Von der Leyen e il puzzle Commissione. Le vicepresidenze potrebbero aiutare
Politica Fitto indicato dal Consiglio dei ministri. Una volta ricevute le deleghe, per i commissari ci sarà l’esame da parte degli eurodeputati
Politica Fitto indicato dal Consiglio dei ministri. Una volta ricevute le deleghe, per i commissari ci sarà l’esame da parte degli eurodeputati
La nomina di Raffaele Fitto a commissario europeo alla fine è arrivata. E alla fine vuol dire proprio: all’ultimo minuto, dato che il termine fissato da Ursula von der Leyen scadeva il 30 agosto e Palazzo Chigi ha formalizzato il nome dell’ex governatore della Puglia solo ieri pomeriggio. All’ultimo era arrivata anche la decisione – o almeno la comunicazione – del voto contrario all’Ursula bis da parte della delegazione FdI all’Eurocamera, quindi dev’essere proprio un’abitudine cara a Meloni, almeno negli affari europei.
Sarà per il no di fine giugno in Consiglio europeo è stata ormai cancellata e che anche su questa base il governo italiano ha fiducia di ottenere un ruolo di peso all’interno della nuova commissione europea, come non perdere occasione di ripetere. Ma è vero anche che Meloni ha scelto l’ultimo scampolo temporale disponibile, preceduta da tutte le altre capitali e battuta soltanto dal Belgio, che almeno ha la scusa di essere senza governo in carica.
Formalizzata la nomina, la palla passa adesso interamente nelle mani di von der Leyen. A partire dalla settimana prossima la presidente della Commissione, già tornata da alcuni giorni a lavoro a palazzo Berlaymont, si troverà sul tavolo tutti i 26 nomi indicati dalle capitali (il 27esimo è naturalmente il suo, scelto da Berlino). E a partire da qui dovrà distribuire i portafogli, ovvero completare un puzzle di difficile composizione. La cui soluzione sarà annunciata entro la metà di settembre.
Insieme alla nomina, ogni governo dà anche indicazione su quale casella vorrebbe riempire. Lo fa informalmente, perché quella di inviare lettere con il mandato assegnato per ciascun candidato è un compito che spetta esclusivamente alla presidente.
I ruoli più ambiti sono evidentemente quelli che possono gestire importanti capitoli di spesa. Qualche indicazione chiara c’è già. La socialista spagnola Teresa Ribeira sembra avviata verso l’Ambiente, anche se la delega al Green deal sarà oggetto di contesa. Per il francese Thierry Breton – attuale commissario all’Industria – Parigi non fa mistero di essere interessato a una competenza in materia di difesa europea, che è anche uno dei capitoli fondamentali del prossimo ciclo Ue. E von der Leyen ha appena confermato che un commissario alla difesa nel suo prossimo esecutivo ci sarà.
Più affollate invece le deleghe europee sulle quali Roma ha lasciato intendere di voler mettere il cappello: Bilancio e Coesione. Sulla prima, Fitto dovrà vedersela con il polacco Petr Serafin, che dalla sua ha il presidente Donald Tusk, popolare e alleato chiave di von der Leyen nel Ppe. Quanto alla Coesione, che da sola vale circa un terzo del bilancio europeo, il neocommissario che in questi anni ha gestito i fondi di coesione per l’Italia si troverà di fronte candidati agguerriti. Ad esempio, il designato greco Apostolos Tzitzikostas, già alla guida del Comitato delle Regioni ed espressione del governo Mitsotakis, sicuro sponsor del secondo mandato von der Leyen.
Insomma, la strada per i desiderata di Meloni su Fitto è tutt’altro che spianata. E anche se è noto come von der Leyen decida sempre in solitaria con un ristretto gruppo di collaboratori, lasciando di rado trapelare informazioni, è plausibile che il rebus si potrà comporre con l’aiuto di un po’ di creatività al servizio della necessità politica di non scontentare nessuno dei pretendenti ai ruoli di vertice.
«Una carta da giocare è quella delle vicepresidenze», assicurano da Bruxelles. Quelle cosiddette «esecutive» rappresentano anche il ruolo più ambito, nel mirino proprio di Roma ma anche certamente di Parigi. «Si tratta di cariche che il Berlaymont può creare a suo piacimento», si ragiona ancora nella capitale europea. «E hanno soprattutto un valore politico: in questo senso pesano molto di più di una delega in un ambito specifico». La soluzione, ad esempio, potrebbe essere quella di assegnare una delega a un commissario, affiancandone poi un altro in ottica di supervisione. È lo schema a tre livelli (presidenza, vicepresidenze, commissari) messo in campo già con il passato esecutivo.
Solo quando sarà risolto il puzzle delle deleghe si aprirà la fase dell’esame dei singoli commissari da parte delle commissioni parlamentari competenti sul portafoglio assegnato. La visita del
leader Ppe Weber a Palazzo Chigi mercoledì scorso guardava già a quella prova. Lo scopo: blindare Fitto rispetto alle insidie che potrebbero arrivare dal versante sinistro della maggioranza Ursula bis.
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