Europa

Spagna, un’ex ministra a capo della procura generale

Spagna, un’ex ministra a capo della procura generaleDue vicepresidenti del governo Sánchez: il leader di Podemos Pablo Iglesias e Carmen Calvo (Psoe), alle spalle i nuovi ministri – LaPresse

Sánchez bis Polemiche, nel giorno del giuramento del nuovo esecutivo, per la proposta del governo. La nomina di Dolores Delgado segnerebbe una discontinuità nella questione catalana

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 14 gennaio 2020

Ieri a Madrid è stato un giorno di eventi importanti, con annesse prime polemiche. La mattina è avvenuto, presso il palazzo della Zarzuela, il giuramento del governo Sánchez bis. I 22 membri del nuovo esecutivo, 10 ministri e 8 ministre ben 4 vicepresidenti (3 donne e un uomo, un record), hanno giurato davanti al Re di Spagna Felipe VI.

UN GIORNO STORICO per il paese, perché è la prima volta dalla Seconda Repubblica che nasce un governo di coalizione. Particolarmente significativo, per chi ha seguito le vicende spagnole degli ultimi anni, il giuramento come vicepresidente del leader di Podemos Pablo Iglesias, il 41enne che partecipò da giovanissimo alle manifestazioni del luglio 2001 a Genova, durante il G8, e che si laureò con una tesi sul movimento italiano dei Disobbedienti, per poi diventare leader del partito nato sull’onda delle proteste del movimento 15M, quello degli indignados.

Ugualmente significativo anche il giuramento di Alberto Garzòn, il leader trentaquattrenne di Iu (Sinistra Unita), federazione di partiti nata nel 1986 di cui fa parte anche lo storico Pce, il Partito Comunista di Spagna. È anche la prima volta dalla fine della dittatura che entrano nel governo due ministri comunisti: oltre a Garzòn, la galiziana Yolanda Díaz al Lavoro.

È STATO ANCHE UN GIORNO di polemiche per la decisione del presidente del governo, Pedro Sánchez, di proporre come nuovo capo della Procura generale dello Stato la ex ministra di Giustizia, la magistrata Dolores Delgado. Una figura, quella del procuratore generale (fiscal general), diversa per struttura e competenze da quella italiana. La Procura generale, che controlla l’attività dei pubblici ministeri in modo gerarchico, gode di indipendenza dal potere esecutivo; tuttavia, il procuratore viene proposto al Re dal presidente del governo. In generale, essendo un incarico molto sensibile, c’è sempre molta cautela sui nomi proposti. Sánchez ha proposto però Dolores Delgado, attiva fino a pochi giorni fa come ministra di Giustizia nel precedente governo (è stata lei a seguire l’esumazione di Franco dalla Valle de los Caìdos, lo scorso 24 ottobre 2019).

Era successo solo una volta che un ministro passasse direttamente al ruolo di procuratore: era il 1986 e governava Felipe González. La Spagna era completamente diversa da quella di oggi, con una magistratura ancora pesantemente vincolata al regime franchista da poco terminato. Critiche pesanti arrivano dal Partido Popular secondo cui è stata attaccata direttamente la separazione dei poteri dello Stato, mentre la Asociación de Fiscales, associazione di magistrati con una componente prevalentemente conservatrice, ha disapprovato la decisione parlando di tentativo di “sottomettere” la Procura.

ANCORA UNA VOLTA, dietro una importante decisione come questa c’è sullo sfondo la difficile questione della Catalogna e dei politici indipendentisti in carcere. La precedente procuratrice dello Stato, María José Segarra, ha appoggiato in passato le posizioni molto dure dei pubblici ministeri spagnoli contro i leader catalani, per i fatti dell’autunno 2017. Posizioni, quelle della magistratura spagnola, oggi al centro di un caso internazionale dopo le sentenze della giustizia europea che vogliono la scarcerazione dei leader catalani eletti nell’Europarlamento.

Delgado a capo della Procura potrebbe portare un segnale di discontinuità in questo senso. Non bisogna dimenticare che Esquerra Republicana, il partito catalano di Oriol Junqueras (il leader indipendentista in carcere che la giustizia europea vuole sia scarcerato), ha permesso a Sànchez di formare un nuovo governo astenendosi nella votazione del 7 gennaio scorso. Molte decisioni dei prossimi mesi saranno legate all’accordo fra socialisti ed Erc, senza il quale il Sànchez bis non sarebbe mai nato.

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