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La «cura del ferro» al palo. Corrono solo i trasporti inquinanti, CO2 alle stelle

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Clima Inventario nazionale Ispra sulle emissioni. «I gas serra hanno ripreso a crescere. Determinante l’aumento costante della mobilità su gomma: +5% rispetto al 2023»

Pubblicato 15 minuti faEdizione del 10 ottobre 2024

Se davvero vogliamo ridurre le emissioni climalteranti e raggiungere la neutralità climatica, dobbiamo affrontare rapidamente un problema gigante: il settore dei trasporti continua ogni anno a sparare in atmosfera più CO2. Accade anche in Italia, secondo i dati diffusi da Ispra, che ogni anno pubblica l’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera. I dati più recenti evidenziano che nel nostro Paese, dopo il brusco calo del 2020 legato all’emergenza Covid-19, le emissioni di gas hanno ripreso a crescere, per raggiungere nel 2022 un totale pari a 413 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (+0.4% rispetto al 2021).

«DETERMINANTE – SEGNALA ISPRA – l’aumento costante del settore trasporti, le cui emissioni provengono per oltre il 90% dal trasporto stradale, che rispetto all’anno precedente segna un +5% e conferma un trend che non conosce pause e supera il 7% dal 1990, valore in controtendenza rispetto a quelli di tutti gli altri settori economici che al contrario registrano marcate riduzioni. L’assenza di riduzione delle emissioni di gas serra provenienti dai trasporti stradali che «nonostante le direttive europee, procedono costanti sui livelli emissivi elevati del 2014», hanno portato il nostro Paese al superamento del tetto massimo degli obiettivi nazionali stabiliti all’interno del regolamento europeo Effort Sharing, quello sulla condivisione degli sforzi per ridurre le emissioni.

LE AUTO IN CODA SULLA TANGENZIALI di Milano o Napoli o sul Grande Raccordo Anulare sono un’immagine plastica del problema che dovremmo affrontare. Lo spiega il rapporto Pendolaria – Speciale aree urbane, che mette in luce i ritardi dell’Italia e i nodi irrisolti in particolare della città di Roma. Abbiamo, intanto, un problema legato allo sviluppo delle linee di metropolitane, che in Italia si ferma a poco meno di 256 chilometri totali, ben lontano dai valori di Regno Unito (680,4 km), Germania (656,5) e Spagna (615,6).

IL TOTALE DI CHILOMETRI DI METROPOLITANE nella nostra Penisola è inferiore, o paragonabile, a quello di singole città europee come Madrid (291,3) o Parigi (225,2). Riguardo le tranvie, in Italia ce ne sono 397,4 chilometri, assai lontani dagli 875 km della Francia e soprattutto dai 2.042,9 km della Germania. Analoga situazione per le ferrovie suburbane, quelle usate ogni giorno dalla maggior parte dei 2 milioni di pendolari: l’Italia è dotata di una rete totale di 740,6 chilometri mentre sono 2.041,3 quelli della Germania, 1.817,3 km nel Regno Unito e 1.442,7 in Spagna.

TRA LE CITTÀ, ROMA È TRA LE PEGGIORI in Europa in termini di dotazione di binari di metro. Parliamo di 1,43 km ogni 100 mila abitanti, ben lontani da altre capitali quali Londra (4,93), Madrid (4,48), Berlino (4,28). Sul fronte investimenti su ferro, l’Italia ha fatto ben poco preferendo quello su gomma. Nel 2023 non è stato inaugurato nemmeno un chilometro di nuove tranvie, mentre l’unica aggiunta alla voce metropolitane riguarda la M4 a Milano. E se si guarda indietro negli anni, dal 2016 al 2023 sono stati realizzati appena 11 chilometri di tranvie e 14,2 di metropolitane, con una media annua rispettivamente di 1,375 km e 1,775 km. Siamo «ben lontani da quanto sarebbe necessario per recuperare la distanza dalle dotazioni medie europee» sottolinea Legambiente.

ECCO CHE L’ITALIA, QUEST’ITALIA, si conferma la nazione europea più legata all’utilizzo dell’auto. Abbiamo un parco auto tra i più grandi d’Europa: 666 auto ogni mille abitanti, il 30% in più rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna. A pesare su questa scelta la mancanza di interconnessioni tra le varie linee di trasporto di massa, di trasporto pubblico locale e di mobilità dolce, di integrazione delle stazioni con il tessuto urbano pedonabile e ciclabile.

L’EPICENTRO DI QUESTI PROBLEMI è la Capitale. In relazione a Roma, Legambiente pone l’accento su nove progetti in stallo. Il più macroscopico è forse la chiusura dell’Anello Ferroviario romano, sul quale dapprima ci sono state le coperture finanziarie dei fondi del Pnrr, poi tagliate con la revisione dell’estate 2023, 175 milioni di euro in meno sui 262 che erano disponibili inizialmente. Rimane ora un progetto pronto da 30 anni, passato al vaglio dei cittadini ma che scompare dall’orizzonte. Una menzione particolare merita anche la ferrovia Termini-Giardinetti: dall’estate 2015 è appeso al capolinea di Giardinetti un avviso che notifica la chiusura della tratta Centocelle-Giardinetti, lasciando inutilizzati 3 chilometri di binari in un quadrante problematico per ingorghi e scarsità di servizi pubblici.

L’ITALIA, PERÒ, NON È UN’ISOLA: secondo un’analisi sullo sviluppo della rete di trasporti in Europa, commissionata da Greenpeace Europa centro-orientale, da quando sono stati presi i primi impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra, i Paesi europei hanno speso ben 1.500 miliardi di euro per le infrastrutture stradali e solo 930 miliardi di euro per quelle ferroviarie, incentivando così il trasporto privato alimentato con carburanti fossili anziché il trasporto pubblico sostenibile. La strada è tutta in salita.

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