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Un mare tropicale

Un mare tropicale

Clima Tra uragani improvvisi e invasioni di pesci tropicali, Stefano Liberti mostra gli effetti del surriscaldamento del Mediterraneo

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 10 ottobre 2024

Nella prima metà di agosto i satelliti statunitensi hanno rilevato un’anomalia di circa tre gradi della temperatura del mare in Campania. In quel periodo la media è stata di 28 gradi centigradi, mentre i dati elaborati dalla National oceanic and atmospheric administration americana hanno indicato punte massime di 31 gradi. Le elevate temperature sono state confermate anche dal sistema europeo Sentinel, che si basa sulle immagini del satellite Copernicus. Su scala più piccola, i campioni prelevati nello stesso periodo dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (Arpac) in 328 diversi punti della costa hanno rilevato una temperatura media di 29 gradi, con una punta massima di 30,5 gradi davanti alla spiaggia del Mingardo a Marina di Camerota, in provincia di Salerno. Un mese dopo, lungo la stessa costa ci sono stati microuragani e trombe d’aria che hanno distrutto alcuni stabilimenti balneari.

GLI ESPERTI PER INDICARE QUESTI fenomeni hanno coniato il neologismo «medicane». È un termine che fonde le parole inglesi Mediterranean e hurricane, vale a dire «uragano mediterraneo». Gianmaria Sannino, direttore del laboratorio di modellistica dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile (Enea), spiega cosa sta accadendo a Stefano Liberti in Tropico mediterraneo (Laterza editore, pp.190, euro 18). «L’aumento di temperatura dei mari è da considerare un segnale. I mari finora hanno avuto una funzione mitigatrice: assorbendo un’enorme quantità di anidride carbonica, hanno impedito che la temperatura atmosferica salisse eccessivamente. Se questi si scaldano in modo così vistoso è perché hanno raggiunto un livello di saturazione. E vuol dire che il futuro prossimo sarà caratterizzato da ondate di calore estive e da venti e tornado sempre più intensi che si riverseranno sulla terra», dice.

SECONDO UNO STUDIO DELL’ENEA, tra il maggio 2022 e il maggio 2023 la temperatura del mar Mediterraneo è aumentata di 4 gradi centigradi. È stata la più grande ondata di calore mai registrata negli ultimi quarant’anni, e questo sta provocando fenomeni atmosferici estremi, i cosiddetti «medicane», soprattutto in autunno, quando il mare scarica il calore nell’atmosfera.

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UN’ALTRA CONSEGUENZA del surriscaldamento del Mediterraneo è l’invasione di pesci tropicali attraverso il canale di Suez, dove i continui allargamenti per far passare navi portacontainer sempre più grandi consentono anche un più agevole passaggio degli abitanti del mare. L’arrivo di specie provenienti da altri mari di solito più caldi distrugge la flora e la fauna mediterranee, e questo ha anche un effetto diretto sull’economia della pesca. Se il mare continua a riscaldarsi si rischia però di arrivare alla morte di tutte le specie viventi, causata dalla mancanza di ossigeno. Il Mediterraneo infatti ha una sola via di ricambio per le sue acque: lo Stretto di Gibilterra. Un assaggio di quello che potrebbe accadere l’abbiamo avuto ancora una volta questa estate nella laguna di Orbetello, dove migliaia di pesci sono morti e hanno ristagnato a galla per giorni, costringendo stabilimenti balneari e ristoranti a chiudere.

Tra il 2016 e il 2021, nel sud della Spagna, accadde di peggio: la proliferazione di un’alga invasiva liberata accidentalmente da un acquario del principato di Monaco trasformò 22 chilometri di laguna in un acquitrino che gli ecologisti denominarono «zuppa verde» e asfissiò migliaia di pesci. Secondo le proiezioni di Sannino, a fine secolo il Mediterraneo potrebbe somigliare al mar Morto e non ospitare più nessun essere vivente.

LO SCIOGLIMENTO DEI GHIACCIAI potrebbe inoltre innalzare il livello delle acque al punto da sommergere molte aree costiere. Anche questa non è un’ipotesi solo teorica. Secondo un rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), in Italia 841 chilometri di costa sono «in erosione». 46 di questi sono in Campania.

NEI LIBRI, NEI DOCUMENTARI e nei reportage pubblicati su testate italiane e internazionali, Liberti è sempre attento alla portata globale delle storie che racconta. In quest’ultimo lavoro ha circumnavigato il Mediterraneo per vedere da vicino gli effetti del riscaldamento. Ha incontrato esperti e studiosi, attivisti e pescatori, che sono le sentinelle più attendibili dei cambiamenti del mare. Sulle isole Kerkennah, in Tunisia, gli raccontano che un tempo c’erano così tanti pesci che non era necessario utilizzare il metodo a strascico, che distrugge la biodiversità. Ora invece c’è quasi solo il granchio blu che fa strage delle altre specie. «Le Kerkennah sono l’alfa e l’omega del Mediterraneo: qui comincia la vita del grande mare di mezzo, qui si può toccare con mano l’inizio del declino», scrive. Se si alzerà il livello del mare, saranno le prime isole a essere sommerse.

APPENA È ARRIVATO NEL PORTO DI LARNACA, a Cipro, si è imbattuto in un’immagine che segnalava la pericolosità del pesce scorpione, una specie tropicale. È andato in mare con un pescatore e, dopo qualche ora, il pavimento della barca gli è apparso come «un acquario di specie esotiche», tutte arrivate attraverso il mar Rosso. A Goro, nel mar Adriatico, ha incontrato gli allevatori di vongole che temono per la sorte di 1.800 lavoratori poiché i granchi blu mangiano i frutti di mare. Liberti spiega che a farli proliferare sono state anche le misure idrauliche per incanalare e far defluire in mare le acque dell’alluvione in Romagna del maggio del 2023, che hanno abbassato la salinità del delta del Po.

LE DIMENSIONI DELLA CRISI ECONOMICA sono ancora più evidenti a Mazara del Vallo, dove fino a qualche anno fa c’erano 400 pescherecci e ora ne rimangono una settantina che fanno fatica a far quadrare i conti. Il pesce è diminuito, la concorrenza dei loro omologhi egiziani e tunisini si è fatta più serrata e i pescatori siciliani si sentono stritolati dalle eccessive restrizioni imposte dall’Unione europea. Liberti ascolta le loro ragioni e aggiunge che però proprio loro sono stati i primi a considerare il Mediterraneo come «una miniera inesauribile». «Siamo stati poco lungimiranti», ammette un pescatore.

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