Tra Sabbio Chiese e il Bondone si esaurisce la grande bonaccia. Vince la tappa chi, tra i più attesi alla vigilia, si fa più forza e più coraggio, il portoghese Joao Almeida. La maglia rosa torna ad indossarla Thomas, il più lesto a capire che quello lusitano è il treno buono per accorciare la fatica di giornata. Schiantato sulle rampe finale Armirail, che negli ultimi giorni aveva portato in prestito il simbolo del primato. Se non ad una crisi, si è assistito alla prima défaillance di Roglic, sconfitto e staccato di mezzo minuto, un ritardo che fa più danni al morale che al cronometro. Resiste l’irlandese Dunbar, che si mette in lizza per un piazzamento inaspettato alla vigilia. Lontani tutti gli altri, ora come ora il Giro pare affare ristretto tra questi che si è rammentato.

Il maltempo offre una tregua ai corridori, solo un po’ di pioggerella li innaffia sul finale: niente a che vedere col ’56 di Mia Martini, né con quello di Charlie Gaul proprio sul Bondone. Sulle prime l’avvantaggiarsi della fuga consueta di una quindicina di corridori (su per giù sempre gli stessi) poteva far pensare all’andamento tante volte descritto in questi giorni. Ma stavolta il gruppo non permette che il vantaggio lieviti, tirato a mezzadria dai compagni di Roglic e Armirail. Tra i battistrada, sul Matassone, prova ad avvantaggiarsi l’ucraino Pronskiy. A valle la campana dei caduti a Rovereto, fusa col bronzo di cannoni di tutti gli eserciti della grande guerra, si preparava a suonare come ogni sera i suoi cento rintocchi per la pace. Come mai costruire cannoni se poi bisogna fonderli per ricordarsi dell’errore che si è fatto? Pronskiy non parla spesso col suo babbo, è al fronte nel Donbass. È però il resto dei fuggitivi a rintuzzare, fino a presentarsi all’inizio del Bondone col gruppo a poco più di tre minuti.

Tira forte la Jumbo per Roglic, poi, ai -15 dall’arrivo, tocca alla UAE fare il forcing per Almeida. Armirail in maglia rosa boccheggia, presto si stacca e naufraga inghiottito dalla boscaglia. Tra i fuggitivi gli ultimi ad arrendersi sono Haig, Zana e Verona. Quando Vine esaurisce il suo lavoro da gregario il gruppo dei migliori è già selezionato. Abituati alle scampagnate dei giorni scorsi ci si poteva quasi accontentare di questa scrematura e prepararsi a una volata tra la ristretta élite di questo Giro. Ma in quella Almeida rompe la tregua definitivamente, piazza il primo scatto e prende qualche metro di vantaggio. Thomas ci mette un po’, ma poi si accorge che la mancata risposta di Roglic non è per abitudine al quieto vivere, ma perché il motore dello sloveno è inceppato. Si forma così una coppia al comando che trova subito l’accordo. Di lì in poi l’esito scontato: tappa a Almeida, maglia a Thomas e il Giro finalmente è cominciato.