Sul Ponte di Messina voluto da Salvini grande è l’allarme. Ieri l’ex sindaco di Messina, Renato Accorinti, in prima linea, da oltre venticinque anni, contro la mega-opera cara alle destre sin dai tempi di Berlusconi, ha chiesto in piazza del Parlamento l’unità delle opposizioni contro un governo che prenderà 2,3 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione, 1,6 da Calabria (300 milioni) e Sicilia (1,3 miliardi).

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Così è stato stabilito da un emendamento dell’esecutivo alla legge di bilancio che è stato contestato, senza conseguenze, anche dal presidente della regione Sicilia, Renato Schifani (Forza Italia). «Il Ponte è una bomba atomica sul Meridione» ha detto Accorinti. La segretaria del Pd Elly Schlein ha condiviso la protesta. «Bisogna unire forze contro progetti sbagliati». «L’opera va fermata. È un furto di risorse al Sud, presenterò un esposto» ha aggiunto Angelo Bonelli (Avs). Polemiche da destra dove sono tornati al ritornello contro i «signori del No».

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In realtà, oltre alla gravità del progetto in sé, in questo caso si contesta l’austerità 2.0: si taglia per compensare gli effetti di altri tagli, illudendosi che sia a costo zero. Mentre, invece, è una sottrazione di risorse destinate ad infrastrutture materiali e sociali necessarie.

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Lo stesso avverrà sulla sanità difesa a parole dal governo. Poi un altro emendamento alla manovra ha stabilito che saranno tagliati 3 miliardi dal 2033 al fondo sanitario nazionale per compensare i tagli alle pensioni del personale medico. Tre miliardi sono stati messi in finanziaria quest’anno. Il governo ha incassato tre scioperi. E altre 48 ore di stop sono state annunciate a gennaio dai sindacati.

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In queste condizioni, venerdì, una legge di bilancio modesta e iniqua sarà approvata con la fiducia, in prima lettura al Senato. Nel rispetto di una consolidata tradizione, anche l’attuale governo è arrivato in affanno al fotofinish, nonostante la maggioranza blindata, il tentativo di non presentare emendamenti, cosa regolarmente fatta sia dall’esecutivo che dai relatori di maggioranza. In queste settimane di appannata navigazione la manovra si è arricchita di micro-misure: il raddoppio del «bonus psicologo» dopo le proteste per esempio. E agli enti locali, anche loro in polemica, è stato dato il «contentino»: circa 280 milioni di euro dalle risorse straordinarie Covid 2020-2022 (il virus è ovunque, ma si fa finta che non ci sia). I tagli ai comuni però ci saranno: 600 milioni all’anno. Le risorse li attenueranno del 20% tra il 2024 e del 30% nel biennio successivo. È la regola dell’austerità.

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La maggioranza continua ad avere la grana del Superbonus. Definito «radioattivo» dal ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, l’oneroso «bonus» all’origine di molte polemiche resta un problema per la maggioranza attuale. Forza Italia si è battuta senza successo per ottenere una mini-proroga sul termine dei lavori. Il relatore della legge per Fratelli d’Italia Guido Liris ha proposto un «Sal» (stato di avanzamento lavori) «straordinario» a costo zero per tutti i lavori effettuati nel 2023 anche se non conclusi. Se ne riparlerà probabilmente nel Milleproroghe, oppure in un altro provvedimento ad hoc. Comunque dopo l’approvazione della manovra prevista tra Natale e Capodanno.

Domani, durante la conferenza stampa «di fine anno», la presidente del Consiglio Giorgia Meloni potrà cogliere un’altra occasione per addebitare tutti i problemi della sua politica economica al maledetto «superbonus». Stando ad alcune stime, a novembre sarebbe costato 4 miliardi, portando il costo totale a 98 miliardi.