Economia

Manovra: alla sanità mancano 19 miliardi, cresce solo la spesa militare

Giancarlo Giorgetti e Giorgia Meloni - foto LaPresseIl ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni – LaPresse

I tagli agli italiani Definanziamento fino al 2030 Gimbe smonta la propaganda di Meloni & Co. Nelle audizioni sulla manovra emerge la realtà: colpiti Istruzione Welfare, enti locali. Gentiloni (Ue): «Il nuovo patto europeo di stabilità facilita gli investimenti nella difesa»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 novembre 2024

Vista tra Roma e l’Eurogruppo a Bruxelles, la prima giornata delle audizioni sulla manovra in corso alle commissione bilancio riunite alla Camera, ma poco frequentate in presenza dai parlamentari, ha confermato un dato politico. Il governo Meloni ha siglato con la Commissione Europea Von Der Leyen (quella uscente e quella entrante) un’alleanza da cui otterrà il riconoscimento politico e la stabilità e, in cambio, farà pagare ai cittadini sette anni di austerità.

Da un lato c’è il taglio di 12 miliardi di euro a ministeri e enti locali (per ora) o il definanziamento della Sanità per 19 miliardi di euro da oggi al 2030 (lo ha sostenuto ieri Nino Cartabellotta del Gimbe in audizione). Dall’altro lato, ci sarà l’aumento della spesa per la difesa: 40 miliardi di euro in 3 anni, 13 in più solo per le armi, sostiene la rete Sbilanciamoci.

IL MANTRA meloniano del «meno tasse» è uno specchietto per le allodole. Si parla del taglio del cuneo fiscale e della riforma dell’Irpef. Costo: tutto compreso, oltre 17 miliardi. Su una manovra di poco più di 28. Il meccanismo lo ha spiegato ieri in audizione la Cgil: «Nei fatti, chi vive di salario o di pensione pagherà, nel 2024, oltre 17 miliardi di Irpef in più, a causa del drenaggio fiscale, finendo per finanziare di tasca propria anche il taglio del cuneo, in una sorta di grande partita di giro a saldo zero – ha detto il segretario confederale Christian Ferrari – È solo una fiscalizzazione della vecchia decontribuzione, con la novità che la stragrande maggioranza del mondo del lavoro non solo non vedrà un euro in più in busta paga, ma ci perderà addirittura qualcosa».

A PRECISARE i contorni politici e ideologici di questa operazione compiuta attraverso la manovra, e con il Piano strutturale di bilancio di medio periodo, è stato ieri l’ancora per poco commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni: «Le nuove regole del Patto di stabilità facilitano in misura maggiore rispetto a quelle precedenti gli investimenti nella difesa in un contesto dove senz’altro l’Unione europea deve far fronte a delle sfide geopolitiche maggiori rispetto al passato». La «sfida» è l’economia di guerra della Nato. Si vedrà tra poco con o senza gli Stati Uniti. Dipende da Trump.

QUESTA PROSPETTIVA era già chiara quando il governo Meloni ha firmato il nuovo patto capestro di stabilità. Ed è diventato evidente dopo le trame con Von Der Leyen che, di par suo, sta militarizzando la politica europea e, in più , gestirà i prossimi anni di contenimento della spesa sociale, blocco del turn over, ridimensionamento dei salari già bassi.

LE CONSEGUENZE di questo patto drammatico e cinico sono state elencate ieri in una sequenza impressionante di audizioni che hanno fatto a pezzi l’impostazione della manovra. Abbiamo detto del Gimbe. La sua audizione è stata la più detonante perché, numeri alla mano, ha smontato i numeri del governo che va in giro in Tv mostrando la calcolatrice.

SI È CAPITO che i tagli agli enti locali (più di 4 miliardi tra regioni, comuni e province) bloccheranno i lavori dei costruttori (Ance), e daranno una mazzata ai servizi pubblici essenziali. Il taglio di oltre 4 miliardi alla transizione «green» dell’automotive è una pietra tombale sull’intero settore dell’auto. Tra l’altro anche Confedilizia ha espresso preoccupazione per il drastico taglio degli incentivi per interventi edilizi. Ciò rischia di tirare giù la crescita del Pil che è sarà probabilmente dimezzata rispetto alle previsioni del governo (0,5% contro l’1%).

VISTA LA DEVASTAZIONE di Valencia è stato interessante ascoltare tra gli altri Legambiente. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici approvato oltre 10 mesi fa non ha coperture, né la manovra se ne preoccupa. C’è un fondo insufficiente da 1,5 miliardi. «Investire solo nella ricostruzione senza intervenire nella prevenzione è un grande danno».

ALLEANZA contro la povertà e Caritas hanno inoltre confermato che l’assegno di inclusione, il supporto per la formazione e la «carta Dedicata a te» sono insufficienti per il contrasto della povertà assoluta (5,7 milioni di persone). Dunque più armi, meno Welfare, condoni fiscali (se ne farà un altro entro la fine dell’anno), negazionismo climatico. E più povertà. Va in onda la nuova stagione della serie «Austerità». È la seconda. Il paese non se ne è ancora accorto. Ed è su questo che puntano Meloni & Co.

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