Sulla spiaggia di Cutro il dramma senza fine dei migranti
Scena da «Arithmos-Kr46M0, KR14F9» – Angelo Maggio
Visioni

Sulla spiaggia di Cutro il dramma senza fine dei migranti

A teatro «Arithmos-Kr46M0, KR14F9», azione scenica di testimonianza di Giancarlo Cauteruccio sul terribile naufragio

Pubblicato più di un anno faEdizione del 1 aprile 2023
Mariateresa SurianelloSTECCATO DI CUTRO

Un silenzio gonfio di dolore interrompe il brusio, anche il forte vento di Ponente sembra arrestarsi per l’incipit di Arithmos – Kr46M0, Kr14F9, mentre una moltitudine di artisti si agglomera da un lato e si immobilizza.

Sulla spiaggia di Steccato di Cutro, autori, attori, musicisti, danzatori calabresi si sono raccolti intorno alla chiamata di Giancarlo Cauteruccio per questa azione di testimonianza, a un mese dal terribile naufragio del 26 febbraio. Poi si rimescolano tra la folla di spettatori e le parole profetiche del pasoliniano Alì dagli occhi azzurri avviano i contributi poetici, tra gli sguardi attoniti e pieni di lacrime degli steccatesi, ancora in cerca dei corpi dei migranti che quel mare continua a restituire.

Se per la scuola pitagorica di Crotone la sostanza è il numero, Massimo Ferrante dedica un’antica ninna nanna a quel numero imprecisato di bambini annegati a pochi metri dalla riva, prima di lasciare il microfono a Dario De Luca col Canto I dell’Eneide.

QUANTI SIANO i morti non è dato sapersi, per questo Cauteruccio, rifacendosi a Pitagora, per il titolo traslittera dal greco la parola numero, e nell’inquietante sottotitolo riporta i codici apposti su due bare bianche, quella di un maschio di pochi mesi (il 46° cadavere) e di una femmina 9 anni (il 14°).

Se per la scuola pitagorica di Crotone la sostanza è il numero, Massimo Ferrante dedica un’antica ninna nanna a quel numero imprecisato di bambini annegati a pochi metri dalla riva, prima di lasciare il microfono a Dario De Luca col Canto I dell’Eneide, che ci ricorda la traversata del Mediterraneo del mitico profugo troiano. Le azioni si susseguono per frammenti, dalle Troiane dei cosentini di Rossosimona ai versi del reggino Massimo Barilla, passando per il lametino Dario Natale, e un’incursione in forma scritta dei riminesi Motus.

Mentre il vento copre i resti del naufragio, zaini, maniche di giacche strappate dalla furia delle onde di quella notte, peluche… non arrivano applausi in questo rito laico, ma domande. Perentorie: cos’è successo, perché quelle persone non si sono salvate?

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