Tornando alla visita di Orbán in Georgia
Quella dell’8 novembre prossimo non è una data come un’altra: quel giorno, infatti, si svolgerà il vertice Ue dove sarà anche discusso il Piano Draghi sulla competitività.
Non sarà un vertice come un altro dal momento che si terrà a Budapest e quindi avrà come padrone di casa il primo ministro ungherese Viktor Orbán che, ultimamente, ne ha fatta un’altra delle sue andando a Tbilisi per complimentarsi con i vincitori delle elezioni, quelli del partito filorusso Sogno Georgiano. Elezioni contestate da Bruxelles in quanto ritenute frutto di brogli, di un clima intimidatorio nei confronti degli elettori e di condizionamenti da parte russa. I vertici Ue puntano il dito contro queste presunte irregolarità. Alle accuse la Commissione elettorale georgiana risponde confermando l’esito del voto.
Il responso delle urne nel paese caucasico fa parlare di allontanamento di Tbilisi dall’Ue; esso si aggiunge al malumore che la primavera scorsa era stato provocato, a Bruxelles, dalla legge sugli agenti stranieri che a parere dei suoi contestatori intende colpire le ONG e gli organi di informazione sostenuti dall’Occidente, e sa molto di orbaniano e di putiniano. Questi aspetti hanno fatto propendere i vertici Ue per un congelamento del processo di adesione all’Ue della Georgia che aveva ottenuto lo status di candidato nel 2023.
La redazione consiglia:
In Georgia l’accusa di broglio solo sussurrata, l’oligarca vince e fa già pauraPer Borrell Tbilisi dovrebbe ritirare quella legge per i suoi effetti deleteri sulla società civile e sull’organizzazione del mondo mediatico. Ora Bruxelles chiede al paese un’inversione di marcia per far ripartire il processo, ma torniamo a Orbán. Nella capitale georgiana il premier ungherese ha festeggiato l’esito di elezioni da lui definite “libere e democratiche” e ha lanciato alcune frecciate alla leadership dell’Ue.
Il governo georgiano “è eletto dal popolo, non dall’Ue”, ha sottolineato Orbán e precisato che il paese non è diventato un’altra Ucraina. Stato, quest’ultimo, di cui il governo di Budapest non intende accelerare il processo di adesione all’Ue preferendo agevolare quello dei candidati balcanici, evidentemente più strategici per i leader ungheresi.
Il primo ministro danubiano, però, non si è accontentato delle frecciate e da Tbilisi ha accusato Ursula von der Leyen e il leader del PPE Manfred Weber, di aver ordito una cospirazione tesa a sostituire l’attuale governo ungherese con uno compiacente, del tipo di quello polacco guidato da Donald Tusk. Quest’ultimo è l’uomo che si è da subito impegnato a ricucire i rapporti tra Varsavia e Bruxelles dopo la lunga parentesi di otto anni di potere del PiS (Diritto e Giustizia). L’ha fatto con riforme che la von der Leyen ha gradito, tanto da ritrovare nella Polonia un partner europeo funzionale e di rilievo. C’è quindi da scommettere che la presidente della Commissione europea stia facendo il conto alla rovescia per la fine della presidenza di turno ungherese dell’Ue e l’inizio di quella polacca, rappresentata da un governo che non è amico di quello che ha a capo Orbán.
Il leader di Budapest è una spina nel fianco dell’Unione; pensa di poter cambiare l’Ue dall’interno spostandone l’asse politico in senso nazionalistico, prova a crearsi un’area di influenza sul versante balcanico che ritiene di importanza strategica anche in funzione anti-immigratoria e rivendica il diritto dell’Ungheria e, probabilmente di qualunque altro stato, di scegliersi i suoi partner.
Nel suo caso Russia e Cina in particolare. C’è da ricordare che l’Ungheria è ancora nel mirino dell’Articolo 7 e buona parte dei fondi comunitari a essa destinati sono ancora fermi nelle casse di Bruxelles per motivi, già noti, riguardanti lo Stato di diritto. Cosa c’è attendersi? Dipende; bisogna aspettare l’esito delle elezioni negli Stati Uniti che, come sappiamo, vedono di nuovo Trump in corsa per la Casa Bianca. Il ritorno del tycoon nei panni di presidente USA piacerebbe molto a Orbán; una tale eventualità farebbe sì che il premier ungherese si sentisse sostenuto nei suoi movimenti in consonanza con la Russia e con gli avversari della leadership comunitaria. Vedremo, ormai manca poco.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento