«Negli ultimi tempi abbiamo osservato passi concreti e sinceri dalla Finlandia. A seguito della sensibilità della Finlandia nei confronti delle nostre legittime preoccupazioni in materia di sicurezza, abbiamo deciso di avviare il processo di approvazione della sua adesione».

Con queste parole venerdì 17 marzo il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato, in una conferenza stampa congiunta con il presidente della Repubblica finlandese Sauli Niinistö, la calendarizzazione a fine marzo del voto parlamentare per dare il via libera di Ankara all’adesione del paese nordico alla Nato.

POCHE ORE DOPO anche l’Ungheria, per bocca del premier Orbán, ha annunciato che i suoi deputati voteranno il prossimo lunedì la ratifica dell’adesione della solo Finlandia, la cui richiesta risulterà così approvata da tutti i paesi della Nato.

L’iter di adesione di Finlandia e Svezia era cominciato lo scorso aprile con una debolissima opposizione nei due paesi nordici e richieste ben precise da uno dei 30 stati che compongono l’Alleanza atlantica: la Turchia.

Durante il vertice Nato di Madrid dello scorso giugno Erdogan aveva fatto sottoscrivere a Finlandia e Svezia un documento nel quale i due paesi si impegnavano a combattere «il terrorismo contro la Turchia» e a togliere il divieto di vendita di armi ad Ankara.

La traduzione: l’estrazione di cittadini turchi e curdi appartenenti a organizzazioni contrarie al regime che, negli anni, avevano trovato asilo politico in Svezia.

SE LA FINLANDIA a dicembre aveva tolto, di fatto, il divieto alla vendita di armi al regime di Erdogan la richiesta più pressante era rivolta verso la lista di presunti «terroristi» che Ankara aveva fornito a Stoccolma e che, solo in minima parte, era stata accolta con un paio di estradizioni di militanti curdi in Turchia.

A bloccare l’iter si sono aggiunte, negli ultimi mesi, diverse mobilitazioni della sinistra svedese contro l’adesione alla Nato oltre alla manifestazione all’estremista islamofobo, Rasmus Paludan, che a fine gennaio aveva bruciato una copia del Corano davanti all’ambasciata turca a Stoccolma.

In Finlandia la notizia della decisione del voto favore di Ankara è stata accolta molto positivamente dopo che, il mese scorso, l’Eduskunta (il parlamento finlandese) aveva ratificato, con 184 sì e 7 no (la minoranza di Vasemmistoliitto, l’alleanza di sinistra), la richiesta ufficiale.

Il prossimo 2 aprile si terranno le elezioni politiche in Finlandia e tutti gli attuali gruppi presenti in parlamento sono favorevoli all’adesione e difficilmente il semaforo verde di Turchia e Ungheria cambierà le intenzioni di voto che, secondo il sondaggi, vedono socialdemocratici e conservatori entrambi al 20%.

IN SVEZIA, invece, la notizia è stata accolta con «delusione». Il ministro degli esteri, il conservatore Tobias Billstrom, ha prontamente dichiarato che «la Svezia sta rispettando i termini dell’accordo di Madrid» e sulla lista dei 120 curdi da consegnare ad Ankara ha aggiunto che «nel nostro paese i politici non decidono in merito alle estradizioni, lo fanno i tribunali indipendenti».

Una motivazione che continua a non convincere la Turchia anche dopo la decisione del parlamento svedese mercoledì scorso che, per la prima volta con un voto dell’aula, ha ratificato la richiesta di adesione all’Alleanza atlantica. Dopo la svolta pro-Nato dei socialdemocratici i favorevoli sono stati 269 mentre contro hanno votato i soli deputati del Partito della sinistra e dei verdi.