Non tutti i libri possono godere di libera circolazione nell’Ungheria di Orbán. Più precisamente, ci sono dei libri che per i temi che trattano vengono censurati dal sistema. I temi “proibiti” per eccellenza sono quelli aventi al centro le comunità Lgbtq; ciò per effetto delle disposizioni assunte dall’esecutivo in tempi recenti per la “protezione dei minori”. Disposizioni aspramente criticate dalla comunità interessata, dalla cosiddetta “opposizione democratica”, dai settori più progressisti della società civile e dai vertici Ue. Esse vietano, tra le altre cose, di affrontare a scuola l’argomento dell’omosessualità per evitare di confondere le menti più giovani e portarle a compiere scelte “sbagliate”.

Il governo “cristiano” di Viktor Orbán non vuole che le opere incentrate su questi temi vengano esposte “impropriamente” nelle librerie. In altre parole, questi libri devono essere custoditi in confezioni chiuse, diversamente si va incontro a multe salate. Un esempio: lo scorso luglio Líra Könyv, la seconda catena di librerie del paese, è stata sanzionata per “esposizione impropria” di questi libri “proibiti”. L’ammenda è risultata essere di 12 milioni di fiorini, ossia oltre 30 mila euro. Secondo Líra l’episodio non è stato casuale, visto che essa è la principale concorrente della catena Libri che di recente è stata acquisita dallo stato. Inoltre mancavano due giorni al Pride di Budapest.

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La propaganda legata a tali disposizioni ha finito col determinare diffusi fenomeni di autocensura, anche per un aspetto menzionato da Líra: la catena fa infatti notare che le norme in materia hanno del vago e che ciò mette le librerie nella condizione di dover stabilire quali libri sia meglio non esporre. Molte, allora, per non sbagliare evitano di vendere volumi aventi per oggetto l’argomento “incriminato” o li trasferiscono in una sezione per adulti, o li avvolgono nel cellophane. Questo riguarda in particolare le librerie meno forti, quelle meno provviste di mezzi economici e che per questo rischiano più facilmente la chiusura. Come già precisato, invece, Líra è una catena importante che subito dopo essere stata multata ha annunciato un ricorso e specificato di non voler “nascondere” i libri su temi LGBT+ o conservarli in confezioni chiuse.

Così stanno le cose nell’Ungheria del Fidesz: l’omosessualità viene descritta come un pericolo, i canali televisivi non possono trasmettere contenuti aventi a che fare con questo tema prima delle 22.00, e le ONG, con le quali il governo non ha un gran bel rapporto, non sono più autorizzate a recarsi nelle scuole per sensibilizzare i giovani su questo argomento. La propaganda del potere non esorta certo gli ungheresi all’apertura e all’accettazione di chi è diverso per religione, scelte politiche e identità sessuale. Così la comunità LGBT+ accusa l’esecutivo di creare un clima che la emargina e la offende. Ricorderemo, tra le altre cose, che la propaganda che sta alla base delle disposizioni a “protezione dei minori”, dà anche luogo a un’odiosa e inaccettabile coabitazione tra omosessualità e pedofilia.

La società civile è da tempo protagonista delle iniziative di opposizione più creative e decise. Nel 2015, per esempio, ha aiutato i migranti in transito verso l’Austria e la Germania e manifestato pubblicamente contro la posizione governativa in tale ambito, nei mesi scorsi diversi suoi attivisti hanno deciso di reagire alla propaganda anti LGBT+ con momenti di disobbedienza civile che li ha visti distribuire gratuitamente numerose copie di questi libri messi all’indice, davanti a una delle principali librerie della capitale.

L’esecutivo afferma di voler proteggere la gioventù, ma le mette il paraocchi e la riempie di pregiudizi che col tempo diventano sempre più difficili da superare. Una delle ultime iniziative del governo è stata quella di impedire ai minori l’ingresso alla World Press Photo in quanto esponeva immagini a contenuto LGBT+. Una delle ultime iniziative, si diceva, ma solo in ordine di tempo. C’è da aspettarsi dell’altro.