Cutro: un mese dopo la strage, le vite dei sopravvissuti
Muro a mare C’è chi ha chiesto di andare all’estero e chi invece ha presentato domanda di asilo in Italia. Ma in tutti resta lo shock per la tragedia
Muro a mare C’è chi ha chiesto di andare all’estero e chi invece ha presentato domanda di asilo in Italia. Ma in tutti resta lo shock per la tragedia
Sono 12 le salme dei naufraghi di Steccato di Cutro ancora al Palamilone di Crotone. Cinque rimangono senza identità. Nei prossimi giorni quelle identificate saranno trasferite nelle sedi scelte dai familiari. I morti finora accertati sono 90, i dispersi 10. Per quanto riguarda i 77 sopravvissuti (oltre ai 4 in arresto in quanto ritenuti presunti scafisti) 38 hanno fatto richiesta di ricollocamento in Germania, uno in Francia e uno in lrlanda. Tutti hanno già svolto le audizioni con le delegazioni dei governi stranieri alla Commissione territoriale al Centro di accoglienza Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto. I 40 sono ospiti presso l’hotel Casarossa del capoluogo. In 18, invece, hanno presentato richiesta di asilo in Italia e sono stati trasferiti in vari centri della rete Sai. Nel conteggio ci sono anche 5 minori non accompagnati. Gli altri, dopo il trasferimento al Casarossa, si sono allontanati spontaneamente: essendo richiedenti protezione internazionale sono liberi di muoversi in Italia.
SULLE ALTURE a nord di Cosenza, a San Benedetto Ullano (Shën Benedhiti), borgo arbereshe di 2mila anime, hanno già trovato ospitalità tre asilanti pakistani. Sono due fratelli maggiorenni e il cugino, minore di 17 anni. Sono stati affidati all’associazione don Matrangolo di Acquaformosa. Il presidente è Giovanni Manoccio, sempre in prima linea sul tema dell’accoglienza e della difesa di chi fugge da guerre e povertà. I tre sopravvissuti di Steccato, entrati nel Sai (Servizio accoglienza e integrazione) di Acquaformosa, intraprenderanno un percorso scolastico e lavorativo di un anno. «Hanno manifestato l’intenzione di restare in Italia. Se vorranno, i maggiorenni potranno iscriversi all’Università della Calabria» sottolinea Manoccio. I tre erano scappati dal Pakistan per sfuggire a una persecuzione etnica. E si erano imbarcati a Smirne il 22 febbraio. Hanno ancora negli occhi il dolore e lo smarrimento della terribile tragedia che hanno vissuto. Quella notte si trovavano a prua della nave che si è inabissata, spezzandosi in due. Sono sicuri che i dispersi si trovino sotto la parte del battello che è affondata. Pur tuttora traumatizzati, vogliono lasciarsi alle spalle quella notte maledetta. Dal 9 marzo vivono in un appartamento di San Benedetto circondati dai boschi di faggio che incorniciano la splendida valle. Alcuni imprenditori della zona hanno formalizzato le proposte di assunzione. «Con il loro arrivo ho rivissuto i giorni seguenti all’altro tragico naufragio di Lampedusa nell’ottobre del 2013- continua Manoccio -. Anche allora alcuni profughi eritrei furono qui ospitati. Ma oggi noto una maggiore sensibilità popolare. La morte di così tanti bambini ha commosso tutta l’Italia. Spero che questo determini un cambio di passo nelle politiche migratorie. Ma sono pessimista. Il governo Meloni ha ormai sedimentato un brutto clima contro i salvataggi e i soccorsi in mare».
NEI LOCALI di via Luigi Pirandello a Crotone ha sede la cooperativa Agorà Kroton. Con 35 anni di impegno civile alle spalle, dedicato al contrasto delle dipendenze, all’accoglienza di migranti, al sostegno educativo, all’inclusione sociale delle fasce deboli, Agorà Kroton si è presa in carico 6 migranti sopravvissuti. La cooperativa aderisce alla rete Sai e lavora su due progetti, uno comunale e uno provinciale rispettivamente con 110 e 100 posti. «Sono stati accolti negli appartamenti previsti dal progetto e arrivano dal Pakistan» racconta Youssef Mohammad Omar, il mediatore culturale che li segue. Hanno formalizzato la volontà di chiedere asilo e di restare in Italia. «Frequentano un corso di italiano, di integrazione e di supporto psicologico. Il loro morale sta migliorando giorno dopo giorno». Hanno già svolto il colloquio presso il Cara. In una situazione «normale» la richiesta d’asilo dovrebbe essere fatta al Cara, per poi procedere con l’audizione in commissione fino all’accoglienza diffusa nelle Reti Sai. In questo caso eccezionale l’iter di richiesta d’asilo non è ancora partito ufficialmente, è stata registrata solo la volontà di chiedere asilo nel territorio. Una volta avviato l’iter burocratico saranno poi inseriti nel mondo del lavoro. La seconda accoglienza può durare sei mesi, che possono essere prolungati per altri sei. Più in generale, il post 26 febbraio ha suscitato le critiche dei giuristi calabresi aderenti all’Asgi.
IL TRATTAMENTO riservato ai naufraghi non è stato impeccabile. Anzi. Il Viminale ha fatto una pessima figura. Prima parcheggiati al Cara, costretti a dormire in promiscuità e su panche di legno, poi trasferiti in albergo, considerati più come ingombri da nascondere che esseri umani. «Per quel che emerge dal monitoraggio di molte associazioni, permangono le criticità già evidenziate nei primi dieci giorni dal naufragio – spiega al manifesto Francesco Maria Sicilia- stiamo avendo conferma che nessuna informativa giuridica è stata effettuata nei confronti dei superstiti e permangono enormi problematiche relative al rimpatrio delle salme. Enormi sono stati i ritardi sia nelle registrazioni delle domande di asilo sia nel trasferimento in strutture di accoglienza degne di questo nome, senza ricevere nel frattempo alcun servizio di quelli previsti dalla normativa in materia di accoglienza. Permane il senso di assenza delle istituzioni».
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