Il governo Meloni ha trovato il pozzo di San Patrizio. Ha un nome un po’ complicato, ma è molto importante perché serve a (co)finanziare opere e politiche, soprattutto al Sud, insieme ad altri fondi importanti. Si chiama «Fondo per lo sviluppo e la coesione» (Fsc), conta su circa 58,6 miliardi a partire da una dotazione di 73,5 miliardi di euro stanziati per la programmazione stabilita tra il 2021 e il 2027. Oggi, tale Fondo è strettamente connesso al «piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr). È dal suo «tesoretto» che dovrebbero arrivare i soldi (circa 10 miliardi di euro) sottratti al Pnrr dal governo agli enti locali, in particolare ai comuni. Sono risorse utilizzate per l’inclusione sociale, lotta alle povertà, le politiche attive del lavoro, il social housing,la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche, l’efficientamento energetico.

LA NOTIZIA DI IERI è che un emendamento del governo alla propria legge di bilancio – il quarto dopo quelli sulla sanità, la polizia e gli enti locali – dirotterà 2,3 miliardi di euro contenuti nel Fondo per lo sviluppo e la coesione, previsti per Calabria e Sicilia, verso il finanziamento del Ponte di Messina, la mega-opera voluta dal vicepremier ministro dei trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini (Lega). L’operazione è stata decisa per trovare le risorse e permettere l’approvazione del progetto definitivo del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria da parte del Cipess entro il 2024. Politicamente parlando, è un’operazione cinica che conferma l’estrema modestia di una manovra senza investimenti. E che usa gli investimenti previsti per altri programmi per progetti ben lungi dall’essere realizzati a breve. In pratica si dirotterebbero importanti risorse pensate per sostenere le infrastrutture fisiche e sociali in due regioni decisive per soddisfare il costosissimo progetto di Salvini (11,6 miliardi), oltre che per puntellare il suo enorme peso politico nel governo, come già si è visto nello scambio tra l’autonomia differenziata e il «premierato».

LA TEMPERATURA polemica contro una manovra – di cui solo ora -dopo un paio di mesi – si inizia a intravvedere il profilo regressivo – è aumentata. Le opposizioni hanno abbandonato i lavori della commissione Bilancio. «Quello sul Ponte di Messina sarebbe l’ennesimo scippo ad un fondo che serve ad altro e che sta diventando la tasca di Pantalone di un governo che non sa che pesci prendere per trovare le risorse di una Manovra che non si preoccupa di trovare risorse per la sanità pubblica: siamo ai carri armati di Mussolini, ma non ci facciamo prendere in giro» ha detto Francesco Boccia (Pd). «In pratica per finanziare un’opera – su cui permangono svariati dubbi – al sud, si depaupera il sud. E si svuota completamente la dignità della politica regionale, alla faccia dell’autonomia differenziata» ha detto la senatrice Cinque Stelle Ketty Damante. «Per esaudire la folle idea di Salvini la Meloni penalizza il Mezzogiorno. Una cosa gravissima» ha sostenuto Tino Magni (Alleanza Verdi Sinistra).

L’ALTRO FRONTE CALDO nel dibattito politico è quello del «super-bonus 110%». Il ministero dell’economia ha smentito la notizia della «proroga» circolata ieri. Si pensa invece a una misura chiamata «stato di avanzamento lavori straordinario» al 31 dicembre, per scontare tutti i lavori del 2023. È l’ipotesi alla quale sta lavorando uno dei relatori al disegno di legge di Bilancio Guido Quintino Liris (Fratelli d’Italia). La maggioranza, in questo caso, cerca di salvare gli investimenti fatti dai condomini. Lo ha confermato l’altro vicepremier, ministro degli esteri, Antonio Tajani: «Secondo me è una cosa che va fatta per chi è già “al 70% dei lavori”, continueremo a parlarne, c’è anche il Milleproroghe». Sul problema ieri c’è stata una scazzottata simbolica dei Cinque Stelle con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, punta sul vivo da un’accusa di «austerità». «Questo governo – ha detto – porta avanti una politica di austerità? Non so se con questo si intende che abbiamo smesso di buttare i soldi degli italiani dalla finestra. Frodi clamorose che continuano ad emergere: solo nelle ultime settimane sono state scoperte truffe per quasi un miliardo di euro. Chissà se prima o poi si vorrà fare luce su quanto accaduto». «Con cocciutaggine e ostinazione pertinace» Meloni «parla di bonus edilizi. Ci vuole la faccia tosta, mezzo governo li ha usati, compresa lei» ha risposto Conte.

GLI EMENDAMENTI dei relatori saranno presentati a breve. Il voto di fiducia sulla manovra è scontato e arriverà non prima del 29. La data è emersa dopo un incontro tra Meloni e i capigruppo di maggioranza alla Camera. «Fate presto», espressione delle peggiori operazioni di politica economica pubblica è risuonata ieri nelle stanze di un governo e di una maggioranza confusa, Prima o poi «faranno presto» anche loro con risultati non diversi dai precedenti.