Fissi nelle proprie posizioni, tenute come una trincea anche nella conferenza stampa congiunta precedente alla cena ufficiale. Da una parte il cancelliere Olaf Scholz, in giacca e cravatta nera, deciso a difendere a spada tratta «il diritto all’esistenza di Israele che per la Germania è inconfutabile» ammettendo la distanza incolmabile con l’ospite turco. «Non è un segreto: abbiamo opinioni diverse, a volte opposte». Dall’altra il Sultano di Ankara pronto a denunciare a gran voce come «a Gaza è stato tutto raso al suolo nel silenzio generale. E non si può certo paragonare la potenza di fuoco israeliana a quella di Hamas».

È GELO TOTALE fra i due amici-nemici destinati a (mal) sopportarsi in nome della ragion di Stato, che non sono solo l’esistenza di Israele per la Germania o la guida politica dell’Islam sunnita per la Turchia, ma i miliardi di euro del colossale scambio politico-commerciale in piedi tra i due Paesi dai tempi dei gastarbeiter. Rigido come il ghiaccio anche il protocollo diplomatico, ieri a Berlino ridotto ai minimi termini, nonostante ovviamente l’Airbus 300 bianco e rosso dell’aeronautica turca con a bordo Erdogan sia stato accolto al terminal Vip dell’aeroporto Willy Brandt con il tappeto rosso e tutti gli onori militari.

Il cancelliere Scholz e il presidente Erdogan si sono ritrovati faccia a faccia tutt’altro che amichevolmente, obbligati dalla visita ufficiale fissata in tempi non sospetti prima del 7 ottobre, quando fra Germania e Turchia correva il buon sangue di sempre.

L’epoca della visita di Scholz ad Ankara (la capitale extra Ue che il leader Spd decise di visitare per prima dopo la sua elezione) sembra lontana anni-luce, così come l’ultimo viaggio di Erdogan a Berlino nel 2020 per partecipare alla conferenza sulla Libia da protagonista. E non scappa mezzo sorriso neppure al presidente federale Frank-Walter Steinmeier, il primo ad accogliere Erdogan al Castello di Bellevue per la cerimonia della firma del registro degli ospiti, durata appena cinque minuti comprese le foto di rito.

Ciò nonostante, al di là delle posture mediatiche e lontano dai riflettori si sono pure spalancati i capitoli del voluminoso dossier turco-tedesco, con gli sherpa impegnati ad accordarsi almeno sui primi due punti nevralgici per non far crollare ulteriormente la relazione bilaterale ai minimi storici.

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IN BUONA SOSTANZA Scholz ha chiesto a Erdogan di non soffiare sul fuoco della questione palestinese che sta a cuore ai 2,9 milioni di tedeschi di origine turca di cui ben 1,5 in possesso del passaporto con la mezzaluna. Gran parte di loro alle ultime elezioni ha votato esattamente per il sultano nonostante il veto di Berlino alla campagna elettorale diretta. Senza contare le centinaia di moschee e centri culturali in Germania di fatto controllati dai mullah nominati ad Ankara.

Il presidente turco di contro pretenderebbe che Scholz mettesse in riga le sue rappresentanze diplomatiche che per il ministero degli esteri di Ankara (ma anche per gli imprenditori tedeschi) rallentano la concessione dei visti, fondamentali per il business fra i due Paesi. Oltre, come al solito, a manifestare il bisogno di reprimere i curdi anche nella Bundesrepublik: ieri hanno manifestato in massa a Berlino contro la sua visita, oggi sotto la Porta di Brandeburgo è fissata la manifestazione per rimuovere il divieto di legge al Pkk in Germania, prova di quanto scotti il tema per la Turchia.

Mentre gli esperti bellici hanno discusso di armi. «Abbiamo affrontato la questione militare» ammette Erdogan in riferimento ai caccia Eurofighter in cima alla lista dei desideri dell’aeronautica turca. Due giorni fa il ministro della difesa, Yasar Güler, aveva confermato la volontà di acquistare 40 esemplari del jet da combattimento prodotto da Airbus per sostituire gli F-16 americani. Secondo Güler, da Spagna e Regno Unito ci sarebbe già il via libera ma per l’esportazione serve il nulla osta tedesco: alcune parti del caccia sono prodotte in Germania. La stessa storia dei carri armati Leopard.

PRIMA, PERÒ, urge il cessate il fuoco a Gaza, ieri chiesto con forza dal presidente turco che a riguardo ha cercato una sponda con il cancelliere Scholz nonostante il leader Spd abbia dichiarato «non è il momento» già la settimana scorsa. «Se Germania e Turchia riuscissero a raggiungere insieme la tregua ci sarebbe la possibilità di salvare la regione da questo anello di fuoco» ha insistito Erdogan profilando la sua soluzione al cancelliere: «Due Stati entro i confini del 1967» è il punto irremovibile ad Ankara ribadito a Berlino.

Alla fine di una visita di Stato congelata, senza neppure il tocco di distensione previsto: dall’entourage turco fanno sapere: «Improbabile che Erdogan partecipi alla partita di calcio tra le nazionali turca e tedesca a Berlino» in programma questa sera.