Con gli interessi economici che ci sono in campo, la visita di Mario Draghi, primo presidente del consiglio italiano a venire in Israele da sette anni a questa parte, è finita un po’ ai margini. Non che i dirigenti israeliani abbiano snobbato il leader del paese dell’Europa occidentale che, più di ogni altro, mantiene rapporti di alleanza stretta con lo Stato ebraico. Al contrario, Draghi è stato accolto con grandi onori. Solo che, usando metafore calcistiche, il presidente del consiglio nella partita di ieri ha svolto il ruolo del centrocampista alle spalle della centravanti, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, nei colloqui che i due, in tempi diversi, hanno avuto ieri e avranno oggi con i leader israeliani.

Riflettori puntati sul Von der Leyen impegnata a trovare le strade per limitare la dipendenza dell’Ue dalle forniture di gas russo (40% del totale). E Israele, che negli ultimi anni si è trasformato da importatore di gas naturale in esportatore a causa di importanti scoperte offshore, è diventato davvero importante. Von der Leyen che ieri ha incontrato il ministro degli esteri Yair Lapid o oggi vedrà il premier Bennett, vuole capire se Tel Aviv può davvero aiutare l’Europa a cessare le importazioni di gas russo entro il 2027. Le trattative vanno avanti già da diverse settimane e con in ballo un affare da diversi miliardi di dollari, la ministra dell’energia Karine Elharrar e altri funzionari israeliani si affannano a promettere che i giacimenti sottomarini Leviatano e Tamar – con riserve stimate in quasi mille miliardi metri cubi di gas – daranno una mano all’Europa. Facile a dirsi.

La realtà è ben più complessa. Portare il gas israeliano in Europa richiede investimenti infrastrutturali importanti e a lungo termine. Una strada che piace a Ursula Von der Leyen è un gasdotto che passi per l’Egitto dove il gas potrebbe essere liquefatto per trasportato via nave. Un altro scenario è la costruzione di un gasdotto che entri in Turchia. Erdogan ne sarebbe felice – anche per questo si è riavvicinato a Israele di recente – ma gli israeliani esitano a coinvolgerlo e gli europei farebbero volentieri a meno del suo contributo. Senza dimenticare che questo progetto richiederebbe 1,5 miliardi di dollari e due o tre anni per essere completato. Quindi c’è l’EastMed, un gasdotto sul fondo del mare che potrebbe collegare Israele con Cipro e la Grecia. Ma i costi sono proibitivi e la fattibilità è dubbia. A complicare tutto ci sono i rischi di una guerra nel Mediterraneo orientale a causa proprio del gas. In questi giorni si è riacceso lo scontro sui confini marittimi (non ancora definiti) tra Israele e Libano dove è situato il giacimento di Karish, vera e propria manna, se sfruttato, per le casse vuote del paese dei cedri.

L’Airbus A319 con a bordo Draghi è atterrato ieri nel pomeriggio a Tel Aviv. Nell’agenda della visita oltre al gas naturale ci sono gli interessi comuni militari, di intelligence e di geopolitica e anche il dossier nucleare iraniano, gli Accordi di Abramo. Dopo il colloquio con il presidente israeliano Herzog, Draghi ieri ha visitato il Tempio, il Museo di arte Umberto Nahon e la Sinagoga italiana. Poi avuto colloqui con i rappresentanti la Comunità ebraica italiana e in serata Draghi ha incontrato il ministro degli esteri Yair Lapid. Oggi il presidente del consiglio visiterà il memoriale dell’Olocausto Yad Vashem, quindi, sarà ricevuto dal capo del governo Naftali Bennett. Nel primo pomeriggio, Draghi andrà a Ramallah dove incontrerà il suo omologo Mohammad Shtayyeh, con il quale presenzierà alla firma di intese bilaterali tra Italia e Palestina.