«La versione punk rock di un film storico». Così il regista iraniano/danese Ali Abbasi (due anni fa in concorso a Cannes con Holy Spider) descrive l’intento del suo nuovo film, The Apprentice, il romanzo di formazione di Donald Trump, attesissimo qui al festival dove è stato presentato in concorso lunedì. Arrivato a Cannes senza un distributore americano (in Italia il film è della Bim, che anticipa un’uscita autunnale), secondo i piani del regista e della produzione, The Apprentice dovrebbe essere venduto e diffuso negli States appena in tempo per le elezioni del novembre prossimo. Può darsi che la coincidenza temporale funzioni al box office, specialmente quello straniero dove Trump forse esercita ancora un certo fascino esotico. In Usa, dove lo si mangia, beve e respira tutto il giorno – e ci si chiede persino se abbia senso processarlo, visto che qualsiasi titolo di giornale gli fa salire i sondaggi – c’è da domandarsi a cosa possa servire (nel pro e nel contro Trump) un film così timido, furbo e superficiale. Che di punk (o di rock) non ha niente, ma sicuramente lusingherà il presunto candidato repubblicano alla presidenza e gratificherà il senso dell’orrore di qualche raro liberal rimasto che non sia già a conoscenza di questa origin story.
Sebastian Stan (premio per la recitazione a Berlino per A Different Man; bravo anche qui) è un giovane Donald Trump, animalescamente intelligente, anche se schiacciato dall’autorità inflessibile del padre Fred, che lo costringe a collezionare, porta per porta, gli affitti mensili dei poveracci che vivono nei loro orribili appartamenti a Queens.

COME SI APPRENDEVA nel film molto migliore di James Gray Armageddon Time (Cannes 2022), la politica di discriminazione razziale che Trump Sr. applicava alla selezione dei suoi affittuari, gli costò una nota causa per infrazione dei diritti civili, rispetto alla quale Jr. ha occasione di aiutarlo quando – si racconta nel film – una sera in un club esclusivo incontra Roy Cohn (Jeremy Strong), braccio destro di Joe McCarthy durante le audizioni della Commissione per le Attività Antiamericane, procuratore che mandò i Rosenberg alla sedia elettrica e avvocato, tra gli altri di Aristotele Onassis, Rupert Murdoch, Tony Salerno e John Gotti.

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Tra i due è amore a prima vista: Cohn vede nel giovane ambizioso ma provincialmente goffo (Trump patirà tutta la vita di essere nato a Queens, non a Manhattan) un allievo ideale. Da parte sua, Donald – naturalmente senza scrupoli, e ansioso di farsi proteggere da un’ala più prestigiosa di quella di suo padre – coglie al volo il pregio degli insegnamenti offerti da quell’uomo con lo sguardo serpentino: attacca attacca attacca,non ammettere niente, nega tutto; proclama sempre vittoria, non ammettere mai la sconfitta. Regole che diventeranno il suo manuale per l’uso, dai tempi della scalata all’immobiliare di Manhattan e Atlantic City (ritratte nel film, temporalmente inquadrato da apparizioni televisive di Nixon e Reagan), fino all’esplosione della sua carriera politica. Scritto dal giornalista Gabriel Sherman, già biografo del consulente politico di Nixon e ideatore di Fox News, Roger Ailes, The Apprentice (il titolo flirta con quello del famoso reality Nbc che, da protagonista dei tabloid newyorkesi, fece di Trump una celebrity nazionale) prevede alcune riconoscibili figure di contorno ,come la prima moglie Ivana (Maria Bakalova) e il sindaco di New York Ed Koch .

MA È ESSENZIALMENTE un duetto tra Kohn e Trump, Strong e Stan. Duetto che Abbasi ha un po’ pretenziosamente paragonato a quello tra il biondo, alto Joe Buck (Jon Voight) e Rico «Ratso» Rizzo (Dustin Hoffman), in Un uomo da marciapiede. Forse per sottolinearne l’implausibilità, visto che con il film di Schlesinger non c’entra niente e New York – una dei protagonisti della storia di Trump qui non esiste quasi. Tornando all’attrazione tra opposti: Cohn era un ebreo omosessuale, mentre Trump, aggressivamente eterosessuale, negli anni si è anche fatto notare rilasciando dichiarazioni a favore dei suprematisti bianchi. Prevedibilmente, al momento opportuno, nella sua scalata sociale e al potere, l’allievo lascerà il maestro nella polvere (Cohn è morto di Aids). Insomma, la materia di un romanzo esemplare c’è tutta. Il film no.