Cinque anni fa, l’architetta Monica Benício ha concesso la sua prima intervista al manifesto. Era in Italia per un evento fra tanti di una fitta agenda internazionale dopo l’assassinio di sua moglie, la consigliera comunale di Rio de Janeiro Marielle Franco, e dell’autista Anderson Gomes, il 14 marzo 2018. Monica si lamentava di non aver avuto il tempo di vivere il lutto: la morte della sua compagna aveva generato una rivolta di dimensioni mondiali e una grande richiesta di giustizia, con una proliferazione di voci che ricordavano il percorso e l’eredità di Franco nella difesa dei diritti umani e delle persone nere, periferiche e LGBTQ+ e delle donne.

Monica dice che il suo lutto ha dovuto per forza trasformarsi in lotta. Negli ultimi cinque anni, i particolari della morte di Marielle non sono ancora stati chiariti. E il mondo è cambiato tanto. Marielle Franco è diventata un simbolo e le cause da lei sostenute, ancora più strategiche. «Se Marielle fosse viva, continuare a lottare sarebbe quello che farebbe», lo crede Monica, che nel 2020 è stata eletta consigliera comunale con il PSOL, la prima dichiaratamente lesbica nella Camera di Rio de Janeiro e una delle 10 donne tra i 51 consiglieri.

Questa settimana, Monica Benício tornerà in Italia per il festival Sherocco, da oggi al 2 luglio a Ostuni. Lei parteciperà a un dibattito (domenica alle 20, ndr) sulla memoria e la lotta di Marielle Franco insieme a Titti De Simone, storica attivista del movimento LGBTQIA+, giornalista e politica, e Porpora Marcasciano, attivista militante trans, sociologa e scrittrice.

Cinque anni fa, lei si definiva «attivista di strada», ma ha assunto un nuovo ruolo come consigliera comunale. Come cambia il suo modo di fare politica?
Prima, il mio spazio di militanza era l’università e i movimenti popolari. Dopo quella tragedia, mi sono lanciata nel mondo denunciando e chiedendo giustizia per Marielle e Anderson. Lungo questo percorso, ho conosciuto varie lotte e vari attivisti, acquisendo una visione più ampia delle forme di resistenza. Il parlamento, specialmente in un paese come il Brasile, segnato da profonde disuguaglianze che sono state aggravate dal bolsonarismo, ha un duplice ruolo: quello di frenare gli attacchi alle persone più svantaggiate e quello di costruire politiche pubbliche che promuovono l’inclusione e la piena cittadinanza. È un luogo in cui la lotta politica è piena di complessità e sfide.

Nel 2020, c’è stato un record di candidature di persone LGBTQI+ nella politica brasiliana. A distanza di tre anni, come valuta gli effetti di questa presenza?
C’è molta più rappresentanza femminile e LGBTQI+ in tutte le sfere della politica nazionale. Tuttavia, vediamo anche aumentare la violenza politica di genere e l’omotransfobia. Il rifiuto è notevole quando parliamo di donne trans, lesbiche, nere e indigene in politica. Il nostro «non-luogo» negli ambienti istituzionali del potere viene ribadito quotidianamente, quando sentiamo che l’arena pubblica continua a essere uno spazio in cui gli uomini bianchi esprimono opinioni su qualsiasi questione, anche senza conoscenza del tema, mentre noi siamo criticate e giudicate per tutto e subiamo persino aggressioni, da molestie sessuali ad altre forme di violenza. Confrontare questa insicurezza è una delle nostre principali agende per avere più rappresentanza e per progredire nella formulazione di politiche pubbliche per le popolazioni più vulnerabili.

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Cinque anni dopo non abbiamo ancora risposte concrete sulla morte di Marielle Franco. Perché?
Il gruppo politico che è arrivato al potere nel 2018, per le sue relazioni con le milizie e con i nostalgici della dittatura civile-militare-aziendale, non ha mai avuto interesse a risolvere il caso. L’eliminazione degli avversari politici è un metodo, per loro. Lo Stato di Rio de Janeiro è governato da Claúdio Castro, che ne è un suo alleato e che ha avuto come Segretario di Polizia Allan Turnowski, arrestato per coinvolgimento con la mafia del gioco d’azzardo.

