I dati, messi in fila, in maniera precisa e scevra dalla propaganda e dai tecnicismi, fanno impressione. Ma finalmente capiamo il senso politico della legge di bilancio costruita dal governo Meloni.

Parliamo di una «leggina» sbagliata, rinunciataria, iniqua e inadeguata che prevede una riduzione delle tasse (cuneo fiscale, Irpef) annullata dall’inflazione. Ci sono i tagli lineari agli enti locali (600 milioni ogni anno per i prossimi tre) e ai ministeri (meno 5% della spesa). C’è un piano triennale di privatizzazioni da 22 miliardi: un autentico miraggio.

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Senza contare gli investimenti a dir poco contenuti (l’8% dell’intera manovra da 24 miliardi di euro). A tal proposito il governo ha detto che ci sono le risorse stanziate dal «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). La pioggia dei miliardi però obbedisce ad altre regole e scadenze. Ed è ancora da dimostrare la capacità di usare queste risorse. Poi ci sono le briciole alla sanità (i 3 miliardi in più sono insufficienti in prospettiva). Soprattutto ci sono tagli: alle pensioni che porteranno agli scioperi dei medici. Quelli al servizio civile (meno 200 milioni), alla disabilità (meno 350 milioni), alla cooperazione allo sviluppo (meno 700 milioni) e all’ambiente (meno 280 milioni). I sussidi alle industrie fossili restano: 22,8 miliardi all’anno.

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Tutto questo accade mentre aumentano le spese militari di un miliardo all’anno e cala la crescita (allo 0,7% del Pil, in peggioramento), si stanziano i fondi per il Ponte sullo Stretto (+780 milioni), si criminalizzano i migranti e si introduce la flat tax.
Questa è l’analisi condotta dalla campagna Sbilanciamoci!, composta da 51 associazioni, che stamattina presenta alla sala «Caduti di Nassirya» al Senato la “Controfinanziaria”. Il testo ragiona sugli elementi critici della nuova teoria economica al governo: il «giorgettismo», dal nome del «prudente» e più realista del re ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti. Emergono così gli aspetti regressivi della sua politica economica, molto attenta agli interessi di classe.

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Basti qui un’osservazione precisa: l’esecutivo prevede un aumento del Pil dell’1,2% nel 2024, quando le principali istituzioni internazionali – a cominciare dalla Commissione Europea – ipotizzano una crescita dello 0,7%. Questo significherebbe una manovra molto più in deficit di quello che è attualmente: mancherebbero all’appello quasi 10 miliardi di euro in più oltre i 16 in deficit attualmente previsti. Un aumento di mezzo punto del rapporto deficit-Pil rispetto alle previsioni attuali. Una previsione che potrebbe portare anche a una manovra disastrosa l’anno prossimo. O a una procedura europea per deficit eccessivo a partire da giugno, a urne europee chiuse e dopo il possibile varo a gennaio del «nuovo» patto di stabilità e crescita , attualmente oggetto di una dura contrattazione tra i governi degli stati membri dell’Unione Europea. A questa possibilità è sembrato fare riferimento la scorsa settimana il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni.

L’altra manovra – sarà pubblicata stamattina sul sito www.sbilanciamoci.info – è anche l’occasione per aprire il campo delle possibilità. «Molti emendamenti, ispirati alle nostre proposte, sono stati già presentati in Senato e saranno riproposti alla Camera. Non pensiamo al libro dei sogni, ma a proposte documentate, realistiche e sostenibili – sostiene Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci! – Continuamo sulla “Via maestra”: la rete di associazioni e organizzazioni che hanno manifestato il 7 ottobre a Roma per l’attuazione della Costituzione».

L’importo della «Controfinanziaria» è quasi doppio rispetto a quello pensato dal governo: oltre 46 miliardi di euro. Ci sono 84 proposte praticabili da subito senza alcun impatto sul debito pubblico, assicurano gli economisti di Sbilanciamoci!. Per una transizione ecologica «giusta» ci sono 5 miliardi di euro, sei andrebbero al Servizio Sanitario Nazionale, 2,5 miliardi alle politiche sociali, 6 miliardi al diritto allo studio. E si prevede la costruzione di 50 nuovi Centri antiviolenza contro le donne.

Dalla riduzione delle spese militari arriverebbero 5 miliardi di euro; dall’eliminazione del 50% annuo delle risorse destinate alle fonti fossili permetterebbe un risparmio di circa 7 miliardi. La cancellazione del salviniano Ponte sullo stretto arriverebbero 780 milioni di euro. Dalla riforma dell’imposta di successione deriverebbero 1,969 miliardi in più. Da una tassa sulle speculazioni finanziarie: +3,7 miliardi di euro. Dalla progressività dell’Irpef con tre nuovi scaglioni 2,8 miliardi in più.

Viene disegnato un «nuovo modello di sviluppo» fondato su transizione ecologica, investimenti pubblici e politica industriale, sul welfare e sui diritti. Prospettato l’«uso virtuoso» della spesa pubblica, con una politica fiscale fondata sulla redistribuzione e sulla lotta alle diseguaglianze delineata dalla campagna Tax the Rich promossa da Sbilanciamoci!