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«Sugli adolescenti transgender posizioni ideologiche»

«Sugli adolescenti  transgender  posizioni ideologiche»

Dodici società scientifiche difendono le strutture che somministrano la terapia contro la disforia di genere

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 1 febbraio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia aveva sollevato il polverone alla vigilia di Natale con un’interrogazione parlamentare, in cui aveva chiesto (e ottenuto) un’ispezione del ministero della salute all’ospedale «Careggi» di Firenze. È una delle strutture in cui viene somministrata la terapia che blocca la pubertà negli adolescenti affetti da «disforia di genere», cioè il disallineamento tra identità di genere e sesso assegnato alla nascita. Secondo Gasparri, la triptorelina – il farmaco che riduce la produzione di testosterone – verrebbe prescritto dopo valutazioni «particolarmente superficiali» a «bambini di undici anni senza alcuna assistenza psicoterapeutica e psichiatrica». Di qui la richiesta di non dispensare più il farmaco a carico del servizio sanitario nazionale e di chiedere al Comitato Nazionale di Bioetica di esaminare il caso. In effetti, secondo le indiscrezioni raccolte dall’agenzia Ansa ma ancora da confermare, le ispezioni ministeriali del 24 e del 25 gennaio avrebbero individuato casi di trattamenti ormonali avviati senza la preliminare psicoterapia prevista dal protocollo.

Il dibattito intorno alla terapia aveva messo in allarme le famiglie degli adolescenti in cura. Temendo di perdere l’accesso alle terapie per i propri figli, a maggior ragione dopo le indiscrezioni emerse ieri, anche loro avevano scritto un opposto appello al ministro, senza peraltro ottenere risposta. Prima delle rivelazioni dell’Ansa, alle accuse del senatore ieri aveva risposto una lettera aperta firmata da dodici società scientifiche che riuniscono le varie specialità di medici – pediatri, endocrinologi, neuropsichiatri, andrologi e medici della sessualità – coinvolti dalla questione. ‎

«La triptorelina, un bloccante transitorio e reversibile della pubertà, è un farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse (che non hanno iniziato la transizione, ndr)» si legge nella lettera. Viene somministrato solo dopo una valutazione che coinvolge un’équipe di professionisti e il suo scopo è «dare tempo ai giovani sofferenti e alle famiglie di fare scelte ponderate e mature, impedendo stigma sociale, autolesionismi e suicidi». Purtroppo, spiegano i medici, «a molti sfugge la natura assolutamente transitoria e largamente reversibile del trattamento».

COME OGNI FARMACO comporta degli effetti collaterali ma vi si ricorre anche per ridurre rischi peggiori. «A causa dello stigma sociale e istituzionale e del disagio fisico – si legge nella lettera – le persone adolescenti transgender e gender diverse sono una popolazione più vulnerabile dal punto di vista psicologico, con un rischio più elevato, scientificamente ben documentato, di sviluppare ansia, depressione, abbandono scolastico, isolamento sociale, mancata relazione tra pari, sino ad arrivare ad atti di autolesionismo e suicidio». Con queste ragioni, sin dal 1998 l’Associazione mondiale per la salute delle persone transgender ha inserito la triptorelina nelle sue linee guida, adottate anche dalla Endocrine Society e dalle società scientifiche italiane firmatarie della lettera. Il Comitato Nazionale di Bioetica invocato da Gasparri ha già esaminato il caso nel 2018 dando un parere favorevole. Il parere è stato recepito l’anno dopo nel protocollo di somministrazione deciso dall’Agenzia Italiana del Farmaco, che prevede il coinvolgimento della famiglia del giovane come «parte attiva del processo decisionale relativamente alla terapia», oltre a quello degli specialisti.

I MEDICI auspicano ora che sul tema si avvii un dibattito basato sulle evidenze scientifiche, come quelle che citano a sostegno del trattamento ormonale. Ad esempio, un’indagine statistica realizzata negli Usa dal Centro nazionale per la parità dei diritti delle persone transgender del 2015 sulla salute della popolazione trans, in cui il 40% dei 27 mila partecipanti affermò di aver tentato il suicidio. È una percentuale nove volte superiore a quella della popolazione generale. Un altro studio pubblicato nel 2020 sulla rivista scientifica Pediatrics dai ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston (Usa) ha dimostrato che l’uso dei farmaci che bloccano la pubertà provoca una riduzione del rischio di suicidio compresa tra il 40 e l’80%. Al contrario, concludono i professionisti, «pregiudizi e posizioni ideologiche potrebbero mettere a rischio la salute delle persone adolescenti transgender e gender diverse, e rendere ancora più difficile il loro percorso di affermazione di genere aumentando per loro le già presenti difficoltà di accesso ai servizi sanitari».

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