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Terremoto, è caos macerie. Nel decreto niente proroghe

Terremoto, è caos macerie. Nel decreto niente proroghe

Il caso Il sisma nel Centro-Italia risale al 2016. La protesta dei sindaci. Bloccati i centri di smistamento, fermi gli impianti, lavoratori messi in ferie forzate, si pagano 200 mila euro al mese per stipendi e macchinari

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 14 gennaio 2020

Dall’inizio dell’anno non c’è più nessuno a raccogliere le macerie de terremoto dell’Italia centrale. I trentacinque dipendenti del consorzio Cosmari, incaricato del lavoro, sono in ferie forzate a tempo indeterminato. Il motivo è l’ennesima assurdità del postsisma: nell’ultimo decreto del governo mancano le proroghe per i centri temporanei di smistamento e deposito dei resti dei paesi distrutti nel 2016. Gli impianti di Arquata del Tronto, Monteprandone e Tolentino sono fermi, e Cosmari continua a pagare circa 200mila euro al mese tra manutenzione dei macchinari e stipendi.

GLI ULTIMI DATI, diffusi in estate, parlano di 800mila tonnellate di macerie ancora da smaltire su 2.5 milioni in totale. Di queste centomila sono ad Arquata, come conferma il sindaco Aleandro Petrucci, che continua a lanciare appelli disperati per evitare che il suo paese venga completamente dimenticato. «Se le cose non cambieranno al più presto – dice con il solito tono battagliero – siamo pronti a manifestare in piazza con tutti i consigli comunali dei paesi devastati dal sisma». Il problema è che non è chiaro a chi ci si debba rivolgere. «Il commissario Farabollini non mi risponde, ma continuerò a chiamarlo». Va detto che Farabollini, nel suo anno abbondante di gestione, è sempre stato difficile da contattare da parte dei sindaci terremotati, ma almeno per questa volta ha un’ottima scusa: il suo contratto è scaduto lo scorso 31 dicembre e ancora non si sa nulla, se verrà confermato oppure se verrà sostituito. In questo secondo caso si tratterebbe del quarto commissario in quattro anni di doposisma: domani a Roma ci sarà un’assemblea dell’Anci, dove si cercherà di fare maggiore chiarezza sul punto. C’è chi, come Petrucci, riterrebbe «una barzelletta» una nuova nomina e chi invece vorrebbe a capo della ricostruzione una figura puramente tecnica, senza affiliazioni politiche (Farabollini viene visto da alcuni, soprattutto a destra ma non solo, come troppo vicino al Movimento Cinque Stelle).

QUELLA DELLE MACERIE, comunque, è una questione che dà problemi sin dall’inizio di questa storia: in provincia di Ascoli, ad esempio, la prima ditta che si occupava del loro smaltimento (la Picenambiente) è stata rimossa per inadempienze nell’ottobre del 2018 e al suo posto è arrivata la maceratese Cosmari, che però ha anch’essa diversi problemi non trascurabili.

ALL’INIZIO dell’anno scorso, infatti, è entrato definitivamente in funzione il nuovo centro di smistamento di Tolentino, completamente finanziato dalla Regione Marche con 4 milioni di euro. Secondo le previsioni, qui sarebbe stato possibile trattare fino a 1.500 tonnellate di macerie al giorno, ma finché è stato in attività (fine dicembre 2019) il volume medio è stato di nemmeno un terzo: 425 tonnellate giornaliere. Troppo poche. Inoltre, lo scorso settembre, l’ultimo bilancio del consorzio è stato approvato con un preoccupante rosso di due milioni di euro, senza tenere conto dei costi di smaltimento dalle macerie, non ancora conteggiati. La situazione ribolle e non sono pochi i sindaci marchigiani che avanzano perplessità su come Cosmari stia gestendo la faccenda. In tutto questo, mentre il cratere continua a perdere abitanti (come certificato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Urbino di pochi mesi fa), la ricostruzione non accenna a partire.

ORMAI non vengono nemmeno diffusi più i dati sugli edifici privati ricostruiti, ma il conteggio ufficioso è fermo sotto all’uno percento del necessario. Il resto aspetta. E spera di non finire definitivamente nel dimenticatoio.

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