È un accordo per tutelare la democrazia di tutto il mondo», afferma il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Dimostra alla Russia che non siamo disposti a fare nessun passo indietro», sostiene Joe Biden. La domanda è se l’accordo siglato ieri dal presidente americano e il suo omologo ucraino – definito «storico» da Zelensky, «il più forte con gli Stati uniti fin dalla nostra indipendenza» – durerà i 10 anni promessi o la manciata di mesi che mancano alle elezioni americane.

L’accordo bilaterale sulla sicurezza con Kiev, che Biden aveva paragonato a quello in vigore con Israele, non è infatti un trattato che deve essere approvato dal Congresso, e rischia dunque di venire spazzato via con estrema semplicità, in poche ore, se Donald Trump dovesse riconquistare la Casa bianca. Ma intanto è «senza precedenti» ed è stato al centro della conferenza stampa congiunta tenuta nella serata di ieri da Biden e Zelensky, un bilaterale altamente pubblicizzato proprio per rappresentare come ferrea un’alleanza che rischia di essere al contrario molto fragile.

Come fanno notare gli stessi giornalisti al leader di Kiev – cosa intende fare se presto i governi che hanno sottoscritto questi impegni cambieranno? Zelensky non può che essere evasivo, condanna la «crudeltà» della guerra russa e aggiunge: «Se la gente è con noi ogni leader lo sarà in questa lotta per la giustizia».

MA IN COSA CONSISTE questo accordo con gli Usa? Lo spiega Biden: fornitura di armi e munizioni, «sostegno dello sviluppo industriale» affinché Kiev sia nella condizione di «produrre indipendentemente» armamenti, ampliamento «della condivisione reciproca di intelligence», sostegno alla ripresa economica ed energetica dopo che «la Russia ha colpito ripetutamente le infrastrutture dell’Ucraina».

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Continua inoltre l’impegno ad addestrare il personale militare ucraino – ma in paesi europei, consentendo agli americani di non mettere i boots on the ground in Ucraina – e l’approvazione Usa all’«accelerazione dell’ingresso di Kiev nell’Alleanza atlantica», sorvegliando sulle necessarie riforme in senso democratico nel Paese. A chi gli chiede se abbia anche intenzione di rivedere la sua posizione sull’uso delle armi a lungo raggio americane in guerra, consentendo di colpire al cuore della Russia, Biden risponde in senso negativo: «Ha perfettamente senso colpire le postazioni russe da cui viene attaccata l’Ucraina», ma «appena al di là del confine. La nostra posizione in tal senso non è cambiata».

IL PRESIDENTE AMERICANO fra i tre «traguardi» raggiunti dal G7, annovera poi i 50 miliardi di profitti dai fondi sovrani russi congelati che verranno destinati alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina annunciati alla vigilia del vertice dal presidente francese Emmanuel Macron e confermati nella giornata ieri sul suo profilo X (ex Twitter) dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che insieme al presidente del consiglio Ue Charles Michel sta partecipando ai lavori. «Il G7 ha approvato la fornitura all’Ucraina di prestiti del valore di 50 miliardi di dollari per la fine dell’anno. Useremo i profitti generati dai fondi sovrani russi congelati per coprirli». Un’azione europea, aggiunge su X von der Leyen, per contribuire «alla difesa e alla ricostruzione dell’Ucraina».

LA REAZIONE RUSSA – dopo che in giornata i media avevano sottolineato la debolezza della maggioranza dei governi che partecipano al vertice – è stata rabbiosa: la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha dichiarato che se l’Occidente impiegherà i fondi russi «la risposta di Mosca sarà molto dolorosa per l’Unione europea».

Intanto però nei confronti della Russia, durante la conferenza congiunta con Zelensky Biden annuncia 300 nuove sanzioni «su individui e entità» che fanno affari con Mosca, oltre ad ammonire tutte le banche e le istituzioni finanziarie che fanno altrettanto: «Potrete essere sanzionate anche voi». Costante il riferimento alla Cina, e alla sua fornitura di tecnologie necessarie a costruire le armi di Mosca. Zelensky, meno coinvolto nello scontro fra grandi potenze, glissa la domanda su Pechino con un giro di parole shakespeariano su Xi – uomo d’onore che «al telefono mi ha garantito che non fornirà armi alla Russia, lo prendo in parola. La guerra russa in Ucraina – aggiunge – è una minaccia per il mondo intero», e le promesse di armamenti statunitensi «per la nostra difesa», fra cui gli agognati f-16, sono «buone».

ANNUNCI DI NUOVE SANZIONI alla Russia arrivano in giornata anche dal Regno unito, anche se il premier Rishi Sunak, a meno di un mese dalle elezioni che per i sondaggi travolgeranno i Tories, è una sorta di dead man walking che si aggira fra i colleghi che con ogni probabilità – come nota Politico – nel corso di questo summit pugliese si limiteranno a rivolgergli imbarazzati sorrisi di cortesia.