Aperta dal bel film di Pietro Marcello, L’envol e chiusa dalla commedia un po’ poliziesca Le parfum vert di Nicolas Pariser (già autore di Alice e il sindaco), la Quinzaine des Realisateurs ha attraversato nei dieci giorni di programmazione molti luoghi del cinema prediligendo quelli un po’ più eccentrici e meno prevedibili anche di autori già noti, con l’idea di comporre una trama di poetiche e di sguardi sul mondo. È questa l’ultima edizione del delegato generale Paolo Moretti – presto sarà annunciata la nuova persona alla guida della sezione – che in tre anni ha saputo garantirgli un vitalissimo rilancio grazie a un progetto capace appunto di unire con generosità le molte direzioni del cinema contemporaneo.

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LO STESSO è accaduto quest’anno – con il Theatre Croisette che rispetto alle nevrosi del Palais è stato luogo di gentilezza e di accoglienza – attraverso un itinerario che ci ha dato l’irriverenza elegante di un magnifico film quale Fogo-Fatuo di Jãao Pedro Rodrigues o l’inquietudine del corpo scoperto «dall’interno» in una prospettiva di ciò che normalmente rimane invisibile in De Humani Corporis Fabrica di Verena Paravel e Lucien Castaing-Taylor.

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Eros e humor, contro i ruoli c’è la liberazione gay di «Fogo-fatuo»E la potenza di un film come Pamfir o le storie famigliari alla prima persona dell’autofinzione – come in Un beau matin di Mia Hansen-Love illuminato dalla presenza di Lea Seydoux in coppia con Melvin Poupaud, nel quale la regista francese confida alla distanza narrativa (è anche autrice della sceneggiatura) il proprio vissuto: la malattia del padre, intellettuale e filosofo (magnifico Pascal Greggory) e la scoperta di nuovo dell’amore. Per la protagonista, Sandra (Seydoux), quest’ultimo arriva dopo cinque anni di solitudine, da quando è morto suo marito, il padre della figlia, e grazie a un vecchio amico – che all’improvviso guarda in modo diverso.

IL CAMMINO emozionale in «parallelo» tra il distacco dalla figura paterna, che perde ormai la memoria e non può più stare a casa da solo ma deve essere collocato in una Rsa, e la crescita di questo rapporto, di forte intensità fisica, all’inizio molto complicato è fatto di una quotidianità colta con delicatezza.
Intorno ci sono altre figure – come la madre prima militante di sinistra ora macroniana (Nicole Garcia) e gli allievi del padre, oltre naturalmente la bambina con la sua semplice e serena accettazione degli eventi, tutti parte di questi piccoli gesti, di qualche inciampo, di quei momenti che narrano la vita, Un beau matin – è un film di suggestioni, frammenti, passaggi e nei suoi toni a tratti crepuscolari – si lascia portare dal flusso di questa esistenza seguendo la propria protagonista in situazioni che riflettono le esperienze comuni.
Da un movimento opposto quanto complementare parte invece il diario famigliare di Les Annèes Super 8 firmato dalla scrittrice Annie Ernaux insieme al figlio David Ernaux-Briot. L’origine sono i materiali dei film girati dal padre del regista, ex marito di Ernaux, tra il 1972 e il 1981, che con la cinepresa prova a catturare momenti della vita famigliare, la casa, le vacanze, le corse sugli sci, le visite alle reciproche famiglie, volti di persone che oggi non ci sono più.
«Rivedendo oggi quelle immagini ho capito che non si trattava solo di un archivio privato ma ognuna delle situazioni che ci mostrano sono una testimonianza sullo stile di vita e le aspirazioni di una classe sociale nel decennio dopo il 1968» dice Ernaux nella presentazione del film – è lei che ha scritto il testo che le tiene insieme, sua è la voce narrante.

DUNQUE una famiglia «vera» che si allontana però nella narrazione in una messinscena semplice tra benessere, aspirazioni di scoprire il mondo, desideri di sintonizzarsi sulle onde del momento – il viaggio in Cile che allora la Francia, poco prima del golpe, aveva deciso di scoprire. Ma soprattutto dove Ernaux riprende osservando la se stessa madre di famiglia, in quelle immagini le sue riflessioni sulla propria vita e le scelte da compiere, lì il film è più riuscito, portandoci ancora una volta ma da una diversa prospettiva rispetto a quella delle sue pagine nella vita di una donna e tra le sue scelte anche dolorose, spesso in contrasto con il proprio tempo e i ruoli che venivano imposti.