«Non c’è una eruzione imminente, ma una intensificazione dell’attività sismica. Prevista, peraltro». Sono le 17 di martedì e Mauro Di Vito, il direttore dell’Osservatorio Vesuviano, fa il punto sul bradisismo. Dopo il lunedì “ballerino” – ben 160 scosse, la più forte di magnitudo 4.4 (un record nella storia dei Campi Flegrei in epoca strumentale) intorno alle 20.30 – che ha gettato nel panico la popolazione di Pozzuoli e dintorni e di vari quartieri di Napoli ed ha convinto centinaia di persone a trascorrere la notte in strada, ieri (almeno fino alla prima serata) non si sono avuti altri forti tremori. Potrebbero esserci, però, nei giorni a venire.

«La pressione dei gas che risalgono dal sottosuolo e che sono generati dal magma – argomenta il vulcanologo – è aumentata e con essa si è incrementata la deformazione della crosta, che genera terremoti». Perché, dunque, è categorico nell’escludere che una eruzione sia imminente? «Non c’è risalita di magma ma solo di gas – risponde – e questo è un aspetto fondamentale. Un recente studio ipotizza che il magma sia ad una profondità di 5 chilometri. Senza contare, peraltro, che alla vigilia di una eruzione avremmo variazioni gravimetriche, terremoti con meccanismo diversi da quelli recenti e altri segnali premonitori». Il punto, peraltro, è chiarirsi su quell’aggettivo: imminente. Quanto tempo prima di una eruzione si paleserebbero i precursori? «Lei – risponde Di Vito – mi trascina su un terreno minato. Nessuno oggi può dirlo. Chi si sbilancia non è serio come non lo è chi afferma che potrebbe esserci una eruzione senza alcun precursore». Quanto durerà ancora la fase di sollevamento del suolo con i sismi che porta con sé? «Potrebbe terminare tra un mese – dice il vulcanologo – o evolvere diversamente. Chi azzarda previsioni gioca i numeri al lotto».

Se questo è il quadro, diventano più che mai centrali due temi. Uno è quello del piano di emergenza nazionale, della conoscenza che ne ha la popolazione, della sua funzionalità, del suo costante aggiornamento e del suo coordinamento con i piani comunali. L’altro è quello delle condizioni statiche di partenza degli edifici della zona flegrea e di Napoli, i quali potrebbero essere esposti ancora a lungo a sollecitazioni di terremoti fino a magnitudo 5, perché questo è il limite di intensità stimato dagli studiosi per i terremoti correlati al bradisismo. Il piano è tarato sulla ipotesi di una eruzione non catastrofica, come pure ce ne sono state nella storia della caldera flegrea, ma analoga a quella del Monte Nuovo nel 1538.

La Protezione Civile ha istituito una zona rossa che corrisponde alle aree che, in caso di allarme, verranno evacuate entro tre giorni. Coinvolge circa mezzo milione di persone e include Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida e Quarto; parte di Giugliano e Marano; alcuni quartieri di Napoli. «Bisogna anche prepararsi – sostiene Giuseppe De Natale, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano che puntualizza di parlare a titolo personale – ad una eventuale evacuazione ad eruzione già in corso. I pochi casi di evacuazione di popolazioni per il rischio eruttivo che hanno avuto pieno successo sono avvenuti ad eruzione appena iniziata o in corso». La questione degli edifici, poi, si può raccontare in maniera semplice: una parte consistente del patrimonio edilizio nelle zone rossa e gialla è costituita da palazzi i quali, anche se non ci fosse il bradisismo con i suoi terremoti, avrebbero necessità di impegnative ristrutturazioni.

Ieri, dopo il lunedì nero, sono stati effettuati controlli in diverse scuole. Queste ultime, proprio per consentire le verifiche, a Pozzuoli restano chiuse anche oggi. A Napoli riaprono, invece, quelle dove ieri non si sono svolte le lezioni per i sopralluoghi dei tecnici. Non hanno evidenziato problemi, secondo ciò che ha detto in conferenza stampa il sindaco Manfredi. Quanto alle case, tra Pozzuoli e Bacoli sono stati sgomberati 19 palazzi ed evacuate 42 persone. Sempre a Pozzuoli è stato evacuato il penitenziario femminile: 140 recluse sono stare trasferite in autobus in altre carceri. Le scosse di lunedì sera hanno infatti provocato lievi danni alla struttura.

Nella città flegrea la Protezione civile ha allestito cinque aree di attesa ed un’area di accoglienza, dove hanno dormito 80 persone nella notte tra lunedì e ieri. «Noi però – racconta Chiara Ancheno, guida turistica che vive nei pressi dell’Anfiteatro Flavio – siano rimasti per ore senza alcun sostegno. Ci eravamo sistemati con le auto in uno spiazzo. Solo verso le tre sono arrivati i primi volontari della Protezione Civile, ma non avevano nulla, né acqua né bagni chimici. Abbiamo fatto pipì per terra». Lunedì sera ha assistito a scene di panico: «Dopo la scossa più forte c’era chi urlava in strada senza sapere bene cosa fare e tanti si sono precipitati in auto sulla tangenziale, creando un maxi ingorgo». Oggi a Roma vertice interministeriale sulla situazione nei Campi Flegrei.