Internazionale

Pene tombali agli assassini di Marielle Franco, ora i mandanti

Il volto di Marielle Franco durante una cerimonia in una chiesa di RioIl volto di Marielle Franco durante una cerimonia in una chiesa di Rio – Ap

Brasile La carismatica consigliera comunale di Rio de Janeiro venne uccisa nel 2018. Ai due esecutori 78 e 59 anni di carcere, la Corte suprema processa chi diede l’ordine

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 2 novembre 2024

La giustizia può essere «lenta, cieca, muta, ingiusta e tortuosa» ma alla fine arriva, ha dichiarato mercoledì la giudice della Quarta Corte di Giustizia di Rio de Janeiro Lucia Glioche leggendo la sentenza contro gli ex agenti di polizia Ronnie Lessa ed Élcio Queiroz, condannati da una giuria popolare – composta da sette uomini bianchi – rispettivamente a 78 anni e 59 anni di prigione per l’omicidio di Marielle Franco e di Anderson Gomes e il tentato omicidio dell’assistente Fernanda Chaves, unica sopravvissuta.

Che nel caso della consigliera comunale e del suo autista la giustizia sia stata lenta e tortuosa non c’è alcun dubbio: per ben 5 anni le indagini sono rimaste ferme, in mezzo ad omicidi di testimoni, distruzione di prove, sabotaggi e rimozioni di funzionari. Per questo, ha commentato Fernanda Valim della ong Rio de Paz, sul banco degli accusati non c’erano solo gli assassini di Marielle, ma «la mentalità alla base del tentato insabbiamento dell’assassinio di una donna nera, figlia della favela, rappresentante popolare democraticamente eletta. Un tentativo di assassinio della stessa democrazia brasiliana». La sentenza, ha detto non a caso la giudice, riguarda non solo gli accusati, ma anche i vari “Ronni” e “Élcio” che circolano a Rio de Janeiro».

La svolta nelle indagini era venuta dall’accordo di collaborazione con la giustizia firmato nel 2023, ben quattro anni dopo il loro arresto, da Ronnie Lessa, l’esecutore materiale del crimine, e da Élcio Queiroz, l’autista della Chevrolet Cobalt usata nell’attentato del 14 marzo 2018. È grazie a tale accordo che Lessa aveva indicato i mandanti dell’omicidio: Domingos Brazão, consigliere della Corte dei conti dello stato di Rio e suo fratello Chiquinho, deputato federale del partito di centrodestra União Brasil, arrestati lo scorso marzo insieme all’ex capo della polizia civile locale Rivaldo Barbosa, responsabile di aver insabbiato le indagini prima che il caso, sotto il governo Lula, venisse trasferito alla polizia federale (contro di loro però, in quanto cariche pubbliche, il processo si svolgerà presso la Corte suprema).

Ma, proprio in virtù della loro collaborazione con la giustizia, i due assassini sconteranno una pena assai più breve: Queiroz potrà lasciare il carcere nel 2031, mentre Lessa nel 2039 (gli ultimi due anni in regime di semi-libertà).

I suoi familiari con uno dei giudici che hanno condannato gli assassini - Ap
I suoi familiari con uno dei giudici che hanno condannato gli assassini – Ap

Durante la sua testimonianza al processo, durata due ore e 18 minuti, Lessa ha dichiarato in videoconferenza di essersi tolto un peso confessando il crimine, chiedendo perdono ai familiari delle due vittime e facendo il nome dei mandanti, i quali, ha spiegato, già alla fine del 2017 avrebbero deciso di eliminare Marielle perché di ostacolo all’espansione territoriale e immobiliare delle milizie di Rio de Janeiro. Ma sull’autenticità del suo pentimento molte riserve sono state espresse durante il processo, sia dal pubblico ministero che dai familiari delle vittime: «Io non li perdono», ha dichiarato la vedova di Anderson Ághata Arnaus.

Di certo la fredda e dettagliata descrizione da parte di Lessa dell’esecuzione di Marielle, compiuta con una mitragliatrice MP5 di fabbricazione tedesca, ha raggelato i presenti: Luyara e Marinete, figlia e madre della consigliera comunale, hanno lasciato l’aula in lacrime.

«Cercai di concentrarmi il più possibile sull’obiettivo, che era Marielle», ha riferito tra l’altro Lessa, spiegando che «l’opzione più adeguata» sarebbe stata una pistola: «con un revolver sarebbe morta solo la consigliera, non l’autista. Ma, nell’ansia di portare a termine il compito, ho corso consapevolmente il rischio. La morte di Anderson non era voluta».
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dai parenti delle vittime: «Quando hanno ucciso mia sorella – ha dichiarato la ministra dell’Uguaglianza Anielle Franco -, non immaginavano la forza con cui il paese e il mondo intero avrebbero reagito. Oggi è arrivata una risposta: la giustizia ha avuto inizio». Dopo 6 anni, 7 mesi e 17 giorni.

«È un messaggio per le milizie», ha commentato la vedova di Marielle Monica Benicio, garantendo che la lotta andrà avanti «finché i mandanti non verranno condannati».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento