Esisterà sempre un affaire Sinner. Il fatto è che quell’affaire spesso acquista forza fuori dal rettangolo di gioco, non tiene conto del dritto e del rovescio, della rete e delle righe, dei doppi falli e degli ace, di un approccio al match guardingo o spregiudicato. Jannik Sinner è quello con la residenza nel Principato di Monaco, che non ha preso parte alle Olimpiadi e ai turni di Coppa Davis, che si è ammalato perché a Wimbledon è andato a vedere il match serale di Anna Kalinskaja.

ORA PERÒ si sale di livello. Perché illazioni e chiacchiere sul doping sono parte di una storia seria che colpiscono duramente un ventitreenne. Sinner è stato trovato positivo a un doppio controllo durante e immediatamente dopo il Master Mille di Indian Wells, il 10 e il 18 marzo. E stando alle sentenze di assoluzione, si è trattato di una contaminazione dovuta a una disattenzione del suo fisioterapista che, avendo nelle proprie mani tracce di un farmaco contenente Clostebol, ha trasmesso i vietati steroidi (per l’esattezza, 0,1 milionesimi di grammo per litro) nel corpo del suo illustre paziente. Una distrazione pagata con la restituzione dei premi e dei punti guadagnati in California. Innocente o colpevole, il giocatore è responsabile del suo team.
Sarebbe sufficiente conoscere i diritti dell’atleta (potersi appellare d’urgenza contro la sospensione) e leggere i documenti riportati da testate più serie (ad esempio «Ultimo Uomo», «Ubi Tennis» e il podcast curato da Simone Eterno e Jacopo Lo Monaco, Schiaffo al volo, che per l’occasione si è avvalso del competente contributo di Riccardo Bisti), per comprendere che al momento un vero e proprio caso su cui fantasticare non sussiste.

SI POTREBBE riflettere, invece, sulla caducità dell’esistenza. Sulla portata di un «piccolo» errore che poteva avere enormi conseguenze – e a oggi non sappiamo ancora quali azioni intraprenderà la Wada (World Anti-Doping Agency). Sinner è stato indubbiamente fortunato nel poter dimostrare la propria innocenza e nel possedere il denaro per difendersi. E questo sarebbe un punto importante da dibattere per proteggere gli altri, più che per accusare il bersaglio grosso.
Nel mondo della condivisione social, a essere imprevedibili sono il futuro, il presente e il passato. Tutto può essere riscritto e reinterpretato, tutto perciò è possibile, perché la scienza e i pareri degli esperti sono intesi come parte di un complotto. E quindi, d’incanto, è credibile che quella dose così leggera da non possedere alcun effetto dopante abbia, in realtà, trasformato miracolosamente un buon giocatore nel numero uno del mondo. Lo dichiarano nei loro commenti persino alcuni colleghi di Sinner che, a dire il vero, non hanno ora molto da esprimere sul campo e, dunque, senza apparente fatica, possono esercitarsi alla tastiera.

QUEST’ANNO è uscito in sala Civil War di Alex Garland, ambientato in un futuro non molto lontano, racconta di una guerra civile negli Stati Uniti. La possiamo seguire attraverso quattro personaggi, due giornalisti e due fotoreporter. Delle fazioni contrapposte, delle loro motivazioni, del perché commettano azioni così atroci, non sappiamo granché. La predominanza dello sguardo dei protagonisti è totale. Quello che il film mostra, al di là di indicibili violenze, sono le intenzioni di quattro testimoni che nel riportare e fotografare gli eventi, li oscurano con il proprio gesto.

Forse è questa la grande intuizione del film. Il fatto in sé non è più meritevole di attenzione. Un po’ come se oggi, leggendo l’Iliade, non facessimo altro che discutere intorno a Omero, dimenticandoci dei gesti di Ettore e Achille. Sinner non è un eroe epico, è un atleta che interpreta il tennis contemporaneo in modo eccelso. E questo dovrebbe essere sufficiente nella pratica e nella narrazione di un gioco.
Nel frattempo, a proposito del gioco, è uscito il tabellone di Flushing Meadows, teatro dell’ultimo Slam dell’anno. Un sorteggio che ripropone sfidanti come Medvedev (eventualmente ai quarti) e Alcaraz (in semifinale). Davanti al turbolento pubblico di New York, però, potrebbero apparire avversari più insidiosi.