Sputnik, tra Spallanzani e Mosca la collaborazione non si è mai fermata
Sul vaccino scienziati al lavoro insieme fino a pochi giorni fa
Sul vaccino scienziati al lavoro insieme fino a pochi giorni fa
Mentre l’artiglieria bombardava le città ucraine e l’Ue stabiliva le sanzioni contro la Russia, all’Istituto «Spallanzani» la collaborazione con gli scienziati russi sul vaccino Sputnik proseguiva indisturbata. Lo si evince da uno studio appena pubblicato dalla rivista scientifica Vaccines con la firma congiunta dei ricercatori dello Spallanzani e dei colleghi moscoviti sulla durata dell’efficacia del vaccino Sputnik V a confronto con quello Pfizer.
Lo studio in questione è intitolato «Retention of Neutralizing Response against SARS-CoV-2 Omicron Variant in Sputnik V-Vaccinated Individuals» e tra gli autori figurano i massimi dirigenti dello Spallanzani, come il potentissimo dg Francesco Vaia, il direttore scientifico Enrico Girardi e quello sanitario Andrea Antinori. Secondo quanto comunica la stessa rivista, lo studio è stato inviato alla redazione dal team russo-italiano lo scorso 14 aprile. Il 7 maggio è stato modificato dagli autori su richiesta degli esperti consultati dalla rivista e il 19 maggio ha avuto il via libera alla pubblicazione.
Dunque, in pieno conflitto i ricercatori di Roma e di Mosca hanno continuato a lavorare insieme a un nuovo studio su Sputnik scegliendo la rivista su cui pubblicarlo, rivedendo il testo e persino inserendo dati aggiornati al 14 aprile. Che la pubblicazione non sia stata un’iniziativa unilaterale di uno dei due gruppi lo scrivono gli stessi autori della ricerca: «Tutti gli autori – si legge – hanno letto e hanno dato il loro consenso alla versione pubblicata». Dunque, gli ultimi scambi documentati su Sputnik tra Roma e Mosca risalgono a metà maggio, pochissimi giorni fa. Una tempistica in netto conflitto con la posizione assunta dal governo dopo l’invasione russa e confermata dalla Regione Lazio. Il 25 febbraio, infatti, l’assessore alla salute della Regione Lazio Alessio D’Amato ha annunciato l’interruzione unilaterale della collaborazione tra i due gruppi di ricerca, che la stessa Regione aveva patrocinato l’8 aprile del 2021. «Sospendiamo la cooperazione per Sputnik, perché la scienza deve essere al servizio della pace e non della guerra», aveva detto D’Amato.
Tra i ricercatori italiani e russi invece il dialogo è proseguito e non ha riguardato solo il vaccino. Le due équipe, per esempio, hanno anche dovuto accordarsi sul pagamento delle spese di pubblicazione. L’editore della rivista Vaccines, lo svizzero Mdpi, richiede agli autori un pagamento di 2200 franchi. In cambio, rende le pubblicazioni liberamente accessibili a tutti e non solo agli abbonati. Si tratta di una cifra modesta, ma che qualcuno deve pur sostenere.
Nello studio, si legge che «il lavoro è stato finanziato dal Fondo per la ricerca corrente del Ministero italiano della Salute e dal Fondo Russo degli Investimenti Diretti», che gestisce gli aspetti commerciali del vaccino russo Sputnik V. Delle spese di pubblicazione non potrà occuparsi Mosca, visto che i pagamenti telematici sono bloccati. Se a pagare sarà lo Spallanzani, però, sorgerà il problema di giustificare l’uso del «Fondo per la ricerca corrente» – attribuito dal ministero agli istituti di ricerca meritevoli – per una collaborazione con la Russia sotto sanzioni.
Oltre alle tempistiche della collaborazione, anche il contenuto stesso dello studio desta molte perplessità. L’articolo pubblicato su Vaccines riporta risultati che erano già stati anticipati in gennaio in un preprint, cioè in una pubblicazione non ufficiale, molto favorevole a Sputnik V e su cui la comunità scientifica aveva notato parecchie incongruenze. Il biologo Enrico Bucci, ad esempio, aveva evidenziato come lo studio confrontasse volontari vaccinati in tempi diversi – dunque non poteva essere utilizzato per dimostrare che il vaccino Sputnik V protegga in modo più duraturo – e aveva sollevato dubbi sulle autorizzazioni presentate per la sperimentazione. La versione finale dello studio smussa i toni del preprint ma ribadisce, senza nuovi dati, l’utilità di Sputnik come dose «booster». L’articolo di Vaccines dunque non aggiunge nulla alla scienza, ma fornisce alla propaganda pro-Sputnik un nuovo biglietto da visita e ai ricercatori una pubblicazione in più da aggiungere al curriculum. Che per qualcuno conta più delle bombe.
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