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Ultime notizie in GuatemalaCittà del Guatemala, José Rubén Zamora in aula lo scorso 2 maggio per la prima udienza del processo a suo carico – Santiago Billy/Ap

Libertà sotto attacco a poco più di un mese dalle elezioni L’addio del giornale "elPeriódico" dopo 27 anni di inchieste scomode e a 287 giorni dall’arresto del suo direttore José Rubén Zamora: «Il regime di Giammattei ha avviato la sua macchina per annientarci»

Pubblicato più di un anno faEdizione del 18 maggio 2023

La última y nos vamos. L’ultima e ce ne andiamo. Dopo 27 anni di vita e a 287 giorni dall’arresto del suo direttore e fondatore, il giornale guatemalteco elPeriódico ha firmato l’editoriale dell’addio: lunedì 15 maggio le pubblicazioni si sono fermate. «Con l’arresto di José Rubén Zamora il regime di Giammattei (Alejandro Giammattei è il presidente del Guatemala, ndr) ha avviato la sua macchina per annientarci», esordisce la nota pubblicata venerdì scorso sul sito del quotidiano, nato nel 1996, anno degli accordi di pace che posero fine alla guerra civile durata 36 anni, e famoso per i suoi articoli sulla corruzione.

ZAMORA ERA STATO ARRESTATO il 29 luglio 2022 con l’accusa di riciclaggio di denaro. Nelle stesse ore, era finita in manette anche la procuratrice aggiunta Samari Carolina Gómez Díaz, accusata di aver rivelato informazioni riservate. L’indagine è stata instradata dalla Fiscalía Especial contra la Impunidad (Feci) diretta da Rafael

Curruchiche, che da agosto 2021 ha preso il posto di uno dei simboli dell’anticorruzione nel paese, Juan Francisco Sandoval, da allora in esilio negli Stati uniti. Curruchiche, così come la procuratrice generale Consuelo Porras che lo ha nominato, nel 2022 è stato inserito dal Dipartimento di stato degli Stati uniti nella lista di persone straniere «impegnate in azioni che minano processi o istituzioni democratiche, in atti di significativa corruzione o di ostruzione delle indagini su di essi».

Per il caso di Zamora tutto è partito dalla testimonianza di un ex dirigente della Banca dei lavoratori, Ronald García Navarijo, nel 2018 indagato per associazione illecita. Secondo lui il direttore, che ha rigettato le accuse, gli avrebbe dato circa 38mila dollari in contanti chiedendo di versarli su uno dei conti in suo favore. Da allora, denuncia elPeriódico, le indagini della Feci hanno stretto il cerchio attorno al giornale con «il sequestro dei conti correnti» e «l’ombra della criminalizzazione delle fonti pubblicitarie e dei contributi degli imprenditori», che sono così venuti a mancare. Entrate che, dice l’editoriale, non sono state compensate dalla campagna di abbonamenti lanciata in solidarietà: «A novembre siamo stati costretti a licenziare il 70% del personale e a sospendere l’edizione cartacea, inclusa la celebre edizione Dominical».

Le indagini si sono poi allargate ad altri membri della redazione: tre settimane dopo Zamora, è stata arrestata con l’accusa di riciclaggio di denaro l’allora direttrice finanziaria del giornale, Flora Emilza Silva Flores, uscita dal carcere tre mesi dopo per aver patteggiato e pagato una cauzione.

IL 28 FEBBRAIO 2023, continua elPeriódico, «il direttore, il caporedattore, quattro giornalisti e tre editorialisti sono stati accusati di ostacolare la giustizia per aver coperto mediaticamente il processo». Zamora, inoltre, è rimasto senza avvocati: Juan Francisco Solórzano Foppa e Justino Brito Torres, che avevano sostituito un terzo difensore, sono stati arrestati il 20 aprile scorso con l’accusa di aver ostacolato la giustizia. La stessa accusa che è stata mossa contro il cugino di Zamora, Juan Carlos Marroquín Godoy, che ha patteggiato.