Le indagini hanno scoperto sul suo cellulare dei messaggi in cui componeva delle barzellette sulla morte di Marielle. Abbiamo avuto cinque cambiamenti alla guida della polizia di indagine degli omicidi. Due pubblici ministeri, Simone Sibilio e Letícia Petriz, il cui lavoro di indagine ha portato all’arresto degli esecutori di Marielle, Ronnie Lessa e Elcio Queiroz, hanno abbandonato il caso denunciando interferenze esterne. Ad aprile abbiamo ottenuto una vittoria legale, il diritto di accedere agli atti, che fino ad allora era stato negato alla difesa dei familiari. Un altro passo importante sarà la preparazione della giuria popolare nel processo contro Lessa e Queiroz. Non sarà la risposta definitiva, ma sarà un grande passo sulla strada della giustizia.

Con la vittoria di Lula si è avuta la sensazione che la normalità e la democrazia fossero tornate in Brasile. È davvero così?
Abbiamo vissuto anni oscuri in Brasile dal 2016, che si sono acuiti con l’arrivo di Bolsonaro alla presidenza nel 2018. Interrompere questo ciclo di tenebre è senza dubbio una grande vittoria. Tuttavia, i disfacimenti e i retrocessi sono stati enormi. La presenza del bolsonarismo al Congresso Nazionale è ancora molto significativa. Credo che Lula abbia fatto bene a formare una composizione ministeriale con molta diversità. Tuttavia, la sua vittoria è avvenuta attraverso un’ampia coalizione fatta anche con settori neoliberisti che hanno la propria agenda politica, volta a ridurre lo Stato, a comprimere i salari, a fare aggiustamenti fiscali e a smantellare politiche sociali. Conciliare queste agende antitetiche, ridurre le disuguaglianze e contrastare il progetto bolsonarista, sono le sfide più grandi di questo governo.

Come vede il movimento femminista oggi in Brasile come forza politica?
Abbiamo resistito con coraggio agli ultimi quattro anni. È stata l’organizzazione delle donne a garantire cibo alla popolazione delle favelas, alle lavoratrici e ai lavoratori durante la pandemia, quando il governo federale ha abbandonato la popolazione a sé stessa. Le donne sono state in prima linea nelle strade per la sconfitta di Bolsonaro e continuiamo ad essere protagoniste nella lotta contro il fascismo. Alcune delle nostre battaglie in questo momento sono il contrastare la violenza politica di genere, la legalizzazione dell’aborto e la sua garanzia, la lotta contro tutte le forme di violenza contro le donne, il riconoscimento delle attività domestiche e di cura come lavoro, le esigenze della maternità e tante altre lotte che ci uniscono.

Quali sono state le sue principali agende e conquiste come consigliera comunale e cosa le piacerebbe fare in futuro?
Abbiamo approvato alcuni progetti di legge storici, come il Programma comunale per la Lotta al Femminicidio, l’accoglienza della popolazione LGBTQ+, lo stimolo all’occupabilità lavorativa delle persone trans e la Giornata della Visibilità Lesbica, un progetto che era stato presentato da Marielle Franco e che fu respinto allora. Ci poniamo in opposizione alla politica neoliberale del sindaco Eduardo Paes e all’estrema destra nella città, considerata la culla del bolsonarismo. Ma non basta essere donna, è necessario che le donne elette siano anche interessate a promuovere politiche pubbliche per il rafforzamento e l’autonomia delle altre. Abbiamo bisogno di gruppi femministi e che tutte le donne siano rappresentate: donne trans, lesbiche, donne nere, indigene, delle favelas, ecc. bell hooks ha scritto che «ciò che non possiamo immaginare non può diventare realtà». Quindi, continuiamo a immaginare futuri migliori e lavoriamo affinché diventino possibili.

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SCHEDA. IN PUGLIA IL FESTIVAL SUI DIRITTI E LE CULTURE LGBTQ+

Al via oggi a Ostuni la seconda edizione del Festival Sherocco dedicata alle culture e ai diritti lgbtqi+ (organizzato da Fuoriluogo APS e – quest’anno – con la consulenza creativa di Silvia Calderoni) che durerà fino a domenica 2 luglio. Spettacoli e concerti, talk e laboratori, e soprattutto ospiti internazionali tra cui Monica Benicio, Paul B. Preciado, Djarah Kan, Vera Gheno, Alice Coffin, Porpora Marcasciano, Viola Lo Moro, Elena Biagini, Nicole De Leo, Massimo Prearo e la stessa Silvia Calderoni.

Il comitato scientifico di Sherocco Academy è formato da Maya De Leo, Francesca Romana Recchia Luciani e Sara Garbagnoli.

Informazioni sul programma sul sito http://sheroccofestival.it