Se in Guatemala un’indigena ha qualche possibilità di conquistare la presidenza, l’oligarchia ha già pronta la contro-mossa: escluderla dal processo elettorale. È quanto è successo alla dirigente del Comité de Desarrollo Campesino (Codeca) Thelma Cabrera, candidata del Movimiento para la Liberación de los Pueblos (Mlp) alle presidenziali del prossimo 25 giugno insieme al suo vice Jordán Rodas, ex procuratore impegnato sul versante dei diritti umani e noto per le sue dure critiche ai governi di Jimmy Morales e di Alejandro Giammattei oltre che per la sua lotta alla corruzione nel paese.

LA DECISIONE incostituzionale di estromettere il binomio di sinistra è stata adottata dal Registro de Ciudadanos con la motivazione che Rodas non avrebbe presentato documenti validi relativamente all’assenza di conti in sospeso con lo Stato, in quanto risulterebbe una denuncia contro di lui, presentata dal suo successore soltanto in seguito alla sua candidatura, e di cui non c’è traccia neppure sul sito della Corte dei Conti.

A favore dell’esclusione sua e, automaticamente, di Thelma Cabrera, tre volte discriminata in quanto indigena, povera e donna, si sono pronunciati anche il Tribunale Supremo elettorale, il 2 febbraio, e la Corte costituzionale, il 2 marzo. E se si attende ancora la decisione della Corte suprema di Giustizia, che avrebbe già dovuto pronunciarsi sull’appello presentato dal Movimiento para la Liberación de los Pueblos, le speranze sono ormai ridotte al lumicino.

TANTO PIÙ CHE LA CAMPAGNA elettorale ha preso il via ufficialmente il 27 marzo per tutti e 22 i candidati alla presidenza, diversi dei quali legati al narcotraffico o coinvolti in casi di corruzione. Né il Registro de Ciudadanos ha fatto una piega dinanzi alla candidatura della figlia del dittatore golpista Efraín Ríos Montt, Zury Ríos Sosa, anche lei inscritta regolarmente alla competizione elettorale.

Si consuma così quello che potrebbe essere definito come un golpe elettorale preventivo, ennesima variante dei sempre più frequenti colpi di stato di seconda generazione messi a segno dalle destre di tutto il subcontinente latinoamericano. Un nuovo attentato a una democrazia ridotta ai minimi termini, compiuto proprio nel momento in cui il binomio anti-sistema Cabrera-Rodas aveva cominciato a impensierire seriamente l’establishment del paese, uno tra i più corrotti dell’America latina.

NON A CASO la Unidad de Protección a Defensores y Defensoras de Derechos Humanos ha denunciato «il ristabilimento di un regime dittatoriale» in Guatemala, in mezzo a un’ondata senza precedenti di violenza, corruzione e impunità: ben 3.574 le aggressioni ai difensori dei diritti umani registrate da gennaio a dicembre del 2022, tre volte di più che nell’anno precedente.

«In Guatemala i già limitati canali democratici si sono definitivamente chiusi», ha commentato Thelma Cabrera – già vittima alle presidenziali del 2019 di una campagna sporca impietosamente condotta dall’oligarchia – ricordando la persecuzione a cui, almeno dal 2018, è stato sottoposto il Codeca, di cui il Movimiento para la Liberación de los Pueblos rappresenta il braccio politico: almeno 25 i militanti del Comité de Desarrollo Campesino assassinati, l’ultimo de quali, Tereso Cárcamo Flores, è stato ucciso il 5 dicembre scorso.

E NON È STATA MENO DURA la dirigente del Mlp Leiria Vay García: «È evidente che in Guatemala siamo in presenza di una frode elettorale, mirata a escludere l’unica forza di opposizione per mantenere al potere l’oligarchia. Lasciano fuori Thelma Cabrera perché il nostro partito ha una proposta di trasformazione strutturale che attenta agli interessi del sistema».

Del resto, alla “festa della democrazia” che, c’è da scommetterci, tutta la stampa celebrerà il prossimo 25 giugno, le mani segnate dal lavoro dei campi della 52enne candidata del Mpl, colpevole di voler perseguire «la trasformazione del paese dinanzi a tutte le ingiustizie vissute» – sarebbero apparse decisamente fuori luogo.