«Trent’anni di instancabile lotta contro la corruzione, l’impunità e il narcotraffico, contro l’abuso di potere, il terrorismo di Stato, l’emarginazione e la miseria, a favore della libertà, della tolleranza e della responsabilità – ha scritto il 15 maggio José Ruben Zamora dal carcere di Mariscal Zavala – ci hanno portato, stanchi e senza fondi, alcuni in galera e altri in esilio, a un vicolo cieco: l’inevitabile chiusura di elPeriódico». Un giornale che, ha ricordato il direttore, «ha significato più di 1,8 miliardi di quetzal (circa 21milioni di euro, ndr) in salari e stipendi, pagamenti a fornitori e creditori, mutui bancari e tasse. Nei tempi migliori, nel 2012, ha generato più di 400 posti di lavoro diretti».

CONTINUA ZAMORA: «Abbiamo lasciato in eredità, solo durante il regime Giammattei, più di 200 inchieste giornalistiche, rigorose e documentate». Poi conclude citando il poeta messicano Octavio Paz: «La libertà non è un concetto o una credenza. La libertà non si definisce: si esercita. ».

Nonostante la procura abbia sottolineato come l’arresto di Zamora non fosse legato alla sua attività giornalistica, fin da subito il direttore di elPeriódico si è dichiarato «prigioniero politico». Il suo arresto è visto da molti colleghi come un punto di svolta, nel quadro di una crescente ostilità non solo verso la stampa ma anche verso i giudici, i magistrati e gli avvocati protagonisti della stagione anticorruzione che era stata avviata nel 2006 con l’istituzione della Comisión Internacional Contra la Impunidad en Guatemala (Cicig), sostenuta dagli Stati Uniti in accordo con il Paese centramericano.

Il lavoro della Commissione, che spesso trovava spazio sui giornali, aveva destabilizzato l’élite politica ed economica da sempre al potere in Guatemala, dove la metà della popolazione vive in povertà, e le indagini anticorruzione avevano coinvolto anche presidenti ed ex presidenti, compreso l’attuale (quando ancora non era stato eletto). Dal gennaio del 2019, quando l’allora presidente Jimmy Morales non rinnovò il mandato della Commissione, sempre più giudici e magistrati anticorruzione sono stati a loro volta indagati, arrestati o costretti all’esilio e le loro indagini si sono arenate.

DA ALLORA, GIUDICI e magistrati hanno sostituito i colleghi che avevano seguito importanti casi di corruzione resi pubblici dalla stampa hanno iniziato a indagare e criminalizzare anche i giornalisti. In una nota congiunta organizzazioni internazionali e guatemalteche attive in difesa della libertà di stampa, dalla Red Rompe el Miedo Guatemala ad Artículo 19 passando per il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) e per Reporter senza frontiere, si sono dette preoccupate «dalla cooptazione delle istituzioni pubbliche e dal visibile aumento dei discorsi ideologici che promuovono tutte le forme di odio, incitamento alla violenza, repressione e discriminazione». Per le organizzazioni «la tendenza autoritaria che si sta osservando in Guatemala e l’autocensura che sta mettendo in atto la stampa sono il segnale di un declino della democrazia».

La preoccupazione è soprattutto per le prossime elezioni, in programma il 25 giugno, che si terranno in un clima di forte tensione: «Esprimiamo la nostra solidarietà ai giornalisti e ai lavoratori di elPeriódico» concludono le associazioni «e chiediamo allo Stato guatemalteco di adempiere al proprio dovere in termini di protezione, rispetto e garanzia della libertà di stampa e la cessazione della criminalizzazione di José Rubén Zamora, in conformità con le norme internazionali e le leggi guatemalteche. Il mondo sta guardando cosa sta succedendo in Guatemala».

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