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Sull’intervento di Orbán a Strasburgo

visegrad e oltre

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 11 ottobre 2024

Le parole di Viktor Orbán a Strasburgo per sottolineare le priorità della presidenza di turno ungherese dell’Ue non sono una sorpresa. I temi che ha trattato fanno parte del suo programma politico e sono stati da lui resi ampiamente noti in questi anni. È nota la sua posizione sulla guerra in Ucraina; essa è tra i motivi di contrasto fra il sistema di potere che rappresenta e Bruxelles. Tra le priorità passate in rassegna al Parlamento europeo dal premier ungherese c’è proprio la richiesta di un cessate il fuoco in Ucraina. A suo avviso Kiev non può vincere sul campo di battaglia ed è nell’interesse dell’Ue, ha aggiunto, “una migliore comunicazione con la Russia per negoziare un cessate il fuoco”.

E ancora rivolto all’Assemblea: “Stiamo perdendo in Ucraina e voi vi comportate come se non fosse così. Se vogliamo vincere dobbiamo cambiare la strategia perché quella attuale è perdente. Propongo che riflettiate”. E infine: “Se si trascina il conflitto ci saranno sempre più morti, migliaia di morti. Con questa strategia non ci sarà la pace, dovete schierarvi al fianco del cessate il fuoco”. Diciamo che non è scontato il fatto che questa posizione sia dettata da un sincero desiderio di pace quanto piuttosto da un calcolo politico e dai buoni rapporti che il premier ha con Putin, ma in questa vicenda i sostenitori della pace, nell’Ue e dintorni, scarseggiano, almeno a livello di leadership politica. Sembra invece prevalere in loro un certo desiderio di annichilire la Russia ampiamente ispirato e sponsorizzato, diciamo così, dalla Nato, che di pace conosce solo quella a stelle e strisce.

Tornando a Orbán, l’Ue e l’opposizione interna lo criticano aspramente anche per essere così amico del leader del Cremlino. Tanto che, a Strasburgo, un membro dell’opposizione ungherese ha interrotto la conferenza stampa del premier con tanto di lancio di banconote false e l’accusa di essersi venduto e di aver venduto l’intero paese a Putin. Un traditore, insomma, per il manifestante e per i suoi connazionali animati da spirito antigovernativo.

Sulla questione ucraina le posizioni di Orbán e di Bruxelles sono inconciliabili, non meno di quelle riguardanti il rispetto dello Stato di diritto; altro capitolo caratterizzato da un continuo braccio di ferro tra le parti. L’altro tema caro al governo di Budapest è quello dell’immigrazione in Europa; Orbán ha sottolineato la necessità di dar luogo a maggiori e più accurati controlli alle frontiere e a politiche migratorie più severe da parte dell’Ue. Ha anche ribadito la richiesta del suo governo di un’esclusione dell’Ungheria dalla politica migratoria comune; cosa che anche l’esecutivo olandese sta prendendo in considerazione.

Ma Ursula von der Leyen controbatte e accusa Budapest di aprire le porte a russi, bielorussi e cinesi grazie alle procedure accelerate di visti per lavoro che un provvedimento recente ha voluto estendere a diverse nazionalità tra le quali quelle menzionate. La presidente della Commissione accusa poi Budapest di rilasciare trafficanti e clandestini prima che scontino la pena. “Questa non è lotta all’immigrazione clandestina – ha detto – è gettare i problemi oltre il recinto del vicino”. Insomma, le parti non si parlano ma si accusano reciprocamente. Neanche gli interessi riguardanti le precedenze da dare a stati e regioni in termini di adesione all’Ue trovano d’accordo vertici Ue e governo ungherese. I primi spingono per accelerare i tempi dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione; per Budapest la priorità è rappresentata dal versante balcanico anche se non soprattutto in funzione antimigratoria.

Gli altri intendimenti della presidenza ungherese riguardano l’ingresso di Romania e Bulgaria nello Spazio Schengen, la politica agricola e la gestione delle sfide demografiche in Europa. Euronews dello scorso 8 ottobre fa notare che da quando l’Ungheria ha assunto la presidenza di turno dell’Ue i suoi diplomatici hanno dovuto affrontare numerose critiche, con diversi incontri boicottati da ministri europei, mentre ancora una discreta somma di fondi Ue spettanti all’Ungheria continua a essere congelata per le preoccupazioni riguardanti il mancato rispetto dello Stato di diritto.

Hanno fatto il giro del web e dei social le immagini degli europarlamentari della sinistra intenti a intonare Bella ciao dopo il discorso di Orbán; e anche quelle di Ilaria Salis che nel suo intervento al Parlamento europeo ha detto che “le democrazie europee devono essere coerenti e solide, e rifiutarsi di collaborare con il regime oppressivo e autoritario di Orbán”. E quest’ultimo a replicare che una picchiatrice come la Salis non può permettersi di parlare di Stato di diritto. Una picchiatrice; e poi non è vero che a Budapest era già stata pronunciata una sentenza politica senza prove, in barba al principio democratico di presunzione di innocenza. Così è.

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