Il cinema polacco se la prende con l’emergenza umanitaria al confine fra Polonia e Bielorussia. «Sebbene tra mille difficoltà produttive è il cinema europeo in generale a dover restare ancorato alla realtà e ai problemi dei tempi in cui viviamo», dice Agnieszka Holland raggiunta ieri al telefono a Parigi. Ma il pensiero della regista polacca, oggi in volo verso il Canada per il Toronto International Film Festival, va anche al prossimo 15 ottobre nel suo paese. In tale data il governo polacco chiederà ai propri cittadini, nel giorno delle elezioni politiche, di esprimersi anche tramite referendum sull’accoglienza, al momento soltanto ipotetica, di «migliaia di immigrati clandestini» provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa. Argomento su cui la cineasta, classe 1948, ha le idee molto chiare. «Negli ultimi tempi alcuni nostri ministri hanno continuato a ripetere che i profughi sono dei terroristi e dei pedofili contribuendo ad alimentare un clima di paura e sospetto nell’opinione pubblica. E chiaro che adesso vogliono sfruttare la situazione a loro vantaggio senza farsi scrupoli. A Orbán è andata bene in Ungheria quando nell’aprile del 2022 ha fatto svolgere nello steso giorno le parlamentari e un referendum su una legge anti-Lgbt+», racconta Holland, fresca del Premio speciale della Giuria per Green Border presentato qualche giorno fa alla Mostra del cinema di Venezia.

L’ARTISTA VARSAVIANA ci tiene a ribadire quali sono le motivazioni che l’hanno spinta a realizzare un film di finzione incentrato su questo tema: «In poco tempo il nostro governo ha messo in piedi un laboratorio di violenza e di propaganda politica ricorrendo allo stato di emergenza per tenere alla lontana giornalisti e attivisti pronti a soccorrere i migranti in difficoltà. Il governo polacco ha deciso di ignorare il diritto d’asilo alla frontiera in modo crudele e senza fare concessione alcuna. Da Usnarz Górny è partita poi una campagna di respingimento dei migranti in modo sistematico che va avanti ancora adesso».

CORREVA L’ESTATE del 2021 quando è scoppiata una crisi umanitaria, tutt’ora in corso, alla frontiera tra Polonia e Bielorussia. Donne e bambini spesso di provenienza mediorientale si sono ritrovati in una trappola mortale sospesi nel limbo tra due paesi senza sapere dove andare. Adesso le cose sono cambiate, ma non necessariamente per il meglio. Lo stato di emergenza è stato revocato e i reporter in Polonia possono ora ottenere un accredito per visitare le zone al confine previa autorizzazione dei commissari locali della Straz Graniczna (Sg), la polizia di frontiera in Polonia. Senza dimenticare il muro di filo spinato lungo 186 chilometri, voluto dal Pis (il partito di governo della destra populista), che adesso separa i due paesi.

È dal 2015 che il Pis e i suoi alleati continuano a sfruttare la rete televisiva Tvp come grancassa politico-mediatica per il proprio tornaconto elettorale. Ma la tentata propaganda cinematografica in salsa Pis invece continua a essere un fiasco. «Per fare cinema di propaganda bisogna avere dei buoni mestieranti e mezzi produttivi adeguati. La verità è che nessun artista oppure tecnico di un certo livello sembra disposto a sostenere i partiti al governo».

GREEN BORDER non è un documentario ma tutto si può dire tranne che presenti una versione romanzata dell’emergenza. «Ho scelto Maja Ostaszewska nel ruolo di Julia, l’attivista umanitaria co-protagonista del film, non solo per l’immenso valore dell’attrice ma anche perché ha prestato servizio come volontaria al confine in quel periodo. Posso dire che la sua esperienza sul campo mi ha dato molto nel processo di realizzazione del film».

Un’immagine da «Green border»
Un’immagine da «Green border»

La politica di respingimenti indiscriminati voluta da Varsavia resta un argomento molto scomodo per il governo. Sono almeno 50 le vittime ritrovate nella zona di frontiera tra Polonia e Bielorussia dall’inizio della crisi umanitaria.

COME C’ERA da aspettarsi l’ennesimo film di denuncia di Holland non è andato giù a molte persone in patria, uno su tutti il “superministro alla giustizia” e procuratore generale Zbigniew Ziobro dell’ultradestra di Polonia solidale (Sp), alleata del Pis al governo. «Nel Terzo Reich, i tedeschi producevano delle pellicole di propaganda che rappresentavano i polacchi come banditi e assassini. Oggi possono contare anche su Agnieszka Holland», ha twittato la settimana scorsa Ziobro a ridosso della presentazione di Green Border al Lido di Venezia. Holland ha poi fatto sapere tramite il suo avvocato che Ziobro ha una settimana di tempo per scusarsi del paragone. In caso contrario la regista polacca presenterà una querela per diffamazione e la sortita infelice di Ziobro verrà valutata da un tribunale. L’occupazione nazista è un tema che tocca personalmente la regista di origini ebree. Oltre a essere una giornalista, sua madre aveva fatto anche da officiale di collegamento della resistenza durante l’occupazione nazista di Varsavia. Un motivo in più per annunciare battaglia in aula, ove fosse necessario: «Non dobbiamo concedere nulla a chi detiene il potere in un contesto così politicizzato».