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Sud, treni inchiodati al binario unico

Sud, treni inchiodati al binario unico

Trasporti Il caos ferrovie non è colpa del chiodo di Roma ma dei tagli governativi, Salvini non lo dice. Trasporti su ferro definanziati, è la prima volta. Persi pure i soldi del Pnrr

Pubblicato 17 minuti faEdizione del 10 ottobre 2024

L’ultima giornata di ordinaria follia del trasporto ferroviario italiano, che mercoledì 2 ottobre s’è schiantato e bloccato nel nodo nevralgico di Roma Termini, non è stata tutta colpa di un chiodo, come ha detto il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Il disastro viene da lontano e porta la sua firma e quelle dei tanti che hanno scelto di disinvestire sul trasporto ferroviario, in particolare quello regionale usato ogni giorno da quasi 2,4 milioni di pendolari: una miopia che viene da lontano, ma che il leghista ha senz’altro contribuito ad acuire: «Per la prima volta dal 2017, la scorsa legge di Bilancio non ha previsto fondi né per il trasporto rapido di massa, il cui fondo è stato definanziato, né per la ciclabilità e la mobilità dolce, né per il rifinanziamento del fondo destinato alla copertura del caro materiali per i progetti finanziati o in via di realizzazione e neanche per il fondo di progettazione, con gravi conseguenze sui lavori in corso e futuri», come spiega l’ultima edizione del Rapporto Pendolaria di Legambiente.

IN ALCUNE REGIONI DEL MERIDIONE, come Basilicata e Calabria, i treni che circolano hanno in media oltre vent’anni, mentre in Sardegna, in Sicilia e in Campania hanno ormai raggiunto la maggiore età. Il problema, in questi casi, non è l’assenza della presa per ricaricare lo smartphone o il tablet, ma la capacità di attrarre utenti e garantire anche a loro un servizio pubblico essenziale, quello che permette di tenere le auto ferme in garage, riducendo le emissioni e contribuendo alla decarbonizzazione del Paese. E mentre il dibattito pubblico e le risorse economiche per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno ruotaancora attorno alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, con una spesa complessiva autorizzata di 11,63 miliardi di euro, suddivisi in 9 anni, non ci rendiamo conto che da oltre 13 anni, a causa del crollo di un ponte, è chiusa la ferrovia tra Caltagirone e Gela. Che a causa di alcuni smottamenti del terreno, dal 2013 sono sospese le corse anche sul collegamento tra due capoluoghi regionali, la ferrovia Palermo-Trapani (via Milo).

PER GUARDARE ALLA CALABRIA, invece, manca da 11 anni anche il servizio tra Gioia Tauro e Palmi e Cinquefrondi in Calabria. «Non vi è alcun progetto concreto di riattivazione» commenta Legambiente. In Sicilia, intanto, sono ben 1.267 i chilometri di linee a binario unico, l’85% sul totale di quelle in servizio, mentre non sono elettrificati 689 km, pari al 46,2% del totale. Questo fa sì che i tempi di percorrenza all’interno dell’isola siano definiti «imbarazzanti»: per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali.

A RISOLLEVARE LE SORTI DEL TRASPORTO ferroviario nel Sud avrebbe dovuto contribuire il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. Ma quando però il Pnrr è stato «rimodulato», nel 2023, a saltare sono stati i finanziamenti per tanti interventi legati al ferro: ben 620 milioni di euro, che avrebbero dovuto essere usati per velocizzare il corridoio Roma-Pescara (oggi ci vogliono almeno 3 ore e mezza) sono stati bloccati dalle lungaggini dell’iter amministrativo. L’intervento sul segnalamento ferroviario Ertms, il sistema di sicurezza per le ferrovie di ultima generazione, è saltato per la mancanza delle materie prime. In Sicilia, la tratta che colleghi due città importanti come Palermo e Catania non sarebbe rientrata in tempo per il completamento degli interventi nel 2026. In totale, sul sistema di AV/AC al Sud i tagli sono arrivati a 840 milioni di euro. «Vittime» le tratte Orsara-Bovino (linea Napoli-Bari) per 53 milioni, Caltanissetta Xirbi-Lercara (linea Palermo-Catania) per 470 milioni, Enna-Caltanissetta Xirbi (linea Palermo- Catania) per 317 milioni. Resta finanziato, ma non è al Sud, il raddoppio della linea tra Orte (Vt), nel Lazio, e Falconara (An), nelle Marche. Per dare l’idea del valore di un intervento del genere, basti pensare che oltre a ridurre i tempi di percorrenza si va ad incrementare la capacità della linea – che è quella tra Roma e Ancona – da 4 a 10 treni all’ora.

UNA PICCOLA RIVOLUZIONE, una delle tante che devono compiersi se davvero l’Italia vuole rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, che prevedono un taglio delle emissioni del 55% entro il 2030 e il loro azzeramento entro il 2050. Secondo le stime di Legambiente, contenute nel Rapporto Pendolaria 2024, sarà necessario fino al 2030 prevedere nuovi finanziamenti pari a 500 milioni l’anno per rafforzare il servizio ferroviario regionale con l’acquisto e il revamping dei treni; 200 milioni l’anno per migliorare il servizio Intercity o l’aumento di almeno 1 miliardo del Fondo Nazionale Trasporti (che finanzia il trasporto su ferro e quello su gomma). Si tratta di una spesa alla portata del Paese attraverso un’attenta programmazione di finanziamenti europei, italiani e regionali. «Le risorse – spiega l’associazione – si possono recuperare dai sussidi alle fonti fossili e inquinanti, oltre che ripensando a progetti stradali e autostradali dannosi per l’ambiente e per l’economia». Rinunciare al Ponte sullo Stretto è una necessità, dettata non solo dall’impatto ambientale.

ALTRI DATI, SOTTOLINEA LEGAMBIENTE, potrebbero suggerire gli interventi necessari: le corse dei treni regionali in Sicilia e in Calabria sono ogni giorno rispettivamente 472 e 294, contro le 2.173 della Lombardia, benché i residenti in questa regione siano solo il doppio di quelli in Sicilia (rispettivamente 10 e 5 milioni), in una regione comunque di estensione inferiore a quella dell’isola.

IN CALABRIA LA FLOTTA DEI ROTABILI è composta da 97 treni regionali (tra Trenitalia e Ferrovie della Calabria), mentre in Sicilia sono 131 (Trenitalia e Circumetnea). Lontanissimi dalle flotte di regioni quali la Toscana (257) o l’Emilia-Romagna (177).

PARLARE DI INVESTIMENTI SULLE FERROVIE anche al Mezzogiorno, del resto, non è utopia: a febbraio 2024 in Molise è stata inaugurata l’elettrificazione della tratta tra Roccaravindola e Isernia, intervento destinato a proseguire fino a Campobasso. In questo modo, spiega Rfi, sarà possibile effettuare «servizi veloci per Roma e Napoli con conseguente diminuzione dei tempi di percorrenza». Quello che serve.

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