Il governo di coalizione e di sinistra spagnolo ha deciso qualche giorno fa di dedicare 5000 KM2 dei suoi mari per installarvi turbine eoliche galleggianti, aspirando così a diventare il principale referente europeo di questa tecnologia e dell’energia elettrica che essa produce. Diversa è l’aspirazione del governo dichiaratamente di destra italiano che invece sogna trasformare il paese in un grande deposito di gas per poi distribuirlo in tutta l’Europa e per questo ha deciso che i mari che lo circondano saranno ulteriormente trivellati per estrarre i pochi metri cubi di gas che ancora contengono, attraversati dai tubi dei nuovi lunghi gasdotti che si intende costruire e per completare l’opera percorsi da navi cariche di gas congelato per rifornire quelle gigantesche, ormeggiate nei porti di Piombino e Ravenna che servono per rigassifigare.

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Due governi e due diversi immaginari decisamente contrapposti che sollecitano un interrogativo: quale dei due governi ha preso la decisione migliore? In altre parole quale dei due progetti garantisce meglio un futuro gradevole di lavoro, diritti e giustizia climatica ai propri popoli? Da questo punto di vista la risposta dovrebbe esse scontata e l’Europa dovrebbe considerare anticaglia pericolosa le decisioni Italiane premiando le scelte spagnole (e quelle portoghesi, perché Lisbona sta facendo le stesse cose) e penalizzando quelle italiane per la loro estraneità alla transizione ecologica. Soprattutto sarebbe utile mettere a confronto le due diverse prospettive delineate coinvolgendo la popolazione europea che di transizione ecologica ed energetica sa poco, bombardata com’è dai tanti messaggi eco furbi delle imprese energetiche impegnate a dare continuità alle fonti fossili, come ad esempio fa “Plenitude” dell’Eni.

Ma a guardare bene la scommessa spagnola e quella portoghese sembrano predicare nel deserto, quello in cui si è arenato il progetto europeo della transizione ecologica. Sono tanti e ripetuti i segnali che inducono questo pessimismo. La scelta di qualche giorno fa di rinviare a data da destinarsi la messa al bando nel 2035 le auto a combustione è indicativa in questo senso. Si sapeva che l’Italia per le stesse ragioni per cui aspira a essere l’Hub europeo del gas puntava a questo risultato e che attorno a sè avrebbe radunato i paesi più arretrati della Ue sul piano tecnologico e dell’innovazione, come è quello dei Paesi ex sovietici.

Ma è una totale sorpresa che a questo schieramento arretrato e conservatore si unisse la Germania, al cui governo ci sono i Verdi, oltre che l’Spd. Il segnale suona come il definitivo arenamento della scommessa Europea sul progetto NextGenerationUe. La stessa operazione il governo Meloni proverà a ripeterla quando la Commissione Europea tenterà di far approvare la direttiva sulla riqualificazione energetica del patrimonio abitativo, che chiede agli stati membri di portarlo almeno nella modestissima classe E.

Ed invece ci si guarderà bene di aprire questo confronto fra le diverse interpretazioni della transizione ecologica, facendo in modo che ogni stato la interpreti come vuole. Ognuno per conto suo col bel risultato di rischiare di fallire gli obiettivi climatici sia al 2030 che al 2050. Un altro pessimo segnale che il sogno europeo sta andando in pezzi, ormai travolto da una guerra che alimenta i peggiori nazionalismi.