Da Seregno a Bergamo si correva lungo le strade di Gimondi, in un percorso che gli organizzatori avevano apparecchiato per fare il verso al Giro di Lombardia e invitare i big a darsi battaglia come in una classica. I big continuano però a guardarsi, e l’esito è scontato: si avvantaggia una fuga-fiume di buon mattino che via via viene scremata fino a decretare il vincitore di giornata. Verrebbe voglia di scaricare Chat GP3 e far fare a lei tutto il lavoro, mentre ci s’ingozza di casoncelli e polenta con gli osei.

Per fortuna che in fuga c’è gente dalle gambe buone, e ci pensano gli evasi a darsi battaglia, per una volta sotto un bel sole. Sull’ultima salita, il passo della Roncola, i sedici evasi sono selezionati dagli scatti di Frigo e McNulty, cui il solo Healy riesce ingobbendosi a tenere testa. In salita l’irlandese è il più forte, appena rientrato allunga e stavolta è McNulty a rispondere, mentre Frigo arranca e finisce per staccarsi. Il copione si ripete salendo verso Bergamo alta, anche stavolta Frigo si stacca per poi rientrare in vista del traguardo. L’italiano prova a tirare dritto, gli altri due gli sono addosso non senza qualche affanno, ma finalmente la volata premia McNulty che trionfa sul traguardo a braccia alzate.

Più indietro, nel gruppo dei presunti migliori, una parodia di scatto di Almeida a favore di telecamera non rompe il tran tran quotidiano. Quindici tappe e mezzo attacco di Roglic a Fossombrone: questo il bilancio in vista del secondo giorno di riposo.

C’è tutto il tempo, mentre il gruppo traccheggia, di parlare con Giacomo Pellizzari, che ha da poco scritto una piccola e preziosa biografia in bicicletta di Gimondi, Itinerario Felice. Biografia in bicicletta non così per dire, ma perché scritta pedalando sulle strade dove Felice si allenava: il valico di Valcava, il Selvino (un Pordoi in miniatura), l’orrido della Val Taleggio, la rotonda di San Tomè ad Almenno. Aver pedalato sulle stesse strade fa parlare a Giacomo di Gimondi come di un vecchio amico. Si capisce tutto della rivalità con Merckx: ”essersi trovati da avversari li ha resi più forti. Merckx non sarebbe stato Merckx se non avesse dovuto sconfiggere Gimondi”. E il suo modo di correre? “Colpisce la bellezza, la sua figura elegante in maglia Salvarani. Univa la classe di Coppi, campione impeccabile ma fragile, alla forza di Bartali, eroe sgraziato ma dalla forza sovrumana. Tanto è vero che, se Moser è il ciclista italiano con più vittorie, per la varietà delle vittorie Gimondi non ha avuto rivali”. Per tutti noi che amiamo i timidi, gli ombrosi, i taciturni, viene spontaneo il paragone con l’altro eroe contemporaneo di Gimondi, Gigi Riva. “Non a caso, conclude Giacomo, a Riva e Gimondi Brera dedicò i più bei soprannomi, Rombo di Tuono e Nuvola Rosa. L’ultimo indiano a resistere agli attacchi della cavalleria al Giro del ’76”.