto alle spinte (mediatiche e, probabilmente, pratiche) dell’amministrazione Usa a mostrarsi aperto alla pace. E con la stessa probabilità la consegna che ha diramato a tutti i suoi collaboratori più stretti è quella di invalidare tale possibilità.

SEMPRE NEL CORSO DEL FORUM di Halifax, il capo del gabinetto presidenziale, Andriy Yermak, ha chiarito che Kiev non è stata ancora contattata ufficialmente dalla controparte ma che «la Russia dovrebbe in ogni caso ritirare tutte le sue truppe perché i colloqui abbiamo luogo».

Per chi non avesse recepito il messaggio, inoltre, Yermak ha ribadito che l’Ucraina non considera «accettabile» alcuna proposta di negoziato che non parta dal riconoscimento dell’integrità territoriale e della piena sovranità del governo di Kiev.

Tuttavia a Mosca non sembrano aver alcuna intenzione di smobilitare le proprie truppe in Ucraina. Sappiamo, grazie alle immagini satellitari, che i russi stanno costruendo fortificazioni e trincee nelle retrovie del fronte sud e nell’est.

La controffensiva ucraina di settembre ha lasciato segni tangibili anche in questo. Sembra, infatti, che lo stato maggiore di Mosca non abbia più intenzione di farsi prendere alla sprovvista e di evitare nuove ritirate come quelle del Donetsk e di Kherson ovest.

LA MOBILITAZIONE però ha dei costi, stando ai dati pubblicati dall’intelligence britannica «il 16 novembre 2022 la Russia ha condotto la sua più grande emissione di debito mai realizzata in un solo giorno, raccogliendo l’equivalente di 13,6 miliardi di dollari». «La spesa dichiarata dalla Russia per la ‘difesa nazionale’» si legge nel rapporto britannico pubblicato quasi quotidianamente su Twitter, «per il 2023 è prevista per circa 5 miliardi di miliardi di rubli (84 miliardi di dollari), un aumento di oltre il 40% rispetto al bilancio preliminare per il 2023 annunciato nel 2021».

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Contemporaneamente, gli attacchi missilistici alle città ucraine non accennano a fermarsi e la preoccupazione degli amministratori locali sale ogni giorno di più.

Ieri, ad esempio, il capo della «Dtek», la più grande azienda privata di energia del Paese, ha invitato gli ucraini a «considerare di lasciare l’Ucraina durante l’inverno per risparmiare energia».

Si stima che la Dtek abbia subito danni per oltre 40 milioni di euro e potrebbe già essere a corto di attrezzature per le riparazioni, secondo le parole del suo amministratore delegato, Maksym Tymchenko. Il quale ha anche ribadito che la riduzione dei consumi domestici aiuterà a garantire l’approvvigionamento di strutture fondamentali, come gli ospedali che ospitano i soldati feriti.

Aiuti umanitari nel Donetsk, foto Ap
Aiuti umanitari nel Donetsk, foto Ap

STANDO AGLI ULTIMI DATI resi noti nelle ultime ore, in tutta l’Ucraina al momento potrebbero esserci fino a 10 milioni di persone al buio. E la situazione non accenna a migliorare, soprattutto dopo gli ultimi attacchi.

Tuttavia, proprio per questo l’Ucraina ha sempre più bisogno del sostegno straniero, sia economico sia strategico. Ieri il neopremier britannico Rishi Sunak ha incontrato a Kiev Zelensky annunciando un nuovo pacchetto di aiuti per la difesa militare. Si tratterebbe di oltre 50 milioni di sterline in sistemi antiaerei e apparecchiature per contrastare le armi aere (droni, caccia e missili) di Mosca.

Ieri è anche arrivato il primo treno da Kiev a Kherson dall’inizio della guerra. Il viaggio, pubblicizzato con ampia copertura mediatica, è volto a dare un segnale chiaro ai nemici rispetto alla velocità con la quale Kherson si sta ricollegando alle infrastrutture controllate dagli ucraini, soprattutto in vista del trasporto di mezzi e uomini sulla nuova linea del fronte meridionale.