«The Green Border», il confine dell’umano e l’Europa a due facce
Venezia 80 Il film di Agnieszka Holland, in concorso, accende i riflettori sulla brutalità dei respingimenti. La persecuzione contro i migranti tra Polonia e Bielorussia, il rischio della solidarietà, la zona rossa
Venezia 80 Il film di Agnieszka Holland, in concorso, accende i riflettori sulla brutalità dei respingimenti. La persecuzione contro i migranti tra Polonia e Bielorussia, il rischio della solidarietà, la zona rossa
The Green Border, Il confine verde, è quello tra la Bielorussia e la Polonia, chilometri infiniti di alberi, di natura, di animali che separano l’Europa (e la Nato) dalla zona di influenza russa,e che oggi sono uno dei luoghi d’accesso possibile per chi cerca di entrare in Europa «clandestinamente» ma viene invece stritolato dalle politiche europee e da quelle dei singoli governi. Da una parte la Polonia cattolica e razzista – come tanti altri paesi europei – dall’altra la Bielorussia di Lukashenko che ha illuso chi arrivava da zone devastate dai conflitti quali Siria e Afghanistan di un territorio safe-gate Giunti lì in volo potevano facilmente attraversare il confine che li avrebbe portati in Europa, fortezza e al tempo stesso luogo fragile di contraddizioni sempre più profonde.
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Le morti silenziose al confine tra Polonia e BielorussiaIN QUESTO che diventa un teatro del contemporaneo, Holland dispone i suoi soggetti: ci sono i soldati che si prestano a questa disumanità «per dovere» -eichmannianamente. Gli attivisti che aiutano e provano a resistere correndo molti rischi. I cittadini indifferenti che se li critico poi non trovo lavoro. Chi come Julia, che è psicanalista, ha scelto di non occuparsi dal mondo e si stupisce di fronte alla rabbia contro la destra e le bugie sui migranti di un suo paziente. Questi universi, ciascuno con la sua visione della realtà si incrociano, qualcuno cambia e decide di esporsi, molti altri rimangono invece nelle loro convinzioni. Finché nell’ultimo capitolo i confini si aprono: è iniziata la guerra in Ucraina, i profughi ucraini arrivano accolti con gentilezza anche dalle autorità. Cosa hanno di diverso dagli altri?
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Al confine tra Polonia e Bielorussia. Un anno dopo, la guerra ibrida prosegue nel silenzioÈ UN RITUALE ripetuto, feroce, implacabile che si afferma, in cui a un certo punto i migranti quasi spariscono come individui, nonostante ciascuno ripeta spesso le sue storie, per diventare una moltitudine indistinta da inseguire e strumentalizzare. È l’aspetto più forte della regia che in questa «frattura» rispetto a un racconto concentrato su una sola prospettiva solleva la sua inquietudine sulla contemporaneità e sul futuro. Come può quanto accade in quel luogo non pesare sul resto, non determinare altre repressioni, altre violenze, nuovi conflitti? L’Europa razzista che si riflette nel totale distacco di chi massacra le persone mentre si organizza la serata – come fanno molti dei giovani militari – o appunto in chi pensa che quanto accade non lo riguarda che prospettiva sociale e politica può offrire? Così come la volontà dell’accoglienza basata sulle opportunità, secondo guerre e provenienze. Questione di opportunità. E di un diritto che non ha valore in sé. Holland ci riflette e insieme ai migranti parla di noi.
